Il destino geografico del Fronte dell’Est visto da Salvatore Santangelo

Lo storico-saggista esamina accuratamente e in maniera del tutto completa ed originale il “groviglio internazionale” susseguito (e che in parte ne è anche causa) al conflitto russo – ucraino

“Fronte dell’Est” di Salvatore Santangelo per Castelvecchi

«Gli uomini politici d’Europa sono senza dubbio riusciti a eccitarsi l’un l’altro in una precaria disposizione d’animo, e in una tale sovraccarica atmosfera sarebbe folle ignorare il pericolo di un’improvvisa tempesta che può abbattersi sull’Europa. Allo stesso tempo, gli allarmi e gli effetti della mal-interpretata Conferenza di Genova sono stati indebitamente accresciuti, e in taluni casi malamente distorti dagli sforzi combinati di 800 giornalisti».

Sono parole ed espressioni che potrebbero tranquillamente adattarsi a descrivere la situazione di estrema complessità ed inestricabilità che caratterizza le vicende legate alla guerra russo-ucraina. In realtà è il giudizio espresso dal “The Economist” sui rapporti tra gli Alleati e la Germania di Weimar in un editoriale del 13 maggio 1922 a conclusione della Conferenza di Genova e titolato International Entanglements (Grovigli internazionali).

Salvatore Santangelo, storico contemporaneo ed analista geopolitico, esamina accuratamente e in maniera del tutto completa ed originale il “groviglio internazionale” susseguito (e che in parte ne è anche causa) al conflitto russo – ucraino nel suo saggio “Fronte dell’Est. Passato e presente di un destino geografico” (Castelvecchi 2022). Del resto Santangelo non esita a proporre nel suo saggio un parallelismo alquanto pertinente tra la Germania di Weimar e quella che egli definisce la “Russia di Weimar”.

Lo storico abruzzese parte da un nodo storico e geopolitico novecentesco mai risolto e che egli definisce «Gerussia»riprendendolo dal titolo di un suo precedente saggio. S’impegna aricostruire il mosaico complicato, “aggrovigliato” e notevolmente intricato dell’attuale assetto europeo, in pendenza anche dei rapporti con la cosiddetta “anglosfera” (Usa e Gran Bretagna) e con la Russia putiniana, avendo da tener presente inoltre l’inedita irruzione in questo quadrante della crescente potenza cinese.

La guerra russo – ucraina avrebbe prodotto sulla tendenza al raccordo geopolitico che, a mo’ di abbrivio, sembra spingere la Germania in direzione della Russia sin dalla conclusione del primo conflitto mondiale, la forzatura al contrario di questa dinamica attrattiva anche in virtù dell’opposizione degli Stati Uniti i quali avrebbero avuto buon gioco ad approfittare della contrarietà netta a questa saldatura, che rischierebbe di schiacciarli e soffocarli in una morsa ben stretta e stritolante, di quasi tutti gli ex stati satelliti dell’Unione Sovietica.

Per indicare le difficoltà di negoziazione e di soluzione immediata e pacifica del conflitto tra Russia ed Ucraina viene utilizzata, recuperandola da un tazebao affisso al Trinity College, la metafora dello specchio: «Uno specchio davanti a un altro specchio/Nulla è riflesso.»

Il saggio di Santangelo, però, non si ferma solo al puro dato descrittivo per quanto preciso, nitido e talvolta anche evocativo esso possa essere presentato. Il suo sforzo è quello di prendere in esame realisticamente le varie opzioni che si presentano sul tavolo per poter mettere fine all’attuale conflitto tra le due nazioni slave e di conseguenza ridisegnare un nuovo equilibrio europeo sul quale poi fondare un nuovo assetto globale.

Egli inoltre assume anche la responsabilità coraggiosa di indicarne l’esito più probabile pur avvertendoci che probabilmente non è lasoluzione più soddisfacente e desiderabile: «Quindi ‒ tra i quattro scenari che anticipavo ‒ sembra purtroppo che stia prendendo forma una variante del terzo. Pur con il collasso economico, anche parziali successi militari possono puntellare la leadership di Putin: la parte orientale russofona viene inglobata definitivamente nella sfera di influenza di Mosca e una nuova “Cortina di ferro” scende sull’Europa e sul mondo.»

Se è l’Europa l’area geopolitica che maggiormente sconta le conseguenze e gli effetti negativi di questo conflitto (ricordiamolo: il primo dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale), è, secondo Santangelo, proprio dall’Europa che potrebbe venire una soluzione reale e non temporanea come qualsiasi “rattoppo” diplomatico di breve prospettiva e durata.

«Riprendendo le intuizioni di Carlo Pelanda, pur riconoscendo i limiti dell’attuale processo di integrazione europea, vista la crisi strutturale degli USA dopo la stagione interventista e la fine del momento unipolare, dobbiamo scommettere su “un’Europa che diventi estroversa, nel prossimo futuro, e grazie a questo possa dare l’impulso o, perfino la scintilla di accensione che ora manca alla costruzione” di questa nuova architettura globale.»

Un’Europa così intesa potrebbe rappresentare, rispetto ai guasti della “turboglobalizzazione”, un punto di riferimento utile a ricreare condizioni di consenso interno negli assetti sociali delle nazioni occidentali ed europee. Santangelo si riferisce direttamente alla possibilità della politica di ricomporre e riportare a proficua sintesi i diversi interessi delle varie classi sociali e dei vari gruppi di potere: «La democrazia sostanziale, in campo interno come in campo internazionale, è possibile se gli accaparramenti di quote di benessere degli Stati e della classi sociali più forti sono moderati dalla politica e ricomposti in misura più equa tra tutte le parti.»

Più sostanzialmente si afferma la tesi secondo cui se la visione roosveltiana consentì la vittoria e la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, non sarebbe peregrina l’idea che una formula del genere possa portare anche al superamento del drammatico impasse che Europa e Mondo stanno oggi sperimentando.

Recuperando la posizione di Ernst Junger espressa in La Pace(Guanda 1993), secondo il saggista abruzzese, pensare di risolvere i problemi mettendo mano solo alle regole e alle norme è come credere di far guarire “un corpo durante la crisi” senza curare “l’insieme; non solo l’organo malato”. La speranza non è nel raggiungimento di equilibri normati e regolamentati tra potenze, bensì nella persona, nell’uomo differenziato. È qui che «si rivela la possibilità di fondare un’Europa che sia frutto del “matrimonio dei suoi popoli”, indirizzata alla libertà superiore mediante un “atto spirituale” […] La pace imposta con il diritto, la coercizione, le minacce è soltanto esteriore. La pace autentica è un esercizio “interno”, più coraggioso di quello della guerra, e può essere “conseguita” solo se sapremo affrancarci dall’odio e dalla sue scissioni. Il singolo è simile alla luce che, divampando, costringe le tenebre ad arretrare.»

Ogni “atto spirituale” però, per addivenire al massimo di efficacia, abbisogna di un culto. L’Europa, nel rinunciare alle sue radici culturali ed identitarie comuni, ha di fatto rinunciato all’esercizio di questo culto. Sarebbe l’ora, come sostiene Romano Guardini in Europa. Compito e destino, di tentare il recupero di queste radici e del “culto” che vi è sotteso.

Leonardo Giordano

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