Libri. Quando del ’68 rimane solo la nostalgia: “Due di Due” di Andrea De Carlo

Due di due, di Andrea De Carlo
Due di due, di Andrea De Carlo

“Non c’è niente di inevitabile nel mondo così com’è adesso. È solo una dei milioni di forme possibili, ed è venuta fuori sgradevole e ostile e rigida per chi ci vive”. Una frase il cui nichilismo suona come il fischio di una pallottola. A pronunciarla, lapidario, è Guido Laremi, protagonista del celebre romanzo Due di Due di Andrea De Carlo (1989). Guido è un personaggio che racchiude in sé diverse componenti che si sono facilmente prestate agli stereotipi di un modello che chiameremmo “sessantottino”: iconoclasta, anarchico, libertario, incline al romanticismo idealista e, perché no, nichilista. Se la cronaca diventa storia è facile anche che scivoli nell’epica. Oppure è altrettanto facile che si innalzi nell’epica, dipende dai punti di vista. Il 1968 da periodo storico si è trasformato in mito, in tendenza culturale, a volte riducendosi a stucchevole amarcord nostalgico e con la nostalgia spesso la creatività non sortisce gli effetti sperati. Andrea De Carlo ribalta la prospettiva, la scarnifica, rendendo quell’anno e il clima che lo circonda una stagione, per certi versi, contemporanea, facendole trascendere lo spirito del tempo.

La storia di per sé è abbastanza lineare: un’amicizia nata al tempo del liceo, caratteri diversi, poli quasi opposti, uno dominante, l’altro curioso e dimesso. Guido Laremi diventa, da subito e involontariamente, un modello per Mario, narratore, spettatore e testimone di un battesimo del fuoco, energia collettiva che si trasforma in leggenda. La storia di un’amicizia che si scontra la galassia libertaria della protesta, le istanze individuali si incanalano in quelle collettive. Guido e Mario sono speculari, figure i cui frammenti si possono trovare in chiunque abbia rappresentato qualcosa di significativo nella nostra vita. De Carlo più che parlare in senso assoluto di un periodo storico e cedere alla retorica e al sentimentalismo, lo racconta in relativo. Milano come punto di partenza, coordinata iniziale, il liceo, ologramma di un ancien régime disciplinante che raffigura l’oppressione, la scuola come istituzione da abbattere, una delle tante. Il sessantotto come rito di passaggio, meteora che sfracellandosi elargisce vitalità ed istanze che si esauriscono con il passaggio ad una fase più adulta, in continua mutazione. Un romanzo di respiro, perennemente contemporaneo e connesso con la profondità di chi inizia un processo di crescita, laddove abisso e salvezza compaiono simultaneamente relegando l’adolescenza in non poche linee d’ombra. Ci troviamo di fronte alla radiografia di un’educazione sentimentale che non cede il passo a rimorsi. Un romanzo a due, perché Guido e Mario sono due figure che da personaggi possono facilmente diventare anche persone, due archetipi presenti in ogni tempo, in grado di trascendere la dimensione letteraria. La consapevolezza del limite e il suo successivo superamento diventano le linee guida su cui i due protagonisti impostano il senso della loro esistenza che rivelerà per entrambi esiti differenti. Un romanzo che racconta la ciclicità delle emozioni, del loro ritorno e della loro successiva sparizione, gli umori del tempo, caratteri che, nonostante tutto, regalano spazio al vivere.

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Stefano Sacchetti

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