Focus Western. Sam Peckinpah ovvero Bloody Sam, il cantore degli antieroi perdenti

Sam Peckinpah – Playboy Interview

In questo articolo voglio parlarvi dell’uomo che seppe rinnovare i fasti del western mostrando il lato crepuscolare, è un americano, un duro, un ubriacone, un dittatore sulla sedia da regista, un piantagrane, un guerriero, un’autentico figlio di puttana,  un genio maledetto a man who walks alone.

 Sto parlando di Sam Peckinpah (1925 – 1984) soprannominato Bloody Sam , considerato il cantore del “western sporco” antimitologico, anticonvenzionale, realistico, brutale, antieroico, malinconico che è lo specchio della società americana in cui non ci sono situazioni create ad hoc per fare “bella figura” con un “medioevo” artificiale fatto di onore e ideali che non ci furono. Peckinpah recupera la tradizione storica mostrando le cose come erano andate raccontando di uomini come erano realmente vissuti, uomini che se ne fregavano degli ostacoli che gli si paravano davanti. Questa ribellione costò molto cara a Peckinpah e al pubblico per via dei tagli fatti ai suoi film effettuate dalle majors a cui il regista rispondeva con comportamenti intollerabili e smodati.

Peckinpah è lo spartiacque tra il western classico e il western successivo revisionista e crepuscolare, un western negativo, pessimista con personaggi non sono più degli eroi ma spesso dei completi farabutti, privi di morale, cinici e brutali sul viale del tramonto in un tempo che non ha bisogno di loro. Rispetto agli eroi dei film di Sergio Leone questi sono veri personaggi con una tridimensionalità psicologica in un contesto storico reale. Peckinpah deriva da Leone la dilatazione dei tempi cinematografici applicandole nelle scene di morte violenta, flash subliminali incrementando il ralenti, la differenza con Leone è che i personaggi di “Bloody Sam” sono antieroi perdenti e sanno di esserlo, non hanno possibilità di riscatto o di guadagno, sono disillusi, sanno che la morte è dietro l’angolo e che il loro desiderio di avventura è disinteressato e coincide con la soddisfazione di essere ancora vivi. Il mondo che li circonda è un mondo violento perché la violenza fa parte dell’animo umano, viene mostrata da Peckinpah che non cerca di renderla “spettacolare e bella da vedersi” come gli rimbrottò la critica, ottenendo un risultato catartico perché quando la morte arriva “non puoi sfuggirle, devi difenderti o sei morto”.

Nel suo primo film, La morte cavalca a Rio Bravo tratto dal romanzo di A.S. Fleishman, non si può parlare di eroi classici: sono avventurieri che cercano vendetta, depositari di segreti che li vedranno nel finale uno contro l’altro, sono vittime del destino, incerti tra il fatalismo e la ribellione, in un’atmosfera di tragedia riverberata dal paesaggio. Solo per uno di loro vi sarà una redenzione e di speranza all’insegna dell’amore: il protagonista Yellowleg un ex sergente dell’esercito traumatizzato per aver ucciso per sbaglio un bambino durante uno scontro a fuoco, accompagna la madre del ragazzo ucciso in una piccola città per seppellirlo accanto al padre, non ammazza l’uomo, un disertore sudista, che durante la guerra civile lo scotennò trovando il perdono e l’amore della donna a cui ha involontariamente ha ucciso il figlio.

Peckinpah è un duro ma anche in quei tempi violenti il sentimento come l’amicizia virile non è un fantasma e viene ribadito nei suoi film a partire dal bellissimo film Sfida nell’Alta Sierra in cui due anziani compagni di avventura, un tempo uomini di legge, consci del proprio declino fisico scorteranno un carico d’oro dei minatori al gruppo si aggrega anche una ragazza promessa sposa a un rozzo minatore del posto. I due uomini di legge sono molto diversi, Steve Judd è un blocco monolitico con il senso dello Stato, della legge, dell’ordine ed è dedito alla missione, il suo partner Gil Westrum medita invece di appropriarsi dell’oro con la complicità del giovane Heck, e di uccidere l’amico perché sordo al richiamo dell’oro, scoperte le intenzioni di Westrum, Gil lo allontana dal gruppo. 

