Il caso. La Bifarini: “Le nazioni colonizzatrici sono pro austerity e diffondono miseria”

Ilaria Bifarini
Ilaria Bifarini

Ilaria Bifarini, 39 anni, laureata alla Bocconi in Economia della Punbblica amministrazione e delle Istituzioni internazionali, ha pubblicato I coloni dell’austerity (Altaforte edizioni, pagg. 178, euro 18; introduzione di Marcello Veneziani; ordini: altafortedizioni.it). Il libro rivela le dinamiche del neocolonialismo liberale, liberista e del globalismo che alimentano l’immigrazione.

Il colonialismo è terminato da un pezzo, l’Africa è il continente più ricco di materie prime e gode di piani di finanziamento e di sviluppo della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Inoltre, c’è una politica di partenariato con paesi e multinazionali occidentali. Eppure, mai in Africa c’è stata tanta miseria, emigrazione, analfabetismo, fame, mancanza di politica industriale, altissimo debito pubblico. Che cosa è successo?

“La narrazione del mainstream sul tema dell’Africa è alquanto inadeguata e mistificatrice: si continua ad attribuire le colpe del sottosviluppo endemico di questi paesi al periodo coloniale, nonostante sia passato oltre mezzo secolo. In Africa il FMI (Fondo monetario internazionale) e la BM (Banca mondiale) a seguito della crisi del debito dei Paesi del Terzo Mondo (1982) hanno realizzato, attraverso l’imposizione di politiche neoliberiste molto simili a quelle portate avanti da Bruxelles, un nuovo colonialismo, quello del debito. Le misure di austerity, le stesse applicate oggi da noi per ridurre il debito, hanno ulteriormente impoverito le economie di questi Paesi e ne hanno reso impossibile lo sviluppo”.

Cosa è il neocolonialismo della Cina in Africa? L’espansionismo mondiale della Cina non poteva non puntare al Continente Nero, ricchissimo di risorse naturali e materie prime preziose per il mercato cinese.

“Attraverso una politica di concessione del credito accomodante e di investimenti strategici, la Cina sta conquistando l’Africa: le aziende cinesi detengono ormai più del 65% dei contratti di infrastrutture e controllano le grandi imprese minerarie, petrolifere e energetiche in gran parte dei paesi africani. Il nuovo colonialismo cinese, rispetto a quello esercitato dai poteri occidentali, Francia in primis, presenta l’indubbio vantaggio di non avere nessun legame di passato coloniale. Molti africani si fidano dei nuovi conquistatori, che intanto stanno ottenendo il controllo di tutti i settori chiave, persino quello emergente della telecomunicazione e dei media, costruiscono città fantasma e non mostrano alcun riguardo per l’ambiente né per i diritti umani. Un po’ quello che potrebbe accadere in Italia se non siamo cauti nell’apertura alla Cina. La storia post coloniale dell’Africa rappresenta una lezione e un monito per noi, sotto molti aspetti”.

Perché in Europa molti intellettuali, politici, imprenditori e giornalisti sostengono l’immigrazione favorendo gli interessi economici di Ong, multinazionali, paesi neocolonialisti e governi africani corrotti?

“Credo che una parte sia coinvolta nell’importante giro d’affari e di interessi che deriva dal business dei migranti. Io la chiamo nel mio libro la “finanziarizzazione della disperazione” ed è una delle forme di profitto principali su cui si basa l’attuale sistema economico globale. Per molti altri, invece, dagli intellettuali ai politici, ai giornalisti del cosiddetto mainstream si tratta perlopiù di conformismo ideologico, mosso da ignoranza, pigrizia intellettuale e comodo opportunismo nell’allinearsi dal pensiero unico dominante. La maggior parte dei fautori dell’accoglienza illimitata non conosce la storia post coloniale dell’Africa e preferisce appellarsi all’analisi superficiale e colpevolizzante per cui saremmo noi, in quanto ex colonizzatori, i responsabili e dunque dovremmo espiare una sorta di colpa del passato. I loro pregiudizi ideologici sono tali da portarli a trascurare, ad esempio, che uno dei maggiori imperi coloniali della storia, la Francia, esercita tuttora una forma di assoggettamento politico ed economico nei paesi africani. Prova tangibile è l’utilizzo in questi Stati del franco CFA, moneta considerata coloniale dagli stessi economisti africani. La stessa Francia che respinge alle frontiere i migranti e li rispedisce in Italia, paese già colpito dalla crisi e dall’altissima disoccupazione, che trova nel fenomeno migratorio indiscriminato dall’Africa un aggravante. Purtroppo, è molto difficile far comprendere questa realtà a chi è schiavo di un’ideologia dominante. Spero di esserci riuscita con questo libro”.

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Manlio Triggiani

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