Venti di guerra. L’intervento in Siria? Sarà un boomerang per l’import-export italiano

napo-assadIl precedente libico funge da monito: con la caduta di Gheddafi e la conseguente instabilità del Paese africano l’Italia ha subito ingenti perdite di utili nei settori strategici della propria economia ed ha perso il primato negli investimenti industriali. Adesso, partecipando ad un attacco armato alla Siria, il governo italiano rischia di bissare danni e beffa. L’Italia è infatti tuttora il primo Paese a livello europeo come destinazione delle esportazioni siriane e il quarto a livello mondiale. Per quanto riguarda le importazioni il nostro Paese è terzo dopo Cina e Arabia Saudita e sempre primo a livello europeo con una media di oltre un miliardo di euro annui e un trend fino al 2010 costantemente crescente.

Come sottolineato da Souha Jamali, già incaricato di Affari dell’Ambasciata della Repubblica Araba Siriana in Italia: “Il 70% dell’industria siriana possiede macchinari italiani e numerosi tecnici del vostro Paese hanno contribuito alla meccanizzazione della Siria.”

Gli scambi commerciali italo-siriani sono cresciuti in modo costante per quasi dieci anni a partire dall’incontro del 20 febbraio 2002 tra Berlusconi e Assad. Al termine di quell’incontro vennero difatti firmati tre accordi bilaterali: sulla promozione e sulla protezione degli investimenti italiani in Siria, sulla collaborazione nel settore turistico e sulla cooperazione in materia ambientale. Inutile dire che era il primo dei tre accordi ad avere particolare rilevanza. Grazie ad esso fino a due anni fa l’Italia ha giocato un ruolo da protagonista nell’estrazione del petrolio e delle materie prime in un sistema economico, quello del Paese mediorientale, il cui livello di sviluppo non era ancora paragonabile agli standard minimi europei, nonostante proprio per questo risentisse in misura minore della crisi. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, non a caso, il Pil della Siria è cresciuto dal 2004 al 2010 di circa 1 punto percentuale con un tasso di crescita della produzione industriale di circa il 3%.

Come riportato da l’Ambasciata Siriana in Italia: “Nel 2010 lo scambio commerciale fra i due Paesi ha avuto una crescita e uno sviluppo notevoli rispetto al 2009, con le esportazioni siriane verso l’Italia che hanno raggiunto 531.881.673 euro, soprattutto nel settore del greggio, dei metalli preziosi, delle pelli, e dei tessuti e delle stoffe, mentre le esportazioni italiane hanno raggiunto i 446.517.212 euro, soprattutto nel settore dei prodotti petroliferi raffinati. Il volume dello scambio commerciale nel periodo fra i mesi di gennaio e marzo 2011 è stato di 659 milioni di euro, con le esportazioni italiane che hanno raggiunto i 264 milioni di euro e le importazioni che hanno registrato 396 milioni di euro.”

Oltre alle imprese, su tutte l’Eni con i suoi progetti di ampliamento, in Siria è lo stesso governo italiano ad investire ogni anno milioni di euro in programmi di sviluppo, in particolare negli incentivi alle imprese e nel campo sanitario, nel rafforzamento della linea marittima Venezia-Alessandria-Latakia e nel finanziamento a numerosi programmi umanitari promossi da Ong come l’Istituto per la Cooperazione Universitaria e Terre des Hommes Italia. Gli ultimi due anni di conflitto in Siria hanno frenato investimenti pubblici e privati italiani. Un intervento militare e la caduta del governo siriano potrebbero assestare il colpo di grazia.

Eugenio Palazzini

Eugenio Palazzini su Barbadillo.it

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