I rischi per la Finlandia (e non solo) che abiura la neutralità

I finlandesi, con le loro grosse scarpe di antichi contadini saldamente in terra, erano abitualmente politicamente concreti. Ma ora continuano a ripetere il mantra “la situazione della sicurezza è cambiata”. Il che non è affatto vero, perché nel quadrante baltico-settentrionale i Russi non hanno fatto alcuna mossa in questa delicata partita a scacchi con la NATO, anzi, hanno spostato truppe dal confine finlandese, probabilmente per mandarle in Ucraina

Le bandiere di Finlandia e Russia

La cartina con il confine tra Finlandia e Russia

HANNIBAL AD PORTAS… O… DELENDA CARTHAGO?
Guardare una guerra standosene lontani è già drammatico, ma averla con tutta probabilità alla porta di casa propria, spinge allo sconforto. Sconforto essenzialmente nei confronti della capacità dei politici di elaborare una strategia che salvaguardi gli interessi dell’Europa, e non del suo potente alleato: gli Stati Uniti.
Vivo da più di cinquanta anni in Finlandia. Quando vi arrivai, vigeva la ferrea regola della “finlandizzazione”; la Finlandia cioè restava un paese libero con un sistema parlamentare di tipo occidentale, ma non interferiva con gli interessi dell’Unione Sovietica e, da nazione neutrale, svolgeva la funzione di stato cuscinetto tra est e ovest. Era la linea cosiddetta Paasikivi-Kekkonen, poi sostanzialmente continuata da Mauno Koivisto. Con la caduta dell’Unione Sovietica, la Finlandia cominciò a guardare ad ovest, dimentica di quanto aveva detto il presidente Koivisto sul pericolo di questa inversione di politica estera, perché “chi si inchina da una parte, mostra il deretano dall’altra”.
Il partito conservatore Kokoomus è stato al governo per anni, e probabilmente, stando alle previsioni, ci tornerà alle prossime elezioni. Il centro e la destra finlandesi sono stati anti-russi per naturale vocazione occidentalista, ma anche a causa di quel forte, quasi ineludibile, richiamo genetico, che spinge i Baltici all’anti-russismo. Mentre però Estonia, Lettonia e Lituania erano state parte dell’Unione Sovietica, la Finlandia, come si è detto, aveva conservato la sua indipendenza.
Potremmo chiederci perché. Stalin nel 1944 poteva arrivare a Helsinki e non lo fece. La versione finlandese per spiegare questa decisione si lega al mito dell’eroismo dei suoi soldati, nato con la cosiddetta “guerra d’inverno”, novembre 1939-marzo 1940. Eroismo indubbio, ma non sufficiente a fermare l’Armata Rossa, che, arrivata a Berlino, poteva benissimo arrivare anche a Helsinki. Né Stalin attuò in Finlandia l’assimilazione dei Paesi che Yalta gli aveva concesso, pur esistendo in Finlandia un forte partito comunista che ben si sarebbe prestato all’uopo. Stalin giudicò più utile una Finlandia neutrale, e soprattutto non volle rischiare, con una annessione, di spingere la Svezia nel campo occidentale, il che avrebbe chiuso il Baltico alla sua flotta. La Finlandia pagò le riparazioni di guerra, processò in una sua piccola Norimberga (ma senza boia americani o sovietici) i responsabili dell’alleanza con la Germania (ma non il maresciallo Mannerheim, probabilmente principale artefice dell’accordo con Stalin) e, anno dopo anno, prosperò col commercio orientale.
Arriviamo alla crisi ucraina: la Finlandia si allinea immediatamente alla narrazione atlantista. I TG si riempiono di immagini strappalacrime, i (rari) talk show (i finlandesi notoriamente parlano poco) invitano solo chi accusa la Russia di aggressione, stragi, ecc. ecc., mai nessuno che non dico difenda la Russia, ma che ne spieghi le ragioni. I più moderati in questa corsa all’anti-russismo sembrano essere i militari, invitati come esperti, ben consci di dove si potrebbe andare a parare.
Sic fuit in votis. Ieri, 13 aprile, il governo finlandese ha presentato il Libro bianco della sicurezza, o meglio delle prospettive che si aprono in questa crisi internazionale, che consigliano l’adesione della Finlandia alla NATO.
Ma chi minaccia la Finlandia?
