“Sotto la cupola del vero” sulla strada della Tradizione

L'editore Solfanelli pubblica il nuovo saggio di Giovanni Balducci che riflette su autori come Evola e Guenon

In libreria Sotto la cupola del vero. Breviario della Tradizione, il nuovo saggio del giovane intellettuale Giovanni Balducci, al quale abbiamo rivolto alcune domande in merito.

 

Come nasce il libro? Da quali premesse?
«Sotto la cupola del vero nasce dalla necessità da me avvertita sin dalla più giovane età di ricercare una realtà più profonda rispetto all’angusto recinto di proposte (quando non spesso imposizioni) della “società dei consumi”, che pur non rifuggendo in toto, almeno in senso pratico (piuttosto “cavalcando la tigre” direi con Evola!) – non sono così ricco da comprare un feudo e andarci a vivere con uno stuolo di monaci, cavalieri e contadini nonché di affascinanti dame popolane sacerdotesse gheishe e yogini… – , ho sempre ritrovato arida e povera di veri contenuti, dunque necessitante integrazioni da parte di altri tipi di società, come appunto quelle “tradizionali” di cui parlo nel mio saggio, fondate su presupposti piuttosto differenti».

 

Quali autori hanno ispirato la stesura dell’opera?
«Fra i molti, due su tutti, Julius Evola e René Guénon, i grandi interpreti della Tradizione a noi cronologicamente più vicini, autori che leggo e il cui pensiero vado approfondendo da un quindicennio, assieme – è chiaro –  ai grandi maestri dell’antichità: da Platone, vero e proprio “ponte” tra il pensiero arcaico e quello filosofico, a Meister Eckhart, quel grande monaco di Renania che asseriva in pieno Medioevo: “Se Io non ci fossi neanche Dio sarebbe” e che fu, assieme a Böhme, il maestro piu o meno occulto dell’Idealismo tedesco; da Plotino, il filosofo dell’Uno, aniconico a tal punto da rifiutare ritratti: immagino cosa avrebbe pensato del selfie…, a Cicerone, grande studioso della tradizione e indagatore della natura degli Dèi; da Giamblico, somma figura di filosofo e teurgo, che ispirò il grande filosofo cristiano Dionigi Aeropagita, il quale descrisse le gerarchie degli angeli come una sorta di cognitivista divino, fornendo sostanziosa materia al Sommo Poeta Dante per il suo Paradiso, ad Agostino, quella sorta di cristiano Apuleio e come quest’ultimo stimabile per il suo “moderno” (nell’accezione più profonda del termine) intimismo. Cui si aggiungono gli orientali Shankaracharya, fondatore della scuola dell‘Advaita Vedānta,  il legista Confucio, imprescindibile per chi voglia comprendere qualcosa della Cina, anche contemporanea, Lao Tze, che insegnò al mondo l’arte dell’ “agire senza agire” (wei-wu-wei),  ossia della pura gioia dell’azione senza attaccamento ai “frutti” che essa produrrà, al principe Siddhartha, immensa, cosmica figura di maestro spirituale, Ibn ‘Arabi, che potrebbe insegnare il vero Islām a qualcuno un po’ troppo nervoso, come potrebbe farlo lo stesso Omar Kahyyam, ad un verso delle cui immortali Quartine mi sono liberamente ispirato per il titolo del saggio…».

 

Quale contributo “Sotto la cupola del vero” apporta al già ben nutrito ambito degli studi tradizionali?
«Sotto la cupola del vero vuole innanzitutto essere una sorta di compendio ragionato del pensiero di Tradizione, appunto una sorta di “breviario della Tradizione”, da leggere per trovare spunti in dottrine, dati, racconti, esempi ispirati da un’antica (ma sempre “attuale”) Sapienza, la cosiddetta Sophia Perennis (com’ebbero a chiamarla, fra gli altri, Agostino Steuco e Leibniz, e in età molto più recente Aldous Huxley), che aiutino a trovare quel tanto agognato “centro di gravità permanente” in un’epoca assolutamente confusa e mutevole come la presente».

 

Che s’intende per “tradizione” con la t maiuscola?
«René Guénon ebbe a scrivere un saggio, intitolato la Tradizione e le tradizioni, in cui illustrava come al di là dei contesti di spazio e di tempo in cui religioni, filosofie di un certo tipo, riti e cerimonie –  tutte tradizioni con la “t” minuscola (il che non comporta alcuna connotazione negativa, indicando solo la loro “subordinazione” alla Tradizione, appunto) – sono venuti ad affermarsi nella realtà storica, ad essi soggiacesse qualcosa di più profondo e universale, avente il potere di ispirarli ma anche di trascenderli, un sapere eterno capace però di darsi agli uomini di èra in èra. Il portato di questo sapere è propriamente ciò che suole chiamarsi “Tradizione”».

 

Nel capitolo intitolato “Geometria sacra e lo stato dell’arte” si cita un’opera fondamentale per gli studi sul cosiddetto kitsch quale “Learning from Las Vegas”; qual è la sua opinione sull’architettura contemporanea?
«Un altro grande studioso del pensiero tradizionale, Ananda K. Coomaraswamy, esperto d’arte indiana, disse che nelle società tradizionali «l’arte era religione e la religione era arte, non erano semplicemente in relazione, ma erano un’unità». Gli stessi esempi architettonici lasciatici da questi tipi di società rappresentano qualcosa di emblematico in tal senso. Si pensi ad uno stūpa buddhista, alla qubbah islamica, alle stesse capanne degli Indiani d’America, e in Europa, agli edifici a cupola della nostra antichità e della cristianità, spesso a base quadrata, stanti a rappresentare l’unione tra il Cielo e la Terra, o più precisamente il passaggio dall’Unità principiale (si pensi al Pantheon di Roma, la cui cupola presenta al suo apice un’apertura circolare detta “oculo”, simbolo del mondo extracosmico, riproponendo in architettura le idee esposte da Plotino) al quaternario della manifestazione elementare, per fare un esempio… Ma simili concezioni sono ormai irrimediabilmente assenti dal background sia dei moderni chierici sia dei moderni architetti, a causa di quel “livellamento verso il basso” ben visibile in molti domini della vita sociale, fra la classe politica, le gerarchie religiose, il mondo delle professioni. Ecco così il pullulare, soprattutto nelle aree periferiche e nei paesi di recente costituzione, di chiese a metà tra un cinema multisala e una centrale nucleare… Ecco le cosiddette archistar opporre la loro “creatività” e il loro gusto, per altro spesso anche esteticamente discutibili, ai canoni facenti riferimento alla scienza sacra… In Learning from Las Vegas, celebre saggio che risale agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, e incentrato sull’urbanistica della città americana, si pone in evidenza proprio come l’architettura di molte città della società contemporanea non di rado rappresenti un caotico agglomerato privo di senso, dove segni storici totalmente decontestualizzati rispetto al loro sistema di riferimento sono commisti in un unico guazzabuglio urbanistico privo di alcun ordine e significato… Se in età risalenti per risanare i “pazzi”, fra gli altri rimedi, si consigliava di  portarli a guardare le rasserenanti geometrie dei rosoni delle cattedrali, ecco per converso spiegata gran parte della follia contemporanea…».

 

*Sotto la cupola del vero. Breviario della Tradizione, di Giovanni Balducci (Solfanelli. – 2023: pagg. 336 – euro 22,00)

@barbadilloit

Gigi Riva

Gigi Riva su Barbadillo.it

Exit mobile version