F1. Perché le scelte tattiche sono costate il Gp di Monaco a Leclerc

Anatomia del disastro Ferrari, ecco quello che è successo al di là delle facili letture. Troppa confusione ai box

Quello di Monaco è stato un Gran Premio terribile per la Ferrari, per giunta trascorsa appena una settimana dalle delusioni di Barcellona.

Le Rosse, pur avendo monopolizzato la prima fila, con una partenza in regime Safety Car e con la possibilità di condurre in un circuito dove i sorpassi sono molto difficili, alla fine sono tornate dal Principato con il secondo posto di Sainz e col quarto di Leclerc, in un fine settimana in cui Verstappen non era sembrato esprimersi al massimo, mentre l’idolo di casa aveva conquistato una ennesima, roboante pole position.

A Maranello, se non altro, possono quasi consolarsi per non aver migliorato il “record” risalente ad un altro bagnatissimo Gran Premio di Monaco, quello del 2008: allora Massa e Raikkonen, il primo e il secondo della griglia, riuscirono addirittura nell’impresa di classificarsi terzo e nono, grazie ai loro svarioni e alle imprecisioni del muretto.

Confusione Ferrari

Tornando al presente, in queste ore Sainz è il grande accusato dai media nostrani: lo spagnolo, reo di non aver ascoltato le indicazioni della squadra e di aver deciso di testa sua, “anteponendo la ricerca della prima vittoria in carriera, alle logiche della gerarchia” avrebbe con la sua scelta mandato in confusione gli strateghi, che a quel punto avrebbero comunque montato a Leclerc le Intermedie (al termine della diciottesima tornata), piuttosto che lasciarlo fuori e aspettare direttamente le slick.

In verità, vista la prevedibile evoluzione dell’asfalto, lo spagnolo aveva perfettamente capito che sarebbe stato meglio allungare di poche tornate il primo stint, per poi passare direttamente alle coperture da asciutto, fermandosi una volta in meno: fatto notare in due riprese questo dettaglio non certo trascurabile via radio e sebbene la Ferrari inizialmente lo avesse richiamato ai box, per poi ribadirgli come dal loro punto di vista fosse necessario “coprire” Perez, alla fine è lo stesso muretto che, convintosi della bontà di quella specifica lettura, ordina al suo pilota spagnolo di restare fuori; una mossa (quello del cambio gomme direttamente per le Hard, alla fine della tornata 21) che se non fosse stata per l’out-lap molto lento, originato dall’involontario rallentamento del doppiato Latifi, probabilmente gli avrebbe consentito di scavalcare Perez al momento del secondo pit stop del messicano, effettuato nella tornata successiva.

Il grave errore, semmai, era stato il primo pit di Leclerc del giro 18, per di più con un giro di ritardo rispetto a Perez e quando ormai era evidente si potesse aspettare per andare direttamente sulle gomme d’asciutto; non fosse abbastanza, il monegasco rimaneva pure imbottigliato dietro la Williams doppiata di Albon, proprio nel momento in cui, con gli pneumatici freschi, per lui era fondamentale girare il più velocemente possibile per riuscire a conservare la leadership della gara anche dopo la girandola di soste.

E invece, nonostante dei riferimenti cronometrici non eccezionali, Perez sfruttava il tempismo (aveva cambiato per le Intermedie alla fine del giro 16, due prima di Leclerc e Verstappen) e una mescola più calda per scavalcare l’alfiere della Ferrari, replicando poi su Sainz per le note vicende e mettendo perciò una seria ipoteca sulla vittoria finale del Gran Premio.

Le comunicazioni radio furiose, tra Leclerc e il muretto, stanno lì a dimostrare la gravità della situazione: il 16, ancora una volta e come una settimana fa in Spagna (fino alla rottura del propulsore), era stato semplicemente perfetto, salvo poi rimetterci per delle colpe non sue.

A quel punto, pur volendo, Sainz non poteva lasciare più la posizione a Leclerc, ritrovatosi nei sui specchietti retrovisori la Red Bull di Verstappen, dopo che questi aveva a sua volta sopravanzato la Ferrari numero 16 in occasione della seconda fermata.

Che poi Sainz nel finale avrebbe dovuto mettere più pressione a Perez, a maggior ragione nel momento in cui le anteriori della Red Bull non erano così perfette, fuor dubbio, questo è un altro discorso; tuttavia, non scopriamo certo oggi che lo spagnolo sia un passista e non certo un velocista-staccatore.

Quante analisi

Come al solito però le analisi degli esperti e quelle conseguenti dei commentatori da bar sono al limite del sorriso, se si pensa che appena una settimana fa veniva montato un caso Red Bull e costoro storcevano la bocca di fronte allo scambio di posizioni tra Perez e Verstappen (che erano su tattiche differenti, con l’olandese molto più rapido);  sempre i media nostrani, inoltre, salutavano il rinnovo biennale dello spagnolo, ufficializzato la settimana di Imola (quindi poco più di un mese fa) come la notizia dell’anno, in nome dell’affiatamento della coppia di piloti, della continuità e della solidità di Sainz.

E invece, adesso Carlos Jr. (al netto di alcuni suoi errori censurabili) sembra diventato tutto insieme uno “scarsone” e uno sfascia macchine, un egoista indicibile da cacciare immediatamente: nulla di più superficiale, soprattutto se, a conti fatti, degli uomini in rosso probabilmente Sainz è stato l’unico a compiere una disamina corretta, in tempo reale, comprendendo e mettendo a sistema le plurime variabili del momento.

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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