StorieDi#Calcio (di G.Malgieri). Il solstizio d’inverno di Cristiano Ronaldo

Cristiano Ronaldo sale in cielo nella gara Samp-Juventus

Un secondo nel cielo (0,92 centesimi per la precisione), attaccato al nulla. Settantuno centimetri dalla terra. Il colpo al pallone con la testa leggermente inclinata. Tra gli umani e le divinità. Non un giocoliere, con trucchi annessi, ma un atleta dotato di potente intelligenza tattica e tecnica ha compiuto il “miracolo”. 

A Marassi, stadio di Genova, il 18 dicembre 2019 si è materializzato un gesto atletico che dopo qualche millennio sollennizza nella ripetizione la mirabile parabola di Mirone, il discobolo che dedicò il suo perfetto gesto atletico agli Dèi. Cristiano Ronaldo probabilmente ha dedicato lo straordinario colpo di testa, una delle immagini che rimarrà nella storia del calcio per sempre, a se stesso, a quel soffio di leggerezza divina che avverte quando supera i suoi simili nel levarsi al di là delle leggi della fisica, sconfiggendo la materialità, assecondando impulsi che provengono dal profondo supportati dalla costruzione fisica che può lanciarsi al di sopra di chiunque e cantare il suo attimo di gloria oltre il desiderio di superarsi.

Non c’è nessuna voglia di intessere paragoni. Riprendere dagli archivi foto ingiallite dal tempo per metterle accanto a quelle lucenti della notte in cui perfino gli sconfitti hanno applaudito l’apparizione dell’atleta inimitabile. 

Un giorno ci sarà chi farà meglio di lui. Settantuno centimetri di elevazione volando a 2 metri e cinquantasei per colpire la palla è impresa battibile (già in passato per due volte ha fatto di meglio). Ma l’eleganza, la sicurezza, l’ardire di provare rischiando l’errore, costringere i compagni di gioco a levare il naso all’insù per ammirare lo “stacco”, non  dimenticheremo mai tutto questo. Ronaldo finisce dove gli altri incominciano a sognare. Ed al sogno non si attribuiscono aggettivazioni. 

La meraviglia del calcio è l’impossibile che diventa realtà pur senza avere le doti di altri atleti che praticano sport diversi. Sono uomini normali, spesso sgraziati, poco dotati fisicamente che con il pallone sulla testa o tra i piedi compiono le imprese più mirabolanti. Il portoghese di Funchal ci ha abituato a tutto. Anche a giocare per un mese con un ginocchio malandato per il quale altri avrebbero  chiesto di restare in infermeria. O a piangere platealmente infortunandosi pochi minuti dall’inizio del macht o ancora a disperarsi per un cartellino rosso, praticamente a inizio partita, assolutamente ingiusto. E mandare in visibilio gli stadi, come a Torino un paio d’anni fa, per un gol che pochi avrebbero potuto o saputo fare. 

E’ questo il calciatore totale del nostro tempo, tenendo da parte i “miti” che sono fuori dalla mischia o non ci sono più da tempo. Lui li raggiungerà e con loro imbastirà un “torello” di rara fattura stilistica perché chi ha sacra l’arte che pratica è baciato come un bramino dai suoi pari o da chi è molto al di sotto delle umane possibili realizzazioni.

Il colpo di testa di Ronaldo è la celebrazione del calcio nel momento più grigio della storia del calcio. E per un istante che vale la vita l’ha illuminato, come il sorriso bagnato di lacrime di gioia di Obdulio Varela, capitano uruguagio che stese il Brasile nel 1950, contro ogni pronostico, contro ogni logica, contro l’esito stesso che il Destino aveva decretato. 

Il mito si alza anche settantuno centimetri dalla terra. E forse più su, fino a dove non osiamo neppure dire o immaginare  guardando e riguardando quella immagine che nella vecchiaia ha illuminato il nostro piccolo e solitario Solstizio d’Inverno.

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Gannaro Malgieri

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