PostColle. La sconfitta di tutti gli attori sul teatro politico e istituzionale

Il centrodestra perde più di tutti, il "riluttante" Mattarella garanzia dell'immobilismo che tiene inchiodato un Paese

Una vignetta di Krancic su Mattarella 

A proposito della (ri)elezione del Capo dello Stato, un mio vecchio amico e compagno di liceo, con la saggezza propria dei popoli mediterranei, mi ha ricordato questo proverbio della sua terra: “Il Santo vuole essere pregato, ma poi la grazia la fa”. E così la grazia l’abbiamo avuta, anzi, non so se sia giusto dire che siamo stati noi popolo italiano ad avere questa grazia, o soltanto una parte di noi (quelli che non torneranno prima del tempo alle rispettive (in)attività) o piuttosto quelli che fino a poco fa si chiamavano “poteri forti”, con le loro emanazioni mercatistiche. Si vedrà.

 

La fogna istituzionale

Di sicuro c’è che queste “quirinarie” hanno portato a cielo aperto le fogne carsiche del nostro sistema politico e istituzionale, riassumibile nell’abusata formula “crisi della democrazia rappresentativa”. Sul palcoscenico di Montecitorio (ma si è solo intuito quello che si tramava nelle “segrete stanze”), si è visto di tutto, ma soprattutto è stato messo in scena l’affondamento delle leadership. Nessun capo controlla il proprio partito, ridotto, quale più e quale meno, ad assemblaggio di bande; le oligarchie politiche non sono più in grado di formare coalizioni stabili, sulla base se non di una visione, di programmi comuni; queste stesse oligarchie, con il codazzo dei propalatori dei loro messaggi, appaiono sempre più lontane dai bisogni, dalle aspirazioni, dalle speranze popolari; la soluzione trovata – dopo aver tracciato sulle schede, come avrebbe detto Flaiano, un arabesco, invece che una retta fra due punti – si è risolta nel mantenimento dello Status quo. Altro che Gattopardo! Qui non è cambiato niente, per far sì che nulla cambiasse.

 

Non perde la Politica ma i suoi (scarsi) interpreti

Si è parlato di sconfitta della politica, ma sarebbe ora di smetterla. A tramontare non è e non può essere la Politica, categoria fondamentale per gli esseri umani; ad eclissarsi sono soltanto i suoi attori di questa fase storica, partiti in primis, ma anche pubbliche istituzioni e corpi intermedi come i sindacati. Zero idee, zero memoria, zero orgoglio nazionale, ripetizione di vuote formule (nella settimana che ha preceduto Sanremo, penultimo rito collettivo dopo le partite di calcio della Nazionale, quante volte abbiamo sentito straparlare di “alto profilo”, “super partes”, “credibilità internazionale”, “supremo interesse della Nazione”?). Del resto, che a preoccuparsi del nostro futuro sia stato estratto da un nutrito gruppetto di candidati ottuagenari un rispettabile vegliardo, la dice lunga sullo stato comatoso delle nostre (presunte) élites senza ricambi e senza futuro.

 

Draghi accolto da Mattarella al Quirinale

Centrodestra sconfitto e lacerato

Quanto al centrodestra – che ci ostiniamo a denominare così per mera comodità – tra gli sconfitti, è quello che ha perduto più di altri. Per la prima volta nella storia repubblicana, ha avuto la possibilità non dico di far eleggere “uno dei suoi” (non mi sento di definire così personalità peraltro apprezzabilissime come Crosetto o Nordio), ma di determinare l’ascesa al Colle di un politico di parte non avversa (siamo ridotti al punto che forse avremmo potuto accontentarci di un Casini). E invece ecco l’autonominato e già decaduto leader della “coalizione”, Salvini, compiacersi in favore di telecamere per la conferma di Mattarella. E Berlusconi? Ormai non serve più sperare che la Natura faccia il suo corso: anche contro di lui – inaudito! – quella che fu la “sua” Forza Italia è ridotta a una sorta di Movimento Cinque Stelle in sedicesimo: chi ha già abbandonato la navicella per sbarcare al costituendo Centro (o centrino?), chi si è sistemato a destra, chi cerca di turare qualche falla, rimanendo a bordo, magari con la speranza di succedere al Cavaliere, senza esserne nominato delfino (nomina che non ha mai portato fortuna). Perfino la povera Casellati è stata abbandonata – proprio dai suoi! – al triste destino dei naufraghi.

 

La scommessa di Meloni

Sulla Meloni è invece prudente sospendere il giudizio: fin qui, almeno in termini di sondaggi, ha pagato la scelta di tenersi fuori dall’ibrida coalizione di governo e ora dal coro di prefiche che hanno implorato il ritorno del vetusto Re (con la prospettiva di quattordici anni di regno – anche se probabilmente abbreviato dalle circostanze – non è impropria quella definizione, che fu già affibbiata a un altro illustre repubblicano, il presidente Mitterrand). Ma cosa accadrà in seguito?

Molto dipende, ovviamente, dalla navigazione del confermato “Governo dei Migliori” (o sempre più presunti tali). Se la pandemia infatti viaggia verso la pausa estiva – solo una pausa, temiamo – scalpitano alle porte le mandrie dell’inflazione e degli aumenti selvaggi di materie prime ed energia; senza parlare delle crisi internazionali, prima di tutte quella che potrebbe far esplodere un conflitto armato a due ore di aereo da Roma. E senza contare i negoziati in seno UE per il ripristino delle misure di austerità (patto di stabilità, sorveglianza sul PNRR e così via). Comunque, almeno fino a settembre, data di maturazione della pensione dei parlamentari, non dovrebbero esserci crolli.

 

Giorgia Meloni con Matteo Salvini ad Atreju

Si dividono le strade?

Insomma, le strade e le strategie intraprese dalle residue due forze del centrodestra divergono, ma potrebbero – anche se non credo a una concertazione, che sarebbe troppo intelligente e pensosa non solo degli interessi di bottega o di contesa per la leadership – conciliarsi per il bene della Nazione: da un lato Salvini, che cerca di ricavarsi uno spazio all’interno delle Istituzioni (la Rivoluzione si fa dall’interno dello Stato, diceva qualcuno che di rivoluzioni se ne intendeva); dall’altro Meloni, che cerca di lucrare il massimo da un’opposizione coerente e granitica.

 

Il tutto, stando sulla riva a guardare la nave governativa in balia dei marosi, con un Draghi forse deluso dalla mancata ascesa al Quirinale e costretto a tornare nel Vietnam quotidiano organizzato da partiti che non lo hanno voluto come supremo Garante, ma rassicurato – per quanto ancora? – dal composito coro internazionale che ne canta le lodi e da un Presidente della Repubblica interessato soprattutto a nulla cambiare (nemmeno nel CSM).

 

Giuseppe Del Ninno

Giuseppe Del Ninno su Barbadillo.it

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