Cultura. Scarabelli: “L’autobiografia spirituale di Evola, con vista sul privato del filosofo”

Julius Evola

“Autobiografia spirituale di Julius Evola” per le edizioni Mediterranee è un prezioso volume che consente di conoscere ulteriori aspetti della biografia del filosofo tradizionalista. L’opera è stata curata da Andrea Scarabelli, direttore editoriale della rivista Antares e direttore della Collana l’Archeometro delle Edizioni Bietti.

Scarabelli, come nasce l’idea di tradurre le interviste in francese di Julius Evola?

“L’idea mi venne qualche anno fa, valutando la portata delle due interviste raccolte nel volume, entrambe disponibili su youtube ma mai pubblicate con una curatela adeguata. La loro importanza è notevole, sia per via della loro esaustività – coprono, infatti, ampia parte della produzione evoliana, essendo state rilasciate pochi anni prima della scomparsa del filosofo romano – sia per il fatto che ne emerge anche un “Evola privato”, per così dire, lontano dai riflettori ma del tutto concorde con quello che poi ritroviamo nelle sue opere. Capace, comunque e in ogni caso, di ripercorrere la propria “autobiografia spirituale” in modo chiaro e disinvolto, tanto che questo libretto potrebbe essere considerato una piccola introduzione al suo pensiero scritta da lui stesso”.

L’autobiografia di Evola

Che ritratto dell’Evola più privato e intimo emerge?

“Emerge un uomo anzitutto “integrale”, dotato di una visione del mondo unitaria ma complessa e declinata, senza soluzione di continuità, negli ambiti di cui si è occupato, dagli anni Venti sino al secondo dopoguerra. Così come emerge un Evola libero e antiborghese, la cui intransigenza avrebbe molto da insegnare in tempi di conformismo assoluto come quello che stiamo vivendo. Ecco un paio di esempi. A un certo punto, l’intervistatore gli chiede perché non si sia mai sposato. Ecco la risposta: «Perché tengo – ho sempre tenuto – anzitutto alla mia libertà, in senso assoluto. Così sono giunto a questa decisione. Non conosco nemmeno la mia famiglia; cioè, so che c’è, ma ho sempre vissuto in una maniera assolutamente indipendente e anti-borghese. Per lo stesso motivo, non ho mai avuto un impiego in un ufficio. Ho sempre preferito avere meno possibilità ma una libertà totale». Per poi aggiungere, ridacchiando: «E poi, vede, da un punto di vista sessuale, non sono per la monogamia». La stessa ironia che emerge quando l’intervistatore gli chiede delle “leggende metropolitane” che giravano su di lui: «In Francia si è giunti a scrivere che a casa mia, ogni settimana, vengono celebrate messe nere con giovani fanciulle bionde. Vede, date le mie attuali condizioni, verrebbe da rispondere con queste parole tedesche: Zu schön um wahr zu sein, “Troppo bello per essere vero!”».

Evola in Francia negli anni sessanta-settanta: che rilevanza aveva nella cultura transalpina?

“Non era uno sconosciuto, poiché molte sue opere erano già state tradotte. Godeva di una certa notorietà, insomma, magari non tra il pubblico mainstream, come si dice oggi, ma comunque rilevante”.

Nelle interviste ci sono i ritratti di Pound e Marinetti tracciati da Evola: con nessuno dei due aveva empatia.

“Molto spesso tra giganti – perché di giganti si tratta, nel caso di tutti e tre – non ci si capisce. Ma questo non toglie che, a distanza di decenni, si possa, anzi si debba, leggerli insieme, e criticamente, superando le cricche e le parrocchie, con tutti i loro puerili settarismi, lasciando che una sanissima curiosità trionfi sulle parole d’ordine”.

L’Evola giovanile nei saggi pubblicati con pseudonimo. Che rapporto aveva con il mondo esoterico in questa stagione della sua vita?

“Un rapporto essenziale, che tra l’altro manterrà per tutta la vita, riapparendo in modo carsico e in varie forme, di volta in volta applicato alle sue varie aree d’interesse. Come ho provato a dimostrare nel breve (per modo di dire!) saggio conclusivo inserito in Autobiografia spirituale, è alla luce degli scritti usciti sotto pseudonimo su Ur e Krur tra il ’27 e il ’29 che va letto quel manuale dell’“uomo differenziato” che è Cavalcare la tigre, pubblicato più di tre decenni dopo in un contesto totalmente mutato. Senza far riferimento a quegli articoli più “giovanili”, le ultime quattro pagine di Cavalcare – che a mio parere sono la quintessenza di Julius Evola, la sua vetta metafisica più alta, una sorta di Solstizio dell’Essere spinto alle soglie dell’indicibile – sono del tutto incomprensibili. Provare per credere!”.

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Michele De Feudis

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