Cultura. La Questione del Relativismo: dal “Falsificazionismo” di Karl Popper alle derive materialistiche moderne

Gabbie del consumismo

La scienza moderna viene alla luce alla fine del lungo “sonno della ragione” che è stato caratteristico del periodo medioevale. Con questo non si vuole intendere che il medioevo sia stato un periodo storico privo di pensatori di grande livello: la patristica dei padri della Chiesa ne è un esempio. Ma durante il Medioevo non si utilizzava il metodo che caratterizzerà la scienza moderna comunemente intesa, ossia il metodo della “prova sperimentale”.  Attraverso il metodo sperimentale, formulato per primo da Galileo, ossia il metodo che mette l’esperimento al centro e prima della speculazione filosofica, il mondo medievale si apre per la prima volta alla modernità. Prima con il Rinascimento, poi con l’Illuminismo, infine con il Positivismo, ogni cosa viene vagliata alla luce del metodo di ricerca sperimentale. Il relativismo, il dubbio contrapposto alla fede, si affacciano nel panorama filosofico, fino a quel momento dominato dall’idea del divino. Il mondo chiuso medievale si apre, e gli studiosi iniziano a elaborare il mondo  e le sue categorie alla luce di nuovi problemi e formulando nuove soluzioni. La teocrazia perde terreno e la scienza si impone.

Nel ‘600 Cartesio formula i principi-base del metodo scientifico. Anche gli empiristi inglesi (Locke, Berkeley e Hume) contribuiscono a demolire l’impalcatura illusoria che la Metafisica opponeva alle scienze della natura. Viene rivalutato il celebre metodo medievale denominato Rasoio di Okkam, metodo euristico consistente nella capacità di giungere al nocciolo del pensiero, eliminando tutte le induzioni errate o scorrette. 

In tempi attuali Karl Popper formula la sua teoria della “Falsificabilità”. Secondo Popper, una teoria può dirsi vera solo nel momento in cui essa è falsificabile. Può sembrare un paradosso, ma in questo è racchiuso il vero fulcro della scienza moderna. Tutte le teorie che hanno fondamento in se stesse, e che non ammettono deviazioni dai loro dogmi fondanti, come ad esempio la Psicanalisi post-freudiana, e l’economia politica di stampo Marxista, non possono dirsi scientifiche. Per Popper, che fu il teorico e il massimo propugnatore della Società Aperta, solo le teorie che possono essere messe in discussione, che ammettono la falsificazione e la perfettibilità dei propri assunti di base, possono essere definite scientifiche. Il concetto di società aperta tuttavia si presta a numerosi fraintendimenti, che rischiano di indirizzarsi verso derive che hanno come approdo il Nichilismo e l’Ideologia Materialistica.   

L’opera di Pier Paolo Pasolini in Italia è stata una testimonianza del cambiamento della società italiana, che è passata in brevissimo tempo da una dimensione agricola ad una dimensione industriale prima e post-industriale poi. Come un rabdomante, Pasolini ha individuato i punti nevralgici, le zone di cambiamento, le resistenze e le sopravvivenze arcaiche all’interno di uno sviluppo tecnologico vertiginoso come quello che investì l’Italia. Nella famosa Lettera a Italo Calvino, contenuta in Lettere Luterane, l’autore polemizza sulla tendenza degli intellettuali a dimenticare il senso del sacro. Per anni, scrive Pasolini, la cultura italiana si è impegnata a combattere contro la tendenza a rendere sacro ogni aspetto della vita associata dell’uomo: il matrimonio, lo Stato, le Istituzioni in genere. La spinta anti-istituzionale ha prodotto fermenti vitali e innovativi, come ad esempio le lotte del ’68, ma ha finito per confluire in una risacca inerte e improduttiva. L’ansia di desacralizzare la società ha portato una serie di problemi, fra cui il diffondersi di atteggiamenti materialistici e ad un edonismo aggressivo e cinico, diffuso soprattutto negli strati popolari, un tempo possessori di una cultura tradizionale e alternativa alla cultura ufficiale. Secondo Pasolini il sacro, ossia il senso di ciò che non conosciamo, ha abbandonato la società, ma quando nell’uomo non c’è più spinta alla trascendenza, l’orizzonte del suo vivere si appiattisce, la sua linfa vitale si essicca fino a spegnersi. 

In tempi moderni, nelle parole del filosofo Emanuele Severino, la Téchne ha assunto una posizione dominante e rilevante, dissolvendo quasi ogni altro strumento e approccio di tipo umanistico. La tecnica e la tecnologia sono il vero credo dell’occidente, perso in quello che i filosofi Theodor Adorno e Max Horkheimer definivano “L’Eclisse della Ragione”. La dialettica dell’Illuminismo consiste nell’idolatria della tecnologia, che prima sgombera il campo dai mostri dell’irrazionale, poi diventa irrazionale anch’esso, nel tentativo di piegare la Natura a ritmi non naturali. I vinti dalla storia, secondo Marcello Veneziani, sono coloro che non hanno creduto nella tecnica, ma hanno perseverato nel credere alla forza di un sopravvivente umanesimo, nel potere pedagogico della morale e nel senso del sacro. E, oggi, si ritrovano dalla parte degli sconfitti.

Un vero scientismo porta alla dissoluzione di ogni fede pacificatoria e illusoria, è vero, ma ci deve mettere in guardia anche sui pericoli che lo stesso scientismo porta con sé. Nessuno rimpiange la dimensione della società orientata in senso teocratico: tutti, o quasi tutti, conoscono i danni che la teocrazia ha prodotto storicamente nelle società occidentali, e i danni che ancora produce in quelle islamiche, dove il problema del rapporto cultura-teologia è ancora nevralgico e ben lontano dall’essere sfiammato e risolto. Tuttavia il contrario della teocrazia, ovvero il materialismo nichilista sta permeando le nostre società. Una società improntata in senso edonistico distrugge ogni relazione fra gli uomini che non sia quella della ricerca del piacere, contrario secondo Freud al principio di realtà. Il senso del sacro equivale al senso del limite: quando neghiamo il senso del trascendente, di ciò che non conosciamo e che trascende le nostre capacità di comprendere, il nostro vivere perde di significato e la società, invece di aprirsi, si chiude, optando per una direzione contraria a quella preconizzata e auspicata da Karl Popper. Mentre l’oriente fatica ancora a liberarsi, come riuscì a fare per primo il nostro Rinascimento, dall’oscurità di una teocrazia tirannica e cieca, l’occidente rischia di tramontare, secondo una celebre definizione di Oswald Spengler, in una barbarie materialistica e immanente.

Bibliografia

Cartesio, Discorso sul metodo, Bari, Laterza, 2004 (1637).

Freud S., Al di là del principio di piacere, Torino, Bollati Boringhieri, 1921.

Popper K., Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 1934.

Popper K., La Società Aperta e i suoi nemici, Armando, 1945.

Pasolini PP, Scritti corsari, Milano, Garzanti, 1974.

Pasolini PP, Lettere Luterane, Torino, Einaudi, 1975.

Severino E., Technè, le radici della violenza, Milano, Rizzoli, 2002.

Adorno TW, Horkheimer M, Dialettica dell’illuminismo, Torino, Einaudi, 1966.

Marcuse H., L’Uomo a una dimensione, Torino, Einaudi, 1964.

Veneziani M., I vinti, Milano, Mondadori, 2004.

Spengler O., Il tramonto dell’Occidente,  Longanesi, 1926.

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Gianfranco Tomei

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