Storia. Dallas, 22 novembre ’63: il fucile di Lee Oswald era un “91” italiano

Il modello "91" da cui partì il colpo che uccise il 35° Presidente USA era stato prodotto alla Regia Fabbrica d'Armi di Terni

E’ una storia che a Terni ti raccontano sin da quando sei bambino. O, almeno, un tempo lo facevano i vecchi con maggiore memoria e più curiosità verso i fatti storici locali: il fucile che sparò a Dallas ed uccise Kennedy era stato prodotto a Terni.

Quando sei piccolo pensi ad una leggenda urbana, come quella dei coccodrilli nelle fogne di New York.

E invece no, è tutto vero, scritto, documentato. E di dominio pubblico…

Lee Oswald, l’ex marine con sospette simpatie comuniste, sparò una serie di colpi a ripetizione contro l’auto decappottabile sulla quale si trovavano il 35° Presidente USA John Fitzgerald Kennedy, la moglie Jacqueline, il Governatore del Texas e consorte, l’autista ed un altro passeggero.

I colpi erano indirizzati alla testa del Presidente: colpi in rapida successione dal quarto piano di una biblioteca. Una pallottola colpì Kennedy alla calotta cranica.

L’arma era un fucile Carcano meglio noto come modello “91”, dall’anno di progettazione. Il “91” ha armato le Forze Armate ed i corpi di polizia italiani per quasi un secolo, dalle guerre coloniali di tardo Ottocento ai primissimi anni ’80. E’ stato il fucile simbolo della fanteria nostrana nella 1° e 2° Guerra Mondiale, per poi essere progressivamente sostituito dall’ M1 Garand, dal Beretta FM 59 e, agli inizi dei ’90, dall’ SC70.

Per la precisione, Oswald si era armato con un “91/38”, lotto del 1940 realizzato alla Regia Fabbrica d’Armi di Terni di viale Brin, presumibilmente un “modello cavalleria”, progettato cioè per essere portato in sella. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, infatti, l’Italia fu uno degli ultimi paesi belligeranti a ricorrere alle cariche di cavalleria, dunque le ridotte dimensioni del fucile permettevano di trasportarlo ed impiegarlo a cavallo.

Fucile a otturatore girevole scorrevole, calibrato in 6,5 × 52 (piccolo calibro), con serbatoio da sei colpi, il modello 91/38 poteva essere nascosto sotto un paltò, date le modeste dimensioni. Forse è questo uno dei motivi che indusse Oswald, sotto falso nome, ad acquistarlo per corrispondenza.

Costo 18 dollari, l’equivalente odierno di circa 130 euro.

Arrivati a questo punto è bene fare un chiarimento: il fucile fu sì prodotto a Terni, ma non con lo scopo di uccidere Kennedy. Sembra banale scriverlo, ma è bene ricordarlo.

Il 91.38 faceva parte di un lotto dismesso (ex ordinanza) e ricalibrato per il mercato civile. Molti paesi che avevano combattuto la guerra, infatti, vendevano parte di vecchie armi che potevano interessare il mercato dei collezionisti e degli intenditori. Trattandosi poi di armi usate e prodotte in grande quantità, il costo era relativamente basso. Il 91.38, insieme ad altri fucili, fu acquistato da una società americana che lo mise poi in vendita tramite annuncio su una rivista specializzata.

Quando Oswald acquistò l’arma, nel listino da lui consultato c’erano diversi altri fucili, icone della storia della guerra ma con prezzi piuttosto alti. I più bassi erano relativi al 91.38 ed al britannico Enfield Sporter, un calibro .303 forse più adatto, per la sua potenza, al tipo di azione criminosa che avrebbe condotto Oswald.

I prezzi però variavano anche a seconda degli optional, come il mirino telescopico. Ecco, senza mirino il 91.38 sarebbe costato 12 dollari.

Un fucile economico, insomma, ma comunque (purtroppo!) letale, come ricorda anche il Sergente Hartman in Full Metal Jacket:

Lee Oswald sparò colpi di fila in sei secondi con un vecchio moschetto italiano. Sapete dove ha imparato a sparare così?

La risposta, naturalmente, è “Nel Corpo dei Marines

Non una cosa di cui andare orgogliosi, ma è proprio così che avvenne. Colpi precisi, letali ed in successione rapidissima contro il Presidente distante ed in movimento.

Oswald morì poco dopo, assassinato a sua volta mentre veniva portato in prigione. Il caso JFK è stato a lungo indagine su mandanti, eventuali complici, colpi realmente sparati, testimoni. Il fucile sembrò essere l’unica certezza.

La Regia Fabbrica d’Armi di Terni cessò d’essere Regia e Fabbrica d’Armi appena dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Oggi i capannoni di viale Brin ospitano il Polo Mantenimento Armi Leggere che si occupa di manutenzione delle armi delle FF.AA. e delle forze di polizia. Dipende dal Comando Logistico dell’Esercito.

Su prenotazione (e ve lo consigliamo vivamente) è possibile visitare la raccolta tecnica, piccolo museo nel quale si può percorrere la storia della guerra dal XVI Secolo ai giorni nostri: armi funzionanti, perfettamente manutenute, dagli archibugi ai più moderni fucili d’assalto. Un po’ di tutto, per la gioia dei curiosi e degli appassionati. Una collezione unica nel suo genere.

@barbadilloit

Marco Petrelli

Marco Petrelli su Barbadillo.it

Exit mobile version