Se l’Isola dei Famosi celebra l’eterna giovinezza di Paul Gascoigne

Gazza, idolo amatissimo dagli Irriducibili della Lazio è un uragano di generosità anche nel reality show condotto dalla first lady del romanismo militante, Ilary Blasi

Solo gli occhi, quelli di un guascone tanto beffardo quanto ingenuo, non sono cambiati. Paul Gascoigne all’Isola dei Famosi non sembra lui. Il viso è scavato, mai l’avevamo visto così magro: manco quando faceva impazzire la curva del Tottenham o battagliava con la maglia della nazionale inglese nelle notti magiche di Italia ’90. Pare quasi un milordino di ritorno dalla caccia alla volpe; poi sorride e lo riconosci: quello è davvero Gazza! E ti chiedi: ma che ci fa lui – icona ribelle e mito irriverente, ritratto pop della gioia di vivere in campo –  nel salottino isolano della first lady del romanismo di lotta e di governo, Ilary Blasi, in mezzo a starlette, youtuber, flora e fauna televisiva?

 

La giovinezza eterna di Gazza

Gascoigne non è cambiato, almeno nello spirito. Gazza non parla granché l’italiano. Con grande simpatia e umiltà, gioca su questo e accetta di farsi insegnare la lingua da alcuni degli altri concorrenti. Quindi partecipa a prove studiate su misura per lui: dovrà tradurre dall’inglese all’italiano alcune frasi per far guadagnare al gruppo piccoli premi che potrebbero essere molto utili nel prosieguo del gioco. È uno dei pochissimi che, pur potendoselo permettere per ciò che è stato e che resta nel cuore e nella mente di mezzo mondo, potrebbe tirarsela e non lo fa. Si è messo in gioco e durante un gioco s’è fatto male a una spalla. Avrebbe dovuto e potuto abbandonare tutto, invece è tornato: non si molla nemmeno per uno show televisivo. Questa sì che è mentalità. Gli hanno riconosciuto una brandina e l’esenzione dalle prove, con un braccio immobilizzato resta il più inquieto del gruppo. Vorrebbe spaccare l’Isola, morde il freno, si arrabbia se si sente fuori dal gruppo, lascia libera la lingua: battute, giochi di parole, grandissima ironia. Disponibile con chiunque, anche a farsi prendere in giro e, ovviamente a ricambiare. Gascoigne prende in giro anche la Blasi: “Porterò Totti in discoteca con me”. È un campione, ma questo lo sapevamo già. Di generosità e di quell’eleganza che può avere solo chi la vita l’ha consumata e da questa è stato consumato: di chi ha vissuto ardendo, s’è bruciato e poi è tornato dalle ceneri.

 

“Solo sul campo mi sentivo al sicuro”

Gascoigne è cambiato, almeno nel fisico. E non è la prima volta che la tv ce lo restituisce elegante e azzimato. Come nel documentario sulla sua vita, uscito soltanto sei anni fa e invecchiato malissimo, il documentario, non Gazza. Ottantasei minuti, la metà dei quali passati dal regista a indugiare sulle smorfie in slowmotion non soltanto di Gazza ma pure degli altri coprotagonisti che ne escono malissimo: Gary Lineker è più artefatto di Sergio Rubini che interpreta il lezioso e arrogante “guru” della comunicazione di Cetto La Qualunque nel mitologico film Qualunquemente, Mourinho pare un chierichetto che recita le orazioni e Wayne Rooney  svela al mondo che ha i denti gialli e pieni di tartaro. Un altro errore, marchiano, nella scelta di doppiare in italiano le telecronache inglesi originali e un altro, imperdonabile, messo in bocca al povero Lineker: l’Inghilterra vincitrice dei mondiali del ’60 (era il ’66…).

.

Ma nonostante ciò è un gran bel documentario. Non fosse altro perché Gazza ci disse una cosa che potevamo soltanto intuire, tanto tempo fa: l’unico luogo in cui si sentiva al sicuro era su un campo di calcio. Anche quando l’Ira s’era infuriata per quell’esultanza strampalata ai tempi dei Rangers e l’aveva minacciato di morte. Paul Gascoigne di vizi ne ha avuti e non li ha nascosti ma pure non ha cercato scorciatoie né alibi che pure gli potrebbero essere accordati con facilità. Era stato dato per pazzo paranoico e non lo era: aveva capito che alcuni giornalisti tenevano sotto controllo il suo telefono tanti anni prima che scoppiasse lo scandalo News of the World. Era stato dato per morto e non lo era. Ci dissero pure che forse teneva la Sla, e manco questo era vero. Prima di dare addosso a Gazza, facciamoci un esame di coscienza. Ché lui è sempre pronto a segnare con un sombrero e a esultare alla faccia dei benpensanti che gli rimproveravano le feste nonostante il ritiro, come fece contro la “sua” Scozia a Euro ’96.

 

Il “gioco” è l’unica cosa che conta

Per tutto ciò che ha donato in campo (perché mai i tifosi della Lazio ancora lo adorano nonostante la sua esperienza in Serie A non sia stata così devastante?) e per tutto quanto ha subito il “conto” va in pari, o più probabilmente resta in attivo, per lui, persino davanti il tribunale più parruccone che si possa immaginare. Gazza non è mai stato uno stinco di santo ma l’adorazione, la ricchezza, la fama le ha pagate, care e amare. La sua vita non è stata così facile come poteva sembrargli quando tutti, persino l’arcigna signora Thatcher, correvano a farsi fotografare con lui. Per darsi un tono, per accarezzare gli elettori, per vendere materassi, tostapane, tute (oggi) improponibili, per moltiplicare le vendite in edicola dei tabloid. Paul Gascoigne è stato letteralmente usato e abusato, poi abbandonato, da tanti, troppi.

 

Certo, l’immagine di Paul Gascoigne è e rimarrà sempre quella del ragazzo disperato che piange durante e dopo la semifinale mondiale con la Germania a Italia ’90, oppure quella di lui che si inarca sotto la curva laziale dopo aver segnato di testa nel primo derby disputato contro la Roma o ancora quella sprezzante e viva con la maglia Gers quando faceva gli scherzi a un giovanissimo Ringhio Gattuso. Quelle non torneranno più eppure sono immortali. La vita, però, va avanti e se lo pagano per andare all’Isola dei Famosi ben venga. Per lui e per gli spettatori, per tutti noi che finalmente possiamo rivederlo anche se in un luogo e in una veste che mai ci saremmo nemmeno immaginati.

Ma ne vale la pena. Gazza, oggi, appare completamente diverso fuori ma è esattamente lo stesso dentro. Gli occhi, lo sguardo, non mente ed è ancora quello di un ragazzino ingenuo della periferia di Newcastle che sogna solo di far gol e far ballare le terraces. Un ragazzone che si è creduto adulto troppo in fretta ma vuole soltanto giocare, con un pallone tra i piedi o con la vita tra le dita. Il “gioco” non è robetta ma la cosa più seria che un uomo possa immaginare di fare. Anche per questo, oltre che per le punizioni telecomandate e i dribbling secchi, Paul Gascoigne è diventato un mito.

 

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

Exit mobile version