La mostra. “Raffaello 1520-1483” e  il dialogo degli animi nobili

La mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale

Il Coronavirus ha chiuso i musei.  Ha bloccato le mostre.  E  un caso è la  rassegna su “Raffaello. 1520-1483”. Di sicuro sono vicini i giorni in cui le ‘Scuderie del Quirinale’ riapriranno per celebrare il genio nato ad  Urbino.  Ora questa forzata sospensione fa dormire un’esposizione che riaprirà, al più presto, per esibire l’Italia eterna.  In un quadro più generale, l’occasione spinge a riflettere sui temi  dell’opera raffaellesca: la classicità, il rapporto con il potere, la dimensione spirituale dell’arte. Tuttavia l’evento consente di rilanciare il dibattito sull’intellettuale e sull’impegno artistico.  L’esistenza di Raffaello d’Urbino ricorda che il lavoro dell’intellettuale è disponibilità, misura, “grazia, studio, bellezza, modestia.” Lo scrisse il Vasari per creare il noto profilo di Raffaello, del Maestro che guardò negli occhi di tutti.  Un’opera che narra la cultura, che unisce e conquista, è ‘La scuola di Atene’: questo capolavoro testimonia  che dalla tradizione riparte il confronto; e scriviamo ciò con la consapevolezza di ritrovare, in Raffaello, la maestria che insegnò il confronto e  rianimò il legame con l’antico.

Hanno fatto bene gli organizzatori della mostra ad evidenziare la lettera dell’artista a Leone X. In questa epistola l’Urbinate dichiarava il suo dolore per scoprire “el cadavero di quella nobil patria”, l’antica  Roma saccheggiata e smontata.  Non si faccia la calce  con le statue e gli “ornamenti antichi”, ecco la preoccupazione del genio, ecco la vigilanza  sulla memoria. E l’Urbinate scriveva al Papa queste parole, “Non deve dunque, Padre Santissimo, essere tra gli ultimi pensieri  di Vostra Santità lo aver cura  che quel poco che resta  di questa antica  madre della gloria e della grandezza italiana, per testimonio del  valore  e della virtù di quegli animi divini…”  In tutti i secoli questa citazione invita alla cura del passato, o  quel poco che resta, da conservare gelosamente.

Raffaello, un’emblematicità che riscatta la memoria e preserva il ricordo degli animi nobili. Raffaello, coinvolto da principi e potenti, mantiene  un’anima modesta e sa parlare con tutti. Raffaello è nel nostro cuore, nel nostro concepire l’impegno artistico. I quadri dell’Urbinate sono tout court dei manifesti: sono simboli della cristianità, sono le forme di un Occidente laico cosciente del proprio patrimonio spirituale.

La notevole esposizione romana, che raccoglie, come non era mai accaduto, le opere del Maestro, comunica grazie al lavoro on line. Il sito delle ‘Scuderie del Quirinale’ permette al pubblico di rimanere in contatto con i quadri, con gli esperti.  Ci piace quindi rammentare il Vasari che, ne “Le Vite”, narra Raffaello come l’uomo che lasciò il suo “onorato nome” sulla terra e come colui che aveva sempre intorno gli artisti con cui dialogava. Solo pochi giorni fa Antonio Forcellino, tra i maggiori studiosi del Rinascimento, per il Corriere della Sera, ha raccontato l’ incontro con Michelangelo,  con il Toscano furente,  e alla fine  “Raffaello si tolse  dalla testa il berretto, per sottolineare  con quel gesto il suo rispetto per quello che, pur avendo solo pochi anni  più di lui, considerava un maestro  e al quale  era disposto  a perdonare il carattere terribile…”

*La mostra “Raffaello. 1520-1483”.

https://www.scuderiequirinale.it/pagine/raffaello-oltre-la-mostra

Renato de Robertis

Renato de Robertis su Barbadillo.it

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