Caso comunali Gela. I sovranisti sfidano il Nazareno in salsa siciliana (Miccichè-Pd)

Salvini a Gela

Sarà la sua origine greca e la continua – inconscia – ricerca del mito. O sarà la sua naturale vocazione a essere laboratorio politico, come lo è la Sicilia tutta. A Gela, nel ballottaggio del prossimo 12 maggio, potrebbe essere eletto il primo sindaco leghista della sua storia, Giuseppe Spata.

La città che fu di Crocetta – prima sindaco e dopo presidente di regione, non rimpianto in nessuno dei due ruoli – e poi, dopo anni incolori a guida Pd, una delle prime città pentastellate – esperienza finita a schifìo, per dirla alla siciliana con espulsione e successiva sfiducia del sindaco grillino – è pronta alla svolta sovranista. Con i 5stelle fermi al 15%, quarti su quattro candidati, sogno già abbandonato da una città che chiede più stabilità.

Ed è una storia tutta da raccontare, fatta di personaggi pirandelliani. A partire dallo sfidante del leghista, un signore distinto la cui candidatura è figlia del Nazareno, inteso patto, tra Pd e Forza Italia. Che già farebbe ridere così, morto il renzismo, con Verdini imbrigliato dai suoi guai giudiziari e Berlusconi in piena crisi partitica. Eppure sì, il Nazareno risorge a Gela, a firma del vicerè Miccichè, autoproclamatosi difensore dell’identità anti-Salviniana, portatore del messaggio pro-migranti alle navi Ong oltre che difensore di ogni sorta di vitalizio, ultimo argine – dice lui – al populismo sovranista in Sicilia.

E insomma, succede che Greco – già candidato sindaco del centrodestra sconfitto alle ultime amministrative dal 5Stelle Messinese e poi, voilà, sostenitore del Pd Micari alle scorse regionali – si ritrova a essere il Nazareno in persona, sostenuto da un Pd in cerca d’autore in corsa senza simbolo e nascosto dietro liste civiche insieme a Forza Italia, anch’essa senza simbolo.

Difficile non immaginare che dopo il 26 maggio, quando Zingaretti capirà cosa avviene alla periferia del suo impero perduto, le strade diventerebbero impraticabili per una futura giunta Pd-Fi. Idem per Forza Italia, con l’operazione Gela già sconfessata dallo stato maggiore romano, da Tajani a Bernini, passando per Brunetta. Imbarazzo, dunque, che presto diventerebbe un passo indietro doppio a discapito della città.

A complicare i piani di Micciché, la composizione dell’alleanza del candidato leghista, forte dell’asse sovranista Lega-Fratelli d’Italia – rappresentata di un nucleo giovane che l’ha portata all’8%, a dimostrazione che il partito della Meloni gode di buona salute – e di un gruppo di dissidenti proprio di Forza Italia che hanno espresso il consigliere più votato in città. La vittoria di Spata sarebbe dunque la definitiva bocciatura di qualsiasi nuovo inciucio e una boccata di ossigeno per il partito di Berlusconi.

Spata, dicevamo, che di suo pure è personaggio da raccontare, con un passato in Libera, è lo specchio della svolta post-ideologica del Matteo nazionale in terra meridionale: le persone prima della tessera. Passo timido, maglioncino blu d’ordinanza, aria da brava ragazzo, accanto a Salvini che arringava le folle gelesi accorso a sentirlo – unico leader nazionale a mettere piede in città – Spata incarna la nuova generazione di salviniani del meridione col suo aspetto da sindaco del nord. Una rivoluzione copernicana per Gela, abituata ai numeri da teatro di Crocetta e una politica fatta di “curtigghio” urlato, il chiacchiericcio da cortile.

Potrebbe esserci dunque un sovranismo alla greca, alla ricerca di una identità persa tra l’abbandono del sogno industriale del petrolchimico e la carenza di infrastrutture che rendono difficile la vocazione turistica di una città che vanta più di 2700 anni. Probabilmente non la soluzione a tutti i mali di una terra depredata da notabili che non si arrendono, da un circo che ha lasciato disastri, ma il punto di partenza per ricostruirsi: ritrovare una identità. E che sia un uomo del Nord a portarla non è eresia, antidoto a una malattia gattopardesca che ha trasformato l’identità siciliana in un bearsi lamentoso dei propri mali, tra un senso di orgoglio mafioso e puntate di Montalbano.

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