Lettere. Ripartire da ‘AN 2 la vendetta’? Prima si faccia una riflessione culturale

alleanza nazionaleCaro direttore,

osservo con grande attenzione l’evoluzione del percorso di riunificazione delle anime della destra politica andate disperse nell’ultimo ventennio di storia italiana. Un percorso che alcuni vorrebbero far ricominciare da Alleanza Nazionale, il soggetto politico che spense la Fiamma del Msi e che aveva l’ambizione di farla rivivere in forme nuove e diverse in un contenitore più ampio. Era una stagione di passaggio come questa, ma che viveva momenti di grande entusiasmo. In Italia crollava il muro invisibile che aveva costretto la politica a un bipolarismo incompiuto e la speranza era che, finalmente liberata dalla camicia di forza della divisione dei blocchi Est-Ovest, la destra potesse diventare protagonista dell’Italia nuova. An nacque così, sulle ali di questo entusiasmo e non senza polemiche da parte di chi sentiva che quel percorso avrebbe portato alla morte dell’esperienza del Msi che per quasi 50 anni aveva tenuto accesa l’idea di una destra diversa da tutte quelle europee. Una destra-nondestra, sociale ma non socialista, non liberale né tantomeno liberista, non gollista né nostalgica, non nazionalista ma nazionale e comunitaria, non statalista ma con un forte senso dello Stato, conservatrice e rivoluzionaria insieme.

Oltre la destra e la sinistra era uno degli slogan che sul finire degli anni 70 lanciavano i giovani che dalle “fogne” in cui volevano relegarli i loro coetanei antagonisti a colpi di chiavi inglesi o peggio ancora di P38, facevano sentire forte la loro voce. Una voce che lanciava un messaggio chiaro: nuove sintesi politiche, superamento delle vecchie categorie, elogio delle differenze in un mondo che andava conformandosi e che le culture liberiste e comuniste volevano uniformare seguendo disegni solo apparentemente diversi. Era quella un’avanguardia generazionale del pensiero purtroppo marginalizzata dal mondo della destra politica e purtroppo mai più nata.

Bene, ora che siamo al momento in cui, dopo i titoli di coda di un film finito male, si viene presi dalla voglia di riavvolgere il nastro della storia della destra italiana, credo che sarebbe un errore farlo ripartire da An. E non perché quel partito abbia rappresentato, nei fatti, il primo degli strappi che hanno portato al fallimento del sogno coltivato da quattro diverse generazioni di militanti. Quanto piuttosto perché non ci sono le ragioni politiche né tantomeno le condizioni sociali per dar vita ad una rifondazione che parta dal fusto della pianta e non dalle sue radici.

Il film va messo in archivio senza essere presi dall’ansia di un sequel. Non ci sarà un “An2 la vendetta” né ci sono i Rambo che possono tentare di imporla all’attenzione di un mondo che si è sfilacciato e che guarda altrove ormai da troppo tempo. Non possono farlo i Fratelli d’Italia che con la sua giovane e ambiziosa leader tentano di affermare a colpi di flash mob una sorta di grillo-renzismo de noantri: primarie e partecipazione della base (quale?) condita con un pizzico di nazionalismo in stile anni ’80. E non basterà riprendere dal cassetto e mettere sui manifesti la foto impolverata della faccia pulita e onesta di Giorgio Almirante, il cui insegnamento politico e umano è stato negli ultimi 20 anni volutamente occultato per “ragioni di opportunità” dai suoi figli. L’album di famiglia non fa effetto se i