Cinema. Sergio Leone spiega la ricercata unicità dei suoi film

C'era una volta in America di Sergio Leone
C’era una volta in America di Sergio Leone

Quando scrivo, prevedo tutti i dettagli e tutte le possibilità allo stesso modo con cui un ladro prepara un colpo. Per le scene di furto, ragiono come un delinquente. Credo che potrei essere un eccellente malavitoso. Ma agisco così anche per le altre sequenze. La scrittura della sceneggiatura è fondamentale. All’interno del meccanismo che sto costruendo, devo continuare a sorprendermi. E non è facile. Mi può succede di rimanere bloccato per molte settimane su una singola scena. E ogni volta che trovo un modo per proseguire, devo prima convincermi che è proprio ciò che serve in quel momento della storia. l’importante è non tradire mai la linea ideologica, morale e realista del film. Ed è la sfida più difficile. Se il mio cinema piace a tutti, è forse perché è un congegno perfetto, nonostante i colpi di scena che accumulo. E tutto questo conservando il mio discorso autoriale. Al punto che molti spettatori vogliono rivedere lo stesso film per comprendere meglio com’è stato consegnato. Quando lo guardano la prima volta, vengono travolti dalle immagini. Apprezzano, senza capire tutto. E l’abbondanza di sequenze inattese fa prevalere la sorpresa sulla comprensione. Al secondo giro colgono meglio il discorso che accompagna le immagini. So bene di non fare un cinema in cui è possibile individuare tutti i livelli di lettura al primo colpo. L’essenziale è che la mia estetica tocchi tanto l’astrazione quanto i sentimenti del pubblico popolare.

[da C’era una volta il cinema – I miei film, la mia vita, a cura di Noël Simsolo, il Saggiatore]

Sergio Leone

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