Nella sparatoria finale con un gruppo di minatori violenti, fratelli del promesso sposo della ragazza che si era poi rivelato un animale e un bruto, Westrum in fuga decide di tornare e salvare il suo amico rinsaldando il vincolo di amicizia, ma questo gesto costerà la vita a Judd. Un bellissimo film sui tempi che stanno cambiando con una ottima interpretazione di due grandi attori della Hollywood classica che interpretano due personaggi fuori dal mito costretti a sbarcare il lunario interpretando una versione baracconesca di se stessi ma pronti a riscattarsi per recuperare la loro dignità anche con motivazioni opposte che si ricompongono nella sparatoria finale. 

Il tema che ricorre nei film di Peckinpah è il mondo dell’Ovest che sta cambiando e i personaggi che non accettano questo cambiamento cercano di recuperare gli ideali del passato e questo lo si ottiene solo con la morte mentre nelle Main Street delle città i cavalli vengono sostituiti dalle prime automobili mentre gli eroi entrano nella sfera della leggenda e nella mitologia lasciando spazio ai tempi moderni per essere conservata nella memoria storica.

Il film di Peckinpah è antiretorico, impietoso e pessimista, il messaggio è che l’uomo è votato alla corruzione in cui sono presenti momenti di crudeltà visiva che Peckinpah avrebbe esasperato dando inizio al western crepuscolare che negli USA non avrebbe avuto agli inizi il successo meritato tanto che venne inizialmente accorciato di circa 30 minuti dando inizio a quella battaglia che vedrà Peckinpah contro i tagli della produzione e che caratterizzò tutta la sua carriera, un altro caso eclatante fu lo scempio che avvenne durante il montaggio di Sierra Charriba.

Il film successivo è lo straordinario Sierra Charriba, un’epopea epica rimasta incompiuta in cui non ci sono gli eroi nel senso classico del termine. Peckinpah delinea un altro tassello dell’arazzo che rappresenta il tramonto e gli ideali del western classico. 

Il film narra la spedizione  di un maggiore granitico e fanatico di nome Amos Dundee a caccia dell’indiano Sierra Charriba che si trasformerà in un’odissea di violenza e di morte i cui membri della spedizione sono un gruppo perdenti soldati Nordisti e Sudisti prigionieri, “patrioti e banditi” scissi nella personalità, lacerati da contrasti e conflitti si lanciano in un vortice fatale che travolgerà tutti sia le prede che i cacciatori affondando nel sangue tutti gli ideali, le divergenze, le convinzioni e i dubbi. Questo doveva essere nelle reali intenzioni del regista che pressato dalla produzione fu costretto a cercare un lieto fine con l’eroe in sella. Il film fu massacrato dai tagli e non riesce a mostrare solo una parte della potenzialità tragica di Peckinpah che fu condannato al silenzio e all’ostracismo delle majors da cui si riscatterà con il capolavoro Il mucchio selvaggio in cui riproporrà il finale nichilistico e distruttivo che aveva pensato per Sierra Charriba. Il film è un colpo di spugna sul mito della Frontiera in una rossa melodia di morte, nella weltanschauung del regista pessimistica in cui i protagonisti non hanno alcuna speranza di riscatto perché hanno perso il loro mondo e il loro essere, Peckinpah inaugura un concetto rivoluzionario di fare cinema con 3643 inquadrature con un montaggio folle alternato da ralenti e sequenze flash.

Questo film segna la morte lenta del western classico, non c’è più John Wayne che si allontana la sera con il calesse assieme a Claire Trevor, i protagonisti sono anziani e sbandati che non possono integrarsi al nuovo corso del tempo perché sono relitti di un’altra epoca e il loro destino è il bagno di sangue finale che i protagonisti accettano con indifferenza. “Why not?” questa è la domanda  che viene data come risposta dalla malandata banda di Pike Bishop con cui il gruppo firma la sua condanna a morte perché sanno che per loro non c’è futuro e non sono più in grado di realizzare un colpo in banca, non sono in grado di stare a cavallo a causa dell’età e ricattati dal generale Mapache che li costringe a depredare un carico di armi necessario alla rivoluzione in un crescendo di violenza che non può essere giustificato che inghiottirà i protagonisti.

