L’intervento. La rendita elettorale dei colonnelli è finita, ripartiamo dai contenuti

Congresso di FIUGGI Gennaio 1995La risposta che la classe politica della Seconda Repubblica sta provando a dare alla crisi di sistema e di credibilità che la sta disintegrando ha un sapore un po’ vintage. Un po’ tutti vorrebbero mettere le lancette dell’orologio indietro di vent’anni: c’è chi vuole rifare Forza Italia e tornare allo “spirito del ’94, qualcun altro vorrebbe trasformare il PD nei DS e poi ci sono le “grandi manovre”a destra per ricostruire Alleanza Nazionale.

Quello del “ritorno alle origini” deve essere un “riflesso pavloviano” adottato dai ceti politici ogni qual volta si vive una fase di collasso e transizione.

Accadde così anche negli anni di Tangentopoli. Qualcuno forse ricorderà il tentativo di Martinazzoli di tornare allo “spirito di Don Sturzo”, cambiando il nome di una Democrazia Cristiana in balia della magistratura in Partito Popolare, o gli innumerevoli richiami a Nenni ed alla loro identità di sinistra con cui i socialisti provarono a reagire alla disfatta di Craxi. In entrambi i casi l’operazione non riuscì.

Quando termina un ciclo storico è difficile arginare i processi. Soprattutto quando si tratta di dinamiche connesse alla circolazione ed al ricambio delle élites. Lo hanno spiegato molto bene all’inizio del ‘900 politologi come Mosca, Michels, Pareto, ma c’è da dubitare che i politici italiani e soprattutto gli esponenti della destra aennina li abbiano letti. L’unica possibilità per loro di non essere travolti sarebbe quella di accompagnare il processo di trasformazione facendo un passo indietro. E invece non lo faranno e quindi il destino delle varie “cose”, “cosette” e “cosuzze” nere è già segnato.

I vari Alemanno, Larussa e compagni non riescono a comprendere che oramai quella rendita elettorale che ha consentito loro di esistere politicamente è semplicemente scomparsa. Possiamo perfino indicare la data che ne ha determinato l’estinzione: il 14 dicembre 2010, il giorno in cui fu affossato in Parlamento il tentativo di Fini di far cadere il governo Berlusconi. I mesi precedenti, segnati dagli scontri violentissimi tra Fini e i suoi colonnelli e da una martellante campagna di stampa che mostrava l’utilizzo fatto del patrimonio accumulato dagli ex-missini grazie ai sacrifici di tanti militanti in buona fede negli anni difficili dell’antifascismo militante (la famosa Casa di Montecarlo), avevano provocato la caduta del velo con cui la retorica neofascista (nonostante le prese di distanza degli ultimi anni) aveva mascherato l’aspetto di un re dalle sembianze francamente indecenti. Un’intera nomenclatura politica è stata coperta dal discredito ed abbandonata dai suoi elettori, i quali erano persone semplici, ma molto esigenti sotto il profilo della dignità e del decoro morale.

E di mancanza di decoro morale occorre parlare di fronte alla pretesa di coloro che hanno provocato l’autoaffondamento della destra italiana di continuare, una volta trombati, a rappresentare una tradizione politica, richiamandosi a valori ed idee da loro sistematicamente disattesi in questi anni.

C’è ancora spazio per le posizioni politico-culturali della destra in Italia? Certamente si, anche perché interesse nazionale, tutela della sovranità, difesa dell’economia reale dalla speculazione finanziaria e salvaguardia dei principi etici non negoziabili sono tutte questioni di grande attualità. Ma non saranno i volti usurati dei colonnelli di AN che potranno incarnarli efficacemente e, soprattutto, per sapere se costituiranno l’ossatura programmatica di un nuovo progetto politico bisognerà aspettare che il processo di sgretolamento e riconfigurazione del quadro politico in atto si completi. Tranquilli, non dovremo attendere ancora molto tempo.

* da Il Roma

Alessandro Sansoni

Alessandro Sansoni su Barbadillo.it

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