Italia – Russia, Un secolo di cinema, a cura di Olga Strada e Claudia Olivieri, è stato edito nel luglio 2020 dall’Ambasciata d’Italia a Mosca. Opera a più mani (Maurizio Cabona, Claudia Cardinale, Andrei Konchalovsky, Nikita Mikhalkov…), è stata presentata alla successiva Mostra di Venezia. Dal saggio di Maurizio Cabona e da una sua conferenza, barbadillo.it. trae questo articolo.
“Un film può essere arte, ma il cinema è industria”. La più che trentennale vicenda di un film, che avrebbe dovuto intitolarsi Leningrado, mostra quanto tempo e quanto denaro occorrano per non girare nemmeno una scena, alimentando il mito del capolavoro che poteva essere e non è stato.
Tutto comincia a metà degli anni ’80, da un altro film di ambizioni quasi altrettanto smisurate e di incassi deludenti: C’era una volta in America di Sergio Leone (1). Negli Stati Uniti questo film circola in una versione breve (139’) e ottiene un’attenzione di pubblico che si concretizza in soli due milioni e mezzo di dollari. In Italia, dove C’era una volta in America esce in versione lunga (220’), giunge attutita l’eco del fiasco oltreoceano. Pare quasi che Leone ne sia uscito indenne. È davvero così?
Arnon Milchan ad Antibes
Ancora nel maggio 1998 il produttore israelo-americano Arnon Milchan è al Festival di Cannes, proprio dove, nel 1980, aveva incontrato Leone. Sempre a Cannes, ma nel 1984, Milchan aveva accettato di presentare C’era una volta in America nella versione lunga. Nel 1998, all’Hôtel du Cap-Eden-Roc di Antibes, un cinefilo italiano chiede a Milchan: “Quando uscirà la versione integrale di C’era una volta in America?”. “Quando recuperò quello che ci ho rimesso”, replica Milchan (2).
Leone muore il 30 aprile 1989. Stava per realizzare un film sull’assedio di Leningrado. Nel febbraio precedente, in una conferenza stampa a Mosca, aveva annunciato che “dopo quattro anni di trattative, si era arrivati a un accordo di coproduzione tra Sovinfil’m, Sovexportfilm, Lenfil’m, Sergio Leone Corporation, Rai e Comitato Cinematografico dell’Urss. Accordo firmato sulla fiducia, perché al momento della stipula non esisteva una sceneggiatura” (3). Il progetto Leningrado era ancora abbastanza indefinito. Ma subentrarvi è, almeno in Italia, un’investitura ambita: con Gualtiero Jacopetti – regista di Mondo cane e Africa addio – Sergio Leone è il solo ad avere incassato, quasi ovunque, molto coi suoi pochi film.
Nell’autobiografia Leningrado (4), che include la sceneggiatura del film, scritta con Massimo De Rita, Giuseppe Tornatore attribuisce l’idea di riprendere il progetto di Leone al produttore Alberto Grimaldi, che gliene parla nel 1994, mentre lui, in Sicilia, gira L’uomo delle stelle. Tornatore ha avuto una rapida carriera grazie al produttore Franco Cristaldi e – con Nuovo cinema Paradiso nella versione breve da Cristaldi imposta – ha vinto il Gran premio della giuria al Festival di Cannes nel 1988 e il premio Oscar per il miglior film non americano nel 1989. Ma nel 1992 Cristaldi muore. Con lui Tornatore perde soprattutto un maestro. Grimaldi vorrebbe surrogare a quella dipartita. Tornatore però lo respinge. Ma Grimaldi – che associa il ricordo di Leone ai trionfi di Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966) – ci riprova nel 1996. Invano. Non sarà dunque Grimaldi a produrre Leningrado. Produrrà – ma questa è un’altra storia – Gangs of New York di Martin Scorsese (2002).
Il “no” di Goffredo Lombardo
Nel 1998 in cui Milchan esterna come il sodalizio con Leone l’abbia impoverito, il Festival di Cannes si apre con La leggenda del pianista sull’oceano di Tornatore, prodotto dalla Medusa di Silvio Berlusconi, dove si hanno grandi speranze per lui. “Durante una di quelle riunioni, mi spiazzarono – scrive Tornatore – dicendo che si erano stancati di seguire la solita politica della commediola a costo contenuto, puntata al solo mercato nazionale: “Si fa fatica lo stesso che a fare un grosso film e poi, a sfruttamento finito, non se lo ricorda più nessuno. Mentre La leggenda del pianista sull’oceano, che era costato molto e che li aveva spossati per la complessità produttiva, secondo loro, sarebbe rimasto” (5).
Per giunta gli esterni della Leggenda si sono girati a Odessa, che è lontana da Leningrado, intanto tornata a chiamarsi Pietroburgo, ma è proprio qui che Sergej Eizenštejn ha girato la scena della scalinata della Corazzata Potëmkim… Mito sovietico e fascino di un regista così importante non sono estranei a Tornatore. Derivando da un monologo, La leggenda del pianista sull’oceano dovrebbe essere un film breve, ma non lo è, e così gli incassi negli Stati Uniti saranno ampiamente sotto i trecentomila dollari. Anche Tornatore – come Leone dopo C’era una volta in America – cercava ormai altrove il suo pubblico. A questo punto si è convinto a girare Leningrado e con Massimo De Rita scrive una sceneggiatura che propone a Warner, Fox, Sony, Miramax, Amblin, Millennium, Focus, oltre all’europea Wildbunch.
Tutti o quasi ne sono entusiasti. A parole. Poi o si tirano indietro o propongono modifiche rifiutate da Tornatore. Egli offre anche a Goffredo Lombardo – il produttore che nel 1962 aveva Leone come regista di seconda unità in Sodoma e Gomorra di Robert Aldrich, il film che rovinò la sua Titanus – la sceneggiatura. Lombardo replica: “Il tuo progetto è bellissimo, ma non lo farai mai, perché costa troppo. E perché gli americani non daranno un soldo per un film di guerra in cui i salvatori della patria non sono loro, bensì i comunisti. Solo un oligarca russo può finanziare questo film” (6).
Nonostante il libro dell’anglo-russo, naturalizzato britannico, Alexander Werth (7), e quello dell’americano Harrison E. Salisbury (8), dai suoi interlocutori italiani e anglosassoni (eccetto Steven Spielberg) l’assedio di Leningrado è regolarmente scambiato con quello di Stalingrado. Secondo Tornatore è colpa di Stalin , al quale la città sul Volga, dedicata a lui medesimo, sarebbe stata più cara rispetto a quella sulla Neva, dedicata a Lenin… I cineasti che Tornatore ha incontrato girando il mondo non devono essere stati brillanti, se nel 2001, quando Il nemico alle porte di Jean-Jacques Annaud (9), sulla battaglia di Stalingrado, apre il Festival di Berlino, pensano che il regista francese abbia fatto il film che voleva fare Leone.
Il finanziamento della Medusa
A Tornatore va incontro il più concreto, ma anche il più inatteso dei partner: Milchan, che vorrebbe fare di Leningrado una serie tv per gli Stati Uniti. E qui Tornatore si rivela meno duttile di Leone, che aveva subito pensato al mercato americano e quindi a un personaggio principale americano per una storia russa. A sua volta Milchan non insegue Tornatore, come invece aveva fatto Grimaldi. Ancora finanziato dalla Medusa, Tornatore si stabilisce a Pietroburgo per documentarsi e scegliere dove fare le riprese. Tornatore ci mette un… anno, durante il quale Andrej Konchalovskij si offre di aiutarlo. Tornatore però gli dice che si è registi uno alla volta (10) . Intanto Ennio Morricone, già compagno di scuola di Sergio Leone e suo collaboratore fisso, scrive la colonna sonora che, in Leningrado, dovrebbe affiancare alla Settima Sinfonia di Dmitrij Sostakovic (11) .
Il tempo passa. Nel 2007 esce la serie tv di Alexander Buravskij e nel 2010 il suo film: si intitolano entrambi Leningrad. Sarebbe contento Sergio Leone, se sapesse che del suo sogno è rimasto qualcosa oltre al titolo? A Leningrado nel 1941 ci sono gli abitanti e i combattenti russi; attorno a Leningrado ci sono i combattenti tedeschi e finnici. Ma la storia principale è, come si proponeva Leone, quella di un giornalista americano, interpretato da un attore irlandese, Gabriel Byrne (anziché da Robert De Niro, come Leone auspicava; o l’inglese Clive Owen, come Owen stesso chiedeva a Tornatore). Co-protagonista, una giornalista inglese, interpretata da un’attrice americana, Mira Sorvino (anziché Nicole Kidman, che aveva accettato la proposta di Tornatore).
La flessibilità di Buravskij l’ha premiato. Invece la fedeltà al comunismo di famiglia (si veda la figura del padre in Baarìa) e alla storia dell’Urss è stata una forza tale da nutrire nel regista dell’Uomo delle stelle l’ambizione di conquistare con una storia russa il mercato anglosassone. Ma essa non è bastata, perché c’est l’argent qui fait… les films de guerre.
3) “In un’intervista del 1969 Leone esprime l’idea di realizzare un film a partire da un’ispirazione musicale: il primo movimento della Sinfonia n. 7 Op. 60 di Dmitrij Sostakovic, in particolare il tema Invasione. Il musicista l’aveva completata nel dicembre 1941 […]; fu eseguita per la prima volta, in condizioni estreme, nella Leningrado assediata il 9 agosto 1942. Nel corso degli anni Leone lavorò al progetto e concepì un film grandioso, che raccontava gli oltre due anni e mezzo di assedio delle truppe tedesche” (Gianluca Farinelli e Antonio Bigini, “Dal cinema muto al cinema moderno”, in Aa.Vv., La rivoluzione Sergio Leone, Edizioni della Cineteca di Bologna, catalogo della mostra “C’era una volta Sergio Leone”, Roma, Museo dell’Ara Pacis, fino al 3 maggio 2020).
4) Giuseppe Tornatore, Massimo De Rita, Leningrado, Sellerio, 2018, pp. 19-20.
5) Ibidem, pp. 59-60.
6) Alexander Werth, Leningrado, Einaudi, 1947. Ed. or.: Leningrad, Knopf, 1944.
Bel ricordo. Interessante