Nessuno. E, cosa interessante, nessuno ha posto questa semplicissima domanda. Si sostiene solo… “se la Russia… se la situazione… se un giorno…”. In finlandese esiste un verbo, “jossitella” che indica appunto l’inutilità delle ipotesi. I finlandesi, con le loro grosse scarpe di antichi contadini saldamente in terra, erano abitualmente politicamente concreti. Ma ora continuano a ripetere il mantra “la situazione della sicurezza è cambiata”. Il che non è affatto vero, perché nel quadrante baltico-settentrionale i Russi non hanno fatto alcuna mossa in questa delicata partita a scacchi con la NATO, anzi, hanno spostato truppe dal confine finlandese, probabilmente per mandarle in Ucraina.
Già… il confine. Un confine di quasi 1300 km, che passa a poca distanza da San Pietroburgo, patria di Vladimir Putin, che un giorno dalla sua finestra potrebbe vedere, al di là delle cupole a cipolla delle sue belle chiese, svettare i missili nucleari della NATO. L’alleanza atlantica si estenderebbe praticamente fino a Murmansk, la più importante base navale russa, cui fa capo la flotta dei sottomarini nucleari. E Murmansk è la chiave strategica nella nuova rotta artica che si sta aprendo, che unirà il commercio asiatico all’Occidente.
Come potrebbe mai Putin permettere che queste due delicatissime aree, il Golfo di Finlandia e la Penisola di Kola, vengano assediate dalla NATO?
L’assurdità è che la Finlandia chiede di entrare nella NATO (non ci sono dubbi che il Parlamento lo proporrà) per evitare un possibile intervento russo e, così facendo… lo provocano! Veramente geniale!
I finlandesi, da bravi vecchi contadini, pensano di esser furbi: vogliono entrare ora nella NATO perché la Russia non ha abbastanza soldati per invaderla… già, è vero, i soldati stanno da un’altra parte, ma la Russia, non potendo usare i tank userebbe… non ci pensano i saggi governanti finlandesi? Le armi nucleari tattiche di cui dispone la Russia dovrebbero farli meditare. A mali atlantici estremi, estremi rimedi, forse è anche un modo di dire slavo.
Alla indubbia insanità mentale di chi governa oggi la Finlandia va aggiunta però un’altra motivazione: quella di compiacere agli Stati Uniti. Da tempo la Finlandia collabora militarmente con la NATO, con cui tiene esercitazioni militari congiunte, ultima quella di poche settimane fa in Norvegia, evidentemente in preparazione all’attivazione dell’offensiva artica. La Finlandia ha acquistato l’anno passato gli F-35 che le servivano per sostituire i vecchi Hornet, ma si tratta di aerei offensivi, perché mai? Invece di provvedersi di sistemi difensivi missilistici, su suggerimento americano, hanno optato per i jet che portano un tal carico di missili e bombe oltre che di apparecchiature elettroniche che… ogni tanto cadono, come facevano i nostri Starfighter, detti tombe volanti.
Il PM finlandese, Sanna Marin, ha l’altro ieri chiaramente detto che le consultazioni con gli Stati Uniti in merito a questa possibilità di entrare nella NATO sono in corso. Ed ecco il vero motivo che spinge il governo di centro-sinistra della Marin verso la NATO: gli Stati Uniti necessitano di un nuovo fronte in cui impegnare la Russia, distogliendola e quindi indebolendola dal fronte ucraino. Indubbiamente una strategia intelligente e utile. Per loro. Ma non per la Finlandia, che ora va spensieratamente nella tana dell’orso a svegliarlo. Cosa che i vecchi cacciatori finlandesi sapevano essere molto rischiosa.
Ma di vecchi cacciatori in Finlandia non ce ne sono più. Il Paese è governato da una troika di cinque segretarie di partito, tutte trentenni. La nouvelle histoire ci ha insegnato che esistono nella storia delle componenti apparentemente irrazionali, ma quantificabili. E indubbiamente la narrativa mediatica dei bambini ucraini vittime della guerra agisce sull’inconscio di queste giovani mamme. Ma le mamme dovrebbero pensare anche ai loro figli più grandi: quelli che la Finlandia manderà inevitabilmente a morire in una assurda e inutile guerra a venire.
Delenda Carthago… già, ma quale Carthago?

Luigi De Anna

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