Michetti, Calenda, Raggi e Gualtieri (e altri 18) alla conquista di Roma

La sfida per il Campidoglio: la griglia di partenza in vista delle amministrative su cui incombe il rischio astensione

Campidoglio, Roma

Sono ben ventidue gli sfidanti che, il prossimo 3 e 4 ottobre, si contenderanno la poltrona di sindaco di Roma. Una lista lunga, anzi lunghissima, che si riduce, quanto alle possibilità di arrivare quantomeno ad un eventuale ballottaggio, a quattro nomi: Carlo Calenda (Azione), Enrico Michetti (centrodestra), Virginia Raggi (Movimento 5 stelle) e Roberto Gualtieri (Partito Democratico).

Stando ai sondaggi/intenzioni di voto, che pur non essendo indicatori certi di successo qualche informazione sulle preferenze degli elettori della Capitale quantomeno la danno, quasi certamente dovrebbe arrivare al secondo turno Enrico Michetti.

Tra gli ultimi a scendere in campo (la sua candidatura è stata infatti ufficializzata piuttosto tardi e, a quanto risulta, dopo una faticosa trattativa tra le forze della coalizione che lo sostiene), l’avvocato esperto in pubblica amministrazione nonché commentatore radiofonico si presenta in ticket con il magistrato Simonetta Matone, che gli farà da vicesindaco. E non solo, perché il candidato civico spinto in particolar modo da Fratelli d’Italia ha già annunciato che in caso di sua vittoria affiderà a Vittorio Sgarbi il ruolo di assessore alla cultura.

A proposito dei suoi avversari, il più accreditato a sfidarlo sembra essere Roberto Gualtieri, mentre Carlo Calenda e il sindaco uscente Virginia Raggi pare se la stiano battendo per il terzo posto. In proposito, però, non c’è nulla di certo, perché potrebbero ancora esserci sorprese non previste. Senza contare che, chiunque andrà al ballottaggio a quanto pare contro Michetti (che sabato scorso ha vissuto, insieme a Giorgia Meloni e a circa 10 mila persone presenti in Piazza del Popolo, un gran bel momento di entusiasmo collettivo), si troverà a fare i conti, per ottenere i voti degli sfidanti sconfitti, con notevoli difficoltà a fronte dei rapporti non esattamente cordiali – per usare un eufemismo – tra le principali forze politiche di centrosinistra.

Questo il sommario quadro nell’ambito del quale si muovono i protagonisti di una campagna elettorale che sta per giungere alla sua fase finale. Quella in cui i cittadini si prepareranno a scegliere a chi vorranno dare l’incarico di ricoprire uno dei ruoli sicuramente più difficili che la politica propone: quello di primo cittadino della Capitale.

C’è però, inoltre, un elemento da non trascurare. Ed è un elemento che incide in ogni tornata elettorale, ma in particolare in tempi come questi, segnati dalle limitazioni e dalla paura per il rischio di contagio Covid19: la percentuale di elettori che non si recheranno ai seggi.

Se è vero, infatti, che nelle amministrative del 2016 l’affluenza al primo turno è stata del 57% al primo turno e del 50% al ballottaggio, questa volta non c’è alcuna certezza sul fatto che si confermi a questi livelli: potrebbe, infatti, anche abbassarsi. E non di poco. Fatto questo che potrebbe pesare come un macigno sui risultati (meno, sembra, per il primo turno e assai di più per il quasi certo ballottaggio).

Come andrà a finire? Non resta che aspettare e vedere. L’augurio, per i romani e non solo (perché la Capitale è il simbolo dell’Italia tutta, sia nel Paese sia all’estero), è che chiunque vinca riesca a trovare la quadra per risolvere gli evidentissimi problemi che, ormai da troppo tempo, assediano la città.

 

Cristina Di Giorgi

Cristina Di Giorgi su Barbadillo.it

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