“Vaincre ou Mourir”, il successo del film sul genocidio in Vandea

La pellicola di Paul Mignot e Vincent Mottez - un caso in Francia - sintetizza in un'ora e mezza l’arco di tempo che va dal 1793 al 1796, anni di scannamenti e annegamenti (nella Loira)

Vaincre-ou-Mourir, il film sulla Vandea

Hugo Becker interpreta François-Athanase Charette de La Contrie

“Dio e il Re” è scritto sulle bianche bandiere gigliate degli insorti monarchici della Francia nordoccidentale. Sotto di esse dalla primavera del 1793 si aggregano e combattono – più coi forconi che coi fucili – uomini e donne della Vandea, della Bretagna, della Normandia, di Mayenne, della Sarthe, del Maine e Loira e della Loira Atlantica. In questi dipartimenti la rivoluzione del luglio 1789 è stata tollerata, ma non le sue conseguenze. 

Nel 1793 prima il re Luigi XVI, poi la regina Maria Antonietta vengono decapitati. I regni del continente sono ormai in guerra con la République, che ricorre alla coscrizione obbligatoria, una novità per i tempi. Molti, nelle regioni del nord ovest, discordano. Perché andare oltre frontiera a combattere per la nation, che rinnega la tradition? 

Meglio morire nella propria terra per ciò in cui si crede da millenni. Così il dissenso si muta in rivolta, generando repressione. Sangue chiama sangue, fino alla guerra di popolo (lo stesso accadrà quando le truppe della Francia repubblicana arriveranno in Italia).

Vaincre ou Mourir (“Vincere o morire”) di Paul Mignot e Vincent Mottez sintetizza in un’ora e mezza l’arco di tempo che va dal 1793 al 1796, anni di scannamenti e annegamenti (nella Loira). Lo fa senza odio, senza piagnistei, ma anche senza esitazioni opportunistiche. Il film è uscito in Francia nei giorni scorsi con un successo nutrito anche da polemiche di stampa politiche, non estetiche. Infatti potrebbe essere questo non solo un film isolato, ma il primo film di una serie su un’identità rimossa a lungo, sradicata mai. 

A produrre Vaincre ou Mourir è Puy du Fou, azienda turistica vandeana fondata dall’ex ministro francese e parlamentare europeo Philippe de Villiers e da suo figlio Nicolas. Ciò è avvenuto in società con Studio Canal di Vincent Bolloré: i tre milioni e mezzo di euro – pochi per un film di questo respiro – dell’investimento hanno già preso la via del ritorno; quando il film sarà venduto all’estero, passerà in tv e apparirà in dvd, sarà diventata un buon affare. Tali sono già stati i villaggi storici tematici di Puy du Fou in Vandea, poi in Castiglia e infine a Shanghai.

La recente levata di scudi di Libération, Le Monde e infine del Corriere della sera contro Vaincre ou Mourir si spiega anche con la incipiente svolta a destra in Europa, che ne sta cambiando le maggioranze politiche.

Lo “scandalo” di questi giorni attorno a Vaincre ou Mourir deriva dal suo essere indice di un declino repubblicano, come Le nozze di Figaro di Beaumarchais (1784) fu indice del declino monarchico. Eppure Mignot e Mottez non rincorrono il capolavoro e nemmeno i luoghi comuni. Concedono il tempo minimo sindacale agli affari di cuore, non concentrandosi sulle coppie, ma sulle famiglie, coi loro drammi, derivati dalla presa di ostaggi e dalla disinvoltura della République nel fare cadere la lama della ghigliottina sulle teste anche dei familiari dei controrivoluzionari. Inoltre i due registi, se descrivono ogni offerta di tregua giunta da Parigi come un inganno, ricordano i crimini di guerra (civile) di entrambi gli schieramenti. Sono solo i repubblicani giacobini però a praticare il genocidio. La questione storica è controversa, ma ia demografia dell’epoca fa propendere per un uso di questo termine. 

Dorcas Coppin interpreta Marie-Adelaïde de la Rochefoucauld

Se i codici narrativi, come quelli giuridici, esprimono la cristallizzazione di un’egemonia, revisionare la storia prelude a un’egemonia nuova? C’è chi lo teme, sebbene la mai conclusa guerra franco-francese, aperta dalla rivoluzione del 1789 affiori solo sporadicamente nel cinema.

Per esempio Eric Rohmer, con La nobildonna e il duca (2001) aveva rappresentato lo sterminio giacobino dell’aristocrazia a Parigi. Eppure la Mostra di Venezia, in coincidenza con questo film, gli ha dato il Leone d’oro alla carriera…  Prima ancora, nel 1951, una sensazionale trimurti di talenti – Jacques Laurent, Jean Anouilh e Michel Audiard – aveva sceneggiato Caroline chérie di Richard Pottier, dove si rideva dei rivoluzionari, mentre nel 1954 Sacha Guitry, con Versailles (1954), rivalutava gli aristocratici che un re centralizzatore aveva costretto a coabitare, umiliati, nella reggia.

Mignot e Mottez si spingono oltre questi antecedenti. Eroe (controvoglia) delle estreme propaggini dell’ancien régime, Charette (Hugo Becker), realmente esistito, è un ufficiale della Marina che ora si batte sulla sua terra da guerrigliero. Dapprima si attiene alle regole dell’onore, mentre i generali della République le ignorano (cfr. Pierre Gaxotte, La rivoluzione francese, Mondadori, 2017). Charette finirà come il napoleonico, poi ex napoleonico Murat. O meglio: sarà Murat a finire nel 1815 fucilato a Pizzo Calabro, così come Charette nel 1796 era stato fucilato a Nantes .

Perché Vaincre ou Mourir sia distribuito in Italia, non basta un articolo di barbadillo.it. Spedite appelli a parroci, vescovi, cardinali, suore, frati, monarchici, parlamentari, case di distribuzione cinematografica, direttori di reti tv… Pio XII e Giulio Andreotti, che capivano di cinema e che hanno salvato l’Italia in anni tremendi, vi guarderanno dall’alto. Sorridendo.

*Vaincre ou Mourir di Paul Mignot e Vincent Mottez (Francia, 95’), con Hugo Becker, Rod Paradot, Grégory Fitoussi, Gilles Cohen, Dorca Coppin, Jean-Hugues Anglade

La rivolta vandeana nel film

@barbadilloit

Nicola Caricola

Nicola Caricola su Barbadillo.it

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