La lettera. Chi ha portato la destra al disastro ora deve remare non pontificare

triremi itacaSiamo stati facili profeti, oltre sei mesi fa, nel presagire il tracollo elettorale di una destra politica “suicidata” dal cinismo finiano e polverizzata dalla moltiplicazione delle sigle.
I rancori, le vendette, i veti incrociati e le tardive furbizie di quel drappello di “colonnelli” cresciuti all’ombra di Almirante e gratificati dal potere berlusconiano, non potevano sortire che la progressiva perdita di visibilità e peso politico all’interno del centrodestra e l’inevitabile disfatta nelle urne, dal Lazio alla Sicilia. Pensare, inoltre, che la straordinaria rimonta del Cavaliere nelle ultime elezioni nazionali potesse garantire, miracolosamente, il salvataggio di alcune tradizionali roccaforti ed il mantenimento, a beneficio dei soliti noti, di certe rendite di posizione, ha costituito il viatico più rapido verso l’annientamento.

Già a metà dello scorso anno (lo avevamo scritto a chiare lettere e veicolato sulla rete) i protagonisti della diaspora missina avrebbero dovuto capire che era giunto il momento di “tornare ad Itaca” e di ricostruire, su antiche fondamenta e moderni pilastri, una sola, grande casa per il popolo della destra italiana: una grande convenzione (gli “stati generali” della nuova destra identitaria, nazionale e sociale) affiancata ed ispirata da una solida e qualificata fondazione culturale in grado, quest’ultima, di offrire memoria e futuro, spunti e progetti, profondità ideale e spessore valoriale ad una nuova rete territoriale di circoli ed associazioni; una risposta, da destra (dignitosa ed orgogliosa), al preannunciato ritorno a “Forza Italia” ed all’immancabile, ennesimo “casting” di fighetti e ballerine!

Purtroppo, dinanzi alla cogente necessità di por mano, convintamente, a fucine e laboratori di nuove classi dirigenti, non più parolaie (quando all’opposizione) e mediocri (se al governo), si è preferito coltivare l’illusione delle “primarie”, svanita la quale, ci si è affidati, nella peggiore tradizione italica, al furbesco “si salvi chi può”, tra sbandate filo-montiane, ritorni ad Arcore ed improvvisati cartelli elettorali; ma è risaputo che la furbizia, in politica, ha gambe, vista e fiato corti, tanto che l’impatto con la dura realtà, se è drammatico per gli sprovveduti, diventa addirittura tragico per i furbi.

Adesso nessuno più appare disposto ad affondare definitivamente e tutti, anche i più cinici dissipatori di uno straordinario patrimonio (alimentato dal sacrificio di tre generazioni), annunciano nostalgici propositi palingenetici, neri, tricolori o a pois……Ma, ad Itaca, ritrovino l’umiltà dell’autocritica e si dicano disposti a remare: portino i libri del loro fallimento e non si illudano di diventarne i curatori.

*  Avvocato,  Deputato Naz.le nella XII Legislatura, Dirigente Reg.le PDL Sicilia

Puccio Forestiere

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