Cinema. Parasite, dove ricchi e poveri sono le due facce del capitalismo

Parasite, il manifesto del film

Parasite è un film potente e ricco di metafore psichiche e sociali filtrate da un realistico cinismo. Asettico al punto giusto. Ma non privo della morale filosofica del regista.

Al centro della storia ci sono due famiglie dalla struttura speculare: padre madre figlio figlia. Appartengono a due mondi opposti che si disprezzano vicendevolmente e che pure sono costretti al contatto profondo. Una è la famiglia di ricchi padroni, l’altra una famiglia di poveri che si fanno servi per sopravvivere. Mondi opposti che però non possono sussistere l’uno senza l’altro. Ognuno è parassita dell’altro: simbionti.

Intorno al piccolo figlio della famiglia ricca, che cerca solo affetto autentico e caldo, si snoda la storia violenta e tesa del regista coreano che dirige attori bravissimi in modo sulblime.

Il cielo è lo stesso ma le esistenze sono diverse. La pioggia è fango e distruzione per gli uni e aria fresca per altri. Puzze ed odori umani sono l’elemento che distingue e marca la differenza tra i potenti che viaggiano in macchina e i poveri che vanno in metropolitana.

Il sign. Park distilla umiliazione in gocce per tutti i sottoposti con la naturalezza di chi beve un bicchiere d’acqua, con un briciolo di compiacimento. La divinità è l’ego. I poveri si riscattano e godono imbrogliando i ricchi con l’astuzia, ma non reggono il peso delle loro stesse pianificazioni. I ricchi vivono come se tutto potesse durare per sempre sentendosi protetti da una campana di vetro. Ma il fiume della realtà, delle emozioni frustrate, della follia sotterranea, incombe e travolge la serenza facciata borghese.

La vita di ogni individuo è spazzata via dai magheggi dell’altro e ognuno viene a turno risucchiato nell’ invisibile.

Ma niente si crea e niente si distrugge. Alla fine il vincitore non esiste. Vince la morale del caos, dell’impossibilità di fare programmi e piani in un esistenza invasa da ripetute ondate d’imprevedibilità.

Se ai borghesi questo film non piace sarà forse perché vedono ricamate in questa pellicola le loro vite come su un lungo arazzo costantemente minacciato dalle intemperie?

Il film scuote con il suo realismo intenso laccato da una patina surreale che lo rende ancora più vicino e simile ad esperienze ed avvenimenti di cui sono piene le cronache dei nostri tempi. Come in Dostoevskij i demoni sono liberi, peccato che manchi, in fondo, coscienza giudizio e pena.

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Antonina e Amanda Incardona

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