Effemeridi. Quando (nel 1947) combattenti della Rsi e partigiani sognavano la riconciliazione

Campo X, Milano
Campo X, Milano

EFFEMERIDI – 1 Gennaio 1947. A meno di due anni dalla fine della guerra civile, a Perugia si svolge una cerimonia di riconciliazione tra combattenti repubblicani e partigiani. L’iniziativa non ha origini politiche ma banalmente, si tratta di due amici di vecchia data che si sono ritrovati su barricate avverse, il combattente della RSI Bruno Cagnoli e il partigiano Corrado Sassi “Zuavo”, e hanno iniziato un percorso che si è rapidamente esteso ad altri fino ad arrivare ad un documento comune, steso e firmato da fascisti della RSI, partigiani ed altri che non si erano affrontati perché detenuti in campi di concentramento dei Tedeschi e degli Alleati. Il documento-manifesto inizia con la frase “Noi che ci odiammo, noi che passammo i nostri anni migliori nei campi di battaglia e dietro i reticolati dei campi di concentramento….”. Alle parole sono seguiti i fatti: il gruppo di ex avversari la sera dell’ultimo dell’anno del 1946 si sono ritrovati a cena in un ristorante locale. In quella giornata del primo dell’anno, scelto simbolicamente, si ritrovano nel cimitero dove assistono ad una messa in suffragio dei caduti al termine della quale, un partigiano ed un fascista depositano una corona d’alloro al monumento ai Caduti; altri due pronunciano dei brevi discorsi commemorativi, poi, dopo essersi dati la mano, i due gruppi si separano e vanno verso le tombe dei caduti delle rispettive parti.
L’evento ha risonanza nazionale e inizialmente è ben accolto dai partiti politici avversi, sia da “l’Unità”, organo ufficiale del PCI, sia dal neonato MSI (fondato solo pochi giorni prima, il 26 dicembre).
Iniziative analoghe si moltiplicano. La più significativa a Roma dove ex combattenti del Regno del Sud ed ex combattenti della RSI salgono assieme all’Altare della Patria e depongono una corona al Milite Ignoto.
Così ricorderà il momento lo scrittore ex combattente fascista Renzo Lodoli (padre dell’oggi scrittore di successo Marco Lodoli) che partecipò alla cerimonia: “Nella chiesa di S. Agostino (…), schierati fianco a fianco uomini del Nord e del Sud ci ritrovammo ad ascoltare una Messa in memoria dei nostri morti, di quelli di Montelungo e del Senio, di Filottrano e di Garfagnana e d’ogni altro luogo. Ci aveva convocati Piero Operti, storico illustre, antifascista illuminato e italiano verace, in quello che fu, credo, il primo tentativo di pacificazione. Con lui e tutti insieme andammo dopo a deporre una corona d’alloro sul sacello del Milite Ignoto, la portavano un ragazzo della Decima e un fante della Legnano. Rigidi e impacciati, quasi non osavamo fissarci negli occhi. Troppe dolorose esperienze, ancora insuperate crisi di coscienza, troppo sangue ci dividevano. Non c’era odio fra noi, ma neppure amore. Le nostre verità ci sembravano difficilmente conciliabili, refrattarie ad ogni sfumatura interpretativa, ogni osmosi era tra loro impossibile. Eppure ci stringemmo la mano, facendo forza a noi stessi. Perché sapevamo che l’Italia aveva bisogno di tutti i suoi figli di buona volontà per sollevarsi dalle tante rovine, e quelle materiali non erano le maggiori, per riprendere il cammino verso un avvenire migliore””.
In questo clima di tentativo di pacificazione ascoltano sull’attenti l’Inno nazionale il Generale Roberto Bencivenga che era stato nel CLN romano responsabile comandante militare della Resistenza nella capitale occupata dai Tedeschi e il principe Valerio Pignatelli che era stato tra i capi della Resistenza fascista nel Sud occupato dagli Alleati.
E i tentativi di riconciliazione non finiscono qui. Il giorno dopo nuovamente a Perugia, nella Sala dei Notai del Palazzo Comunale si ritrovano ancora gruppi di “ex” e, alla presenza delle autorità locali (Prefetto e Sindaco) e dell’Arcivescovo di Perugia, discutono il testo di un documento-appello da proporre alla gioventù di tutta Italia.
Ancora una volta c’è il consenso di molti, da quello di Mario Missiroli dalle colonne del “Messaggero” a quello di Pietro Ingrao da quelle de ”l’Unità” .
Ma la situazione è destinata a mutare rapidamente. All’interno del PCI evidentemente ha il sopravvento l’ala dura perché nell’edizione del 10 Gennaio compare in prima pagina un comunicato contro “La sconcia cerimonia al Milite ignoto. Nessuna pacificazione con i traditori”, firmato da alcuni personaggi di primo piano del partito e della Resistenza, tra i quali Longo, Boldrini, Moscatelli, Barontini, Moranino e Francesco Scotti.
Del resto le cronache delle giornate di quel Gennaio 1947 non sono certo così idilliache come i tentativi di pacificazione. La sera del primo giorno dell’anno a Barra (Napoli) un corteo comunista si scontra con i qualunquisti. Ovviamente le ricostruzioni dell’evento sono opposte, secondo “l’Unità” un centinaio di comunisti stavano recandosi a portare gli auguri di “buon anno” ai compagni del PSI e passando sotto la sede dell’Uomo Qualunque sono stati insultati, secondo una più probabile ricostruzione, alla sede del partito di destra è stato dato un allegro assalto. Fatto sta che dalla parte qualunquista, sicuramente minoritaria, qualcuno spara e resta ucciso il militante comunista Giorgio Ballerano; lo sparatore…. resta a sua volta ucciso.
A Sciacca (Agrigento) è la Mafia che uccide Accursio Miraglia, segretario della Camera del Lavoro. A Roma, il 5 gennaio a Porta Pia con quattro colpi di pistola viene assassinato l’ex Prefetto fascista di Valona, Wizdman Resilia.
Sempre a Roma, qualche giorno dopo, ci si mettono anche gli ebrei della banda terroristica dell’Irgun Zwai Leumi che fanno scoppiare una bomba in piazza Cavour e lanciano volantini contro gli Inglesi, “oppressori del popolo ebraico”.
Il 19 gennaio si conclude clamorosamente la vicenda iniziata a Perugia. Nella facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo di Roma si ritrovano centinaia di ex combattenti repubblicani ed ex partigiani che hanno risposto all’appello alla “pacificazione” lanciato dallo storico Piero Operti, liberale di destra ma anche ex comandante partigiano in Piemonte. Improvvisamente nella sala irrompe una banda di comunisti, armati di spranghe di ferro e bastoni, guidati da Cino Moscatelli che al canto di “Bandiera Rossa” aggredisce i presenti; una nutrita schiera di universitari neofascisti reagisce con il canto di “Giovinezza” e la rissa diventa generale.
Tramonta così drammaticamente l’iniziativa; resteranno altri tentativi più o meno coperti, portati avanti dal Segretario dei giovani comunisti Enrico Berlinguer e dall’ex combattente della RSI. direttore della rivista “Il Pensiero Nazionale”, Stanis Ruinas.
Ma in quel gennaio si continuerà a morire, soprattutto al Nord, come a Milano dove la Volante Rossa uccide due ragazze, una ex ausiliaria della Decima Mas, Brunilde Tanzi, e la neofascista delle SAM, Eva Maciacchini.
Gli americani, veri padroni in Italia da un lato indicano i comunisti come responsabili di una serie di attentati e di incendi avvenuti nel Paese e dall’altro compiono le loro vendette come la doppia fucilazione di Italo Simonitti, Capitano della Divisione Alpina Monterosa, avvenuta a Marina di Pisa il 27 gennaio. “Doppia” perché dopo la prima scarica di fucileria il giovane laureato in chimica legato al palo era ancora vivo. Scrisse un giornalista italiano destinato alla fama, presente all’esecuzione, Ugo Zatterin: “…un erculeo Maresciallo della Military Police americana ordinò l’intervento del plotone di riserva, per fucilare una seconda volta il condannato, che alla prima scarica non si era piegato sul palo, e, con gli occhi orgogliosamente schivi di benda, fissava ancora disperatamente il cielo”.

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Amerino Griffini

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