A spingere il gruppo di banditi verso l’apocalisse rappresentata da una terribile e sanguinolenta strage sequenza sarà il vincolo di amicizia verso Angel, il loro giovane compagno messicano e patriota che viene truicidato da Mapache davanti a loro. Questo sentimento che fa parte di un’etica ormai tramontata lo si vede nello sguardo che Pike rivolge a una prostituta che sopravvive a un’ecatombe che alla fine investirà tutti e a essere uccisi non saranno solo i banditi e i regulares, ma anche vecchi, donne e bambini e nel ricordo di Deke Thornton che un tempo era stato compagno di Pike e che ora è a capo di una banda di sciacalli che faranno una brutta fine perché in realtà vuole essere ancora una volta al fianco di Pike. Nell’esplosione di violenza nel finale Peckinpah voleva rappresentare gli odiati produttori che gli tagliavano le scene rovinandogli i film rappresentati dagli odiosi regulares messicani falciati dalla mitragliatrice Maxim di Lyle Gorch.

Grazie al successo di Il mucchio selvaggio, Peckinpah raggiunge la cresta dell’onda e può tenere testa alla produzione, purtroppo la sua pessima fama, le sue idiosincrasie e i suoi modi di fare dittatoriali sul set non lo aiutano. Nel 1973 subentra a Monte Hellman per dirigere la versione cinematografica sul più famoso bandito del West, William Bonney alias Billy the Kid e del suo rapporto con Pat Garrett prima amico fraterno, poi passato dalla parte della legge per ucciderlo, questo sarà il suo ultimo film western dal titolo Pat Garrett and Billy the Kid anche in questo caso solo nel 1990 si potè vedere in un buon director’s cut, purtroppo anche in questo caso i produttori fecero il bello e cattivo tempo rimaneggiando la versione finale dell’opera contro la volontà di Peckinpah in cui il prologo e l’epilogo sulla sorte di Garrett, la cui morte non venne mai chiarita.

E’un film struggente e malinconico in cui si rivela la quintessenza del western crepuscolare, Peckinpah va oltre la perdita dei valori dei protagonisti di Il mucchio selvaggio, in questo film l’amicizia viene tradita e calpestata dagli interessi sui quali l’America era diventata “la grande Nazione”. Garrett a differenza dei perdenti della filmografia di Peckinpah si vuole integrare al nuovo ordine rinnegando il suo passato e ponendosi al servizio degli speculatori che non vogliono portare la legge ma la “loro legge”, un “ordine costituito” fatto di prevaricazione nelle praterie e giustificando le proprie azioni per il desiderio di “volere invecchiare tranquillo assieme al paese”.

Billy lotta per la sua libertà e per i suoi discutibili valori. Il legame di amicizia tra sceriffo e fuorilegge, per Billy è inattaccabile mentre per Garrett vacilla per via dei vincoli che ha con i nuovi padroni del territorio: “Le cose cambiano” dice lo sceriffo. “Le cose… non io” replica il bandito.

Questo legame è destinato inevitabilmente ad infrangersi. Quando Billy gli viene incontro disarmato e sorridente, Garrett lo fredda senza pietà, il secondo proiettile Garrett lo destina alla propria immagine riflessa sullo specchio, il gesto di Garrett rappresenta il venire meno degli ultimi residui di onore e lealtà andando incontro a un destino tragico che lo colpirà anni dopo venendo ucciso dai suoi ex datori di lavoro. Nei film di Peckinpah vi è un’esasperazione della violenza, del sangue e della morte che descrive in due trapassi lirici molto toccanti dal punto di vista umano che diventano tre con il già citato Sfida nell’Alta Sierra con la morte di Steve Judd. Una morte “senza parole” quella di Will che dopo essere stato colpito si avvia in silenzio verso uno specchio d’acqua mentre la moglie lo segue e prima di spirare riesce a sorriderle. E infine la morte di Billy che viene raggiunto da Garrett mentre è appartato con una donna messicana. L’uomo di legge si siede sul dondolo della veranda davanti casa regalando a Billy gli ultimi istanti di vita. La pellicola è impreziosita da tanti attori caratteristi della “famiglia” di Peckinpah, dalla colonna sonora e la partecipazione di Bob Dylan nella parte di Alias che è l’“osservatore narrante” e l’unico scampato al massacro della banda di Billy the Kid operato da Garrett.

