L’intervento. L’ostilità preconcetta dell’establishment per le destre in Italia

Berlusconi, Salvini e la Meloni

C’è un grande malinteso nel dibattito politico di questi giorni che credo vada chiarito. Cerchiamo di essere onesti, evitiamo per un momento di parlare di Conte e concentriamoci sui partiti di centrodestra; è evidente che l’opposizione stia compiendo degli errori in particolare nei toni, nelle modalità di comunicazione e utilizzando slogan e semplificazioni che non sempre aiutano a comprendere la complessità delle discussioni che stanno avvenendo in Europa. L’attuale centrodestra deve capire che non è più possibile fare politica come due mesi fa e cambiare il modo di comunicare e di proporsi ai cittadini ma anche la sostanza del proprio messaggio.

Politicamente in questo momento non è facile essere all’opposizione perché, se da un lato non si possono troppo alzare i toni e si rischia di generare malcontento anche nel proprio elettorato, dall’altro lato non si può tacere di fronte a una gestione sbagliata dell’emergenza economica e sociale (senza entrare nel merito di quella sanitaria). A difesa dell’opposizione occorre dire che è stata tenuta ai margini di tutta l’emergenza, non coinvolta e che le proposte presentate al governo sono state nella quasi totalità bocciate.

Il punto però è un altro: davvero se ci fosse un’altra destra, altri leader all’opposizione le cose sarebbero diverse? Il problema è questa destra oppure è proprio la destra?

Perché, anche se si propongono idee e contenuti di destra con toni pacati, cercando di evitare slogan e articolando riflessioni e idee in modo diverso, il risultato purtroppo è in molti casi lo stesso e il tenore dei commenti e delle osservazioni di chi la pensa diversamente è nella stragrande maggioranza dei casi identico a quello che si otterrebbe utilizzando una comunicazione più spinta, meno articolata e più efficace verso un’ampia parte della popolazione con interazioni sui social network più penetranti.

Ciò non significa abbassare il livello dei messaggi e delle proposte da parte del mondo culturale e giornalistico di destra (altrimenti si otterrebbe un effetto devastante) ma induce a una seria riflessione.

Tutti ricordiamo con nitidezza le critiche e gli insulti che subiva Berlusconi quando era al governo e sappiamo (i più giovani dalle cronache ma tanti ne sono testimoni diretti) che cosa significasse essere di destra negli anni Settanta o Ottanta, nonostante il livello generale della classe dirigente fosse di ben altro tenore.

La verità è che una parte consistente degli italiani vorrebbe una “destra che non sia di destra”, elogia presunti politici o intellettuali che si definiscono di destra ma che nel corso degli anni hanno assunto posizioni che sono tutto fuorché di destra.

Allora mi chiedo: se ci fosse una destra diversa da quella attuale, le stesse persone che ora attaccano i partiti di opposizione sarebbero disposti ad accettarla? Perché si può usare un altro modo di comunicare, di presentarsi, si possono cambiare i volti e le persone ma i valori rimangono. La destra è rispetto della nostra tradizione storica e culturale, centralità della nazione, difesa dei confini e delle radici cristiane, rispetto della legge e delle gerarchie, doveri oltre che diritti, comunità prima di società, identità invece di multiculturalismo, comunità locali al posto del globalismo, conservazione della natura invece dei Fridays for future. Chi oggi critica l’attuale centrodestra sarebbe disposto ad accettare queste idee se espresse in modo diverso? Purtroppo la storia italiana dal dopoguerra ai nostri giorni ci dice di no.

Francesco Giubilei

Francesco Giubilei su Barbadillo.it

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