Tarchi: “La querelle fascismo? Interessa solo alla sinistra. Fdi è un partito conservatore”

Il politologo e direttore di Diorama Letterario intervistato da La Stampa sull'evoluzione della destra di Giorgia Meloni

Marco Tarchi

Il professor Marco Tarchi

Prof. Marco Tarchi, la destra italiana ha davvero consegnato il fascismo alla storia?

Con un proprio giudizio su quel fenomeno politico, sì. Quale sarebbe l’alternativa? Instaurare un regime autoritario? Mi sembra ridicolo anche solo pensarlo.

È credibile Giorgia Meloni?

Su alcuni temi, come quello appena citato, sì. Su altri può darsi che conservi qualche riserva mentale, ma da Machiavelli in poi si sa che l’ipocrisia è una delle caratteristiche fondamentali della politica. Tanto è vero che tutti la usano.

Come si concilia la svolta della leader con la sua amicizia con Orban, “ideologo” della democrazia illiberale?

Sono entrambi conservatori, ma agiscono in due contesti diversi. Il 1989 non ha cancellato tutte le differenze sociali e culturali esistenti tra l’Est e l’Ovest dell’Europa. E comunque Orbán è un capo di governo eletto in elezioni democratiche e controllate dagli organismi internazionali.

I toni usati nel video messaggio sono ben diversi da quelli del comizio spagnolo di Vox, un partito nostalgico del franchismo. Qual è la “vera” Meloni?

Credo sia la stessa. È questione di toni, appunto, non di idee. Di fronte alle platee militanti, tutti i politici utilizzano approcci diversi da quelli che riservano ai contesti istituzionali o alle conferenze stampa.

Perché finora sono stati liquidati come elementi di folclore i saluti romani di tanti esponenti di Fratelli d’Italia?

Perché lo sono.

Sono trascorsi quasi vent’anni dalle parole di Gianfranco Fini sul fascismo male assoluto. Meloni è stata altrettanto chiara?

Ha evitato, mi pare, espressioni roboanti come quella che Lei cita, perché non solo avrebbero potuto dispiacere a una parte del suo pubblico – che, lo ripeto, dell’esperienza fascista nel suo complesso non ha, e non può avere, una visione identica a quella della sinistra, che è altrettanto parziale e faziosa, pur se di segno rovesciato – , ma anche perché sarebbero apparse meramente strumentali od opportunistiche. Come lo erano in bocca a Fini a suo tempo.

La sua è una parola definitiva?

Se intende dire che potrebbe, una volta al governo o addirittura a capo di esso, fare dietrofront e tracciare apologie del Ventennio, lo escludo categoricamente. La polemica sul fascismo è cosa che oggi interessa solo la sinistra e il centrosinistra. E che è elettoralmente inefficace, se non addirittura controproducente. Chi guarda troppo al passato dà la sensazione di non essere troppo certo della presa dei suoi argomenti sulle questioni che toccano il presente.

Ha senso riesumare il tema del complotto caro a Berlusconi e accusare la stampa straniera di farsi imbeccare da quella italiana che grida alla possibile svolta autoritaria?

Il New York Times non ha bisogno di farsi imbeccare da nessuno: esprime già una linea di segno nettamente progressista, ed è normale che veda con molto fastidio il possibile avvento in Italia di un governo di segno diverso. Di attacchi di questo genere ne verranno molti altri, in campagna elettorale, data la presenza nettamente maggioritaria di testate di centrosinistra nella stampa internazionale. Meloni deve farsene una ragione. Il complottismo, chiunque lo usi, è un’arma polemica ormai logora.

Che valori ha oggi la destra? Dio, Patria e famiglia?

Una riduzione a questa triade sarebbe eccessiva, e per certi versi fuorviante, dato che la laicità è sempre più presente anche in quel campo. Certamente, però, la prima battaglia che un fronte conservatore dovrebbe oggi sostenere è quella contro le tematiche “politicamente corrette” – gli onnipresenti “diritti” di stampo individualistico, l’accettazione indiscriminata dell’immigrazione e del multiculturalismo, ecc. – su cui i progressisti hanno costruito la loro attuale egemonia intellettuale. Che questo centrodestra sappia, e voglia, accettare la sfida è però tutt’un altro discorso. Su cui è lecito avere molti dubbi.

Perché Meloni non toglie la fiamma dal simbolo del partito? Non lo accetterebbero i militanti duri e puri?

Non è solo questo. Mostrerebbe di piegarsi a un’ingiunzione degli avversari – che gliela pongono solo per crearle difficoltà –, e questo danneggerebbe l’immagine di fermezza a cui tiene tanto. E poi, cosa cambierebbe nella sostanza questo maquillage di forma?

 Cosa pensa dell’allarme di Edith Bruck che dice che questa destra è un pericolo per la democrazia

Rispetto le emozioni personali che ispirano questa osservazione, ma bisognerebbe sapersene emancipare per formulare un giudizio razionale sui fatti. Che dicono tutt’altro.

Berlusconi dice che Mattarella dovrebbe dimettersi dopo l’approvazione del presidenzialismo.

La questione andrebbe, nel caso, affrontata e risolta dai costituzionalisti. Per ora, siamo solo di fronte a una boutade. (intervista di Maria Berlinguer)

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