Tra Il mucchio selvaggio e Pat Garrett & Billy the Kid abbiamo la commedia divertente La ballata di Cable Hague in cui il protagonista è un rude ma simpatico cercatore d’oro interpretato da un magistrale Jason Robards tradito dai compagni Bowen e Taggart e abbandonato nel deserto, si ribella al suo destino dialogando con Dio e “trovare l’acqua là dove l’acqua non c’era” nel momento in cui le forze lo abbandonano. C’è una resurrezione del corpo e della volontà di far rinascere il mito del West in un’epoca in cui la società sta cambiando travolgendo ogni cosa tranne il lotto di deserto che Cable Hague ha trasformato in un paradiso provvisto di pozzi d’acqua e provvedendolo di una stazione di servizio dove un tempo passavano le carovane e che gli dà una certa ricchezza e il rispetto della comunità civile che sta oltre il perimetro del suo microuniverso, si innamora della prostituta Hildy e si vendicherà dei compagni che lo hanno tradito dopo che torneranno a insidiare la sua proprietà. Ma proprio nel massimo fulgore di Cable, il presente si accorge di lui e della dimensione anacronistica in cui vive e prospera e per questo manda un emissario fatale rappresentato da un’automobile portata dall’amata Hildy che travolge e uccide Cable.

La storia a differenza di L’uomo che uccise Liberty Valance vince sul mito cancellando per sempre memoria e ricordo, dopo che gli amici di Cable lasciano il luogo delle sue esequie ognuno prende la propria strada e il deserto riprende il sopravvento e sulla proprietà di Cable torna la sabbia e il vento senza lasciare traccia della sua presenza.

A differenza dei altri film di Peckinpah, il film è parco di violenza grafica con una propensione alla commedia e all’ironia, in alcuni punti è elegiaco e non mancano le critiche al capitalismo visto come un’onda che distrugge il vecchio sistema, negando il self made man che è alla base del Sogno americano. Peckinpah celebra l’avanzata inesorabile del capitalismo che divora ogni cosa compresa quella piccola bolla di mondo nuovo che si profilava, il tempo senza leggi del vecchio West, una società che per quanto grezza aveva una purezza di animo negli uomini che ne facevano parte e che per tenere fede a quei valori erano destinati a scomparire.

Dopo Pat Garrett & Billy the Kid, inizia per Peckinpah un periodo di abbrutimento a causa dell’abuso di alcol e droghe che si ripercuoterà anche sul suo lavoro di cineasta, con i film che gli vengono sottratti dalle case di produzione stanche dei suoi eccessi e che con La ballata di Cable Hogue avevano toccato il fondo. Peckinpah rivolge il suo discorso sulla violenza e sulla corruzione dell’animo umano con film thriller, di guerra, noir, spionistici. Vorrei ricordare un film che non è un western ma rappresenta un inno alla follia e all’autodistruzione che è Voglio la testa di Garcia del 1974, un film che si potrebbe considerare un western moderno poco capito, con tratti grotteschi e sadici, rigettato negli USA ma valorizzato in Europa come opera personale del regista.

Chiudo questo paragrafo dedicato a questo cantore del western crepuscolare e della ribellione con un western attuale, il dolceamaro L’ultimo buscadero ambientato al giorno d’oggi con Steve Mac Queen nella parte del cowboy da rodeo Junior Bonner, il loser per eccellenza di fronte al capitalismo che avanza rappresentato dal fratello Curly un affarista, Junior è però una persona ferma nei propositi e nei valori ma inadatto a vivere nel mondo moderno, un personaggio anacronistico e senza speranza, memorabile è lo scambio di battute con il padre anche lui ex campione di Rodeo Ace Bonner “se questo mondo è tutto dei vincitori, cosa resta ai perdenti?”, Junior risponde in modo pacato “qualcuno deve pur tenere fermi i cavalli”.

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Giovanni Di Silvestre

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