Ciclismo. Ecco il Giro d’Italia che quest’anno non si ferma al Sud

Quella della “Rosa” carovana del Giro d’Italia è una delle più longeve tradizioni italiche.

Ogni anno milioni di appassionati, di fronte alla televisione come sulle strade, seguono con fervore le gesta dei loro beniamini, pronti ad emozionarsi di fronte ad una fuga da lontano, uno scatto secco o una potente volata.

Il Giro, vera icona Pop, ha saputo ritagliarsi una propria dimensione storica divenendo, con il calcio e i motori, un momento di svago e passione in grado perfino di attenuare le divisioni sociali nel mito della rivalità Coppi-Bartali -quantomeno in una momentanea apparenza- di un paese lacerato e spaccato dopo i drammi della Seconda Guerra Mondiale.

Allo stesso modo, il decennio compreso tra la fine degli anni ’70 e gli ’80, è quello della infinita rivalità tra Giuseppe Saronni e Francesco Moser.

Fotografie, interviste, istantanee di un’Italia diversa, non meno lacerata del passato ma caratterizzata ancora da tanta voglia di fare e di sacrificarsi.

Sebbene vada detto che ultimamente, complice anche il mercato dei diritti televisivi e i media, la mania esterofila ha dato un maggior seguito ad altre corse, il mito del Giro (basti pensare ad alcune sue ultime declinazioni come  “Pirata” Pantani o allo stesso Nibali) non ha perso il proprio spirito vitale.

La capacità in particolare di organizzare delle tappe sempre molto probanti e un’organizzazione che riesce ad essere costantemente efficiente -a fronte invece di situazioni imbarazzanti che, tanto per fare un paragone, si verificano al Tour- stanno anzi facendo sì che molti campioni mettano il “Bel Paese” come primo appuntamento sulle agende delle rispettive stagioni sportive.

In questo senso c’era grande attesa per la presentazione, avvenuta il 31 ottobre, del Giro numero 102, edizione 2019, che si terrà dall’11 maggio al 2 giugno con partenza a Bologna e arrivo nella splendida cornice dell’Arena di Verona: 21 tappe, per 3.518,5 km, lungo le quali i corridori si sfideranno fino all’ultimo colpo di pedale e senza esclusione di colpi (mancano comunque ancora annunci ufficiali, si parla della quasi certezza di Nibali, dei forse di Sagan, Valverde e Viviani).

Da un punto di vista tecnico, il percorso è valorizzato da una grande varietà delle proprie dinamiche: addirittura la prima settimana è caratterizzata da due cronometro, quella di Bologna lunga 8,2 chilometri e la Ravenna-San Marino, lunga 34,7.

In queste tre settimane, il gruppo avrà modo, già nella prima e non particolarmente tosta sette-giorni, di visitare tanti splendidi gioielli: dai Castelli Romani, a L’Aquila, fino a San Giovanni Rotondo dove non mancherà modo di commemorare Padre Pio.

Con la seconda settimana si comincia a far sul serio: c’è la mitica Cuneo-Pinerolo, il Lago Serraù e il tappone di Courmayeur.

E’ la terza a mettere davvero i brividi; sicuramente sarà questa a decidere gli esiti di questa edizione: su tutte, tra le frazioni, spiccano il tappone con Gavia e Mortirolo e l’arrivo ad Anterselva, dove si dovrò affrontare uno spaventoso dislivello di 5000 metri. Chiusura con la crono di Verona.

A prima vista insomma, vien “l’acquolina in bocca”.

Il fatto che poi sia previsto un solo sconfinamento -per altro a San Marino- non può che far ancora più piacere.

Si evita così la prassi, ormai divenuta quasi “legge” (leggasi alla voce sponsor e diritti commerciali di cui sopra), di far iniziare la corsa all’estero, mantenendola ivi per più tappe.

Nel 2018, per esempio, le prime tappe sono organizzate in Israele.

A ben guardare però, se ci si sofferma sul percorso, appare un particolare quanto mai curioso, sebbene scevro di qualsivoglia complottismo della prima ora.

Al di là di qualche passaggio, nessuna frazione è strutturata nel Mezzogiorno d’Italia. L’unica eccezione è  quell’arrivo di San Giovanni Rotondo. Sembra incredibile che una realtà come quella del Sud, che del resto presenta anche delle interessanti variabili altimetriche e che comunque in quanto a calore non ha nulla da invidiare, anzi, non faccia parte del percorso venturo.

Inutile dire che le polemiche non sono mancate: vi è infatti la percezione tangibile che la visibilità fornita dal Giro possa essere in prospettiva fonte di introiti, anche semplicemente legati alla pubblicità e dunque al turismo.

Attraverso questo sport, tante piccole realtà potrebbero venir di più e meglio valorizzate.

Certo, è anche vero che giocando la logistica un ruolo fondamentale all’interno della macchina organizzativa, per forza di cose qualche regione viene lasciata fuori ma appare comunque irrispettoso che non si sia potuti arrivare ad un compromesso, quantomeno per far partire il Giro o comunque per far arrivare una delle primissime frazioni in una delle città simbolo del Meridione -vedasi con la splendida Napoli-Napoli, prima tappa del Giro 2013 o la Catania-Caltagirone del 2018-, per poi risalire lo “Stivale” nel corso dei giorni.

Sembra però inutile a questo punto recriminare.

Non rimane dunque che ingannare l’attesa in vista dei mesi che ci separano da un altro capitolo di questo splendido libro ciclistico.

Permane soltanto l’augurio che gli organizzatori, in vista delle edizioni venture, riescano di più e meglio ad “incastrare” i tasselli, per garantire almeno tre/quattro tappe “sotto al Lazio”, tornando così davvero ad abbracciare l’Italia tutta.

@barbadilloit

Lorenzo Proietti

Lorenzo Proietti su Barbadillo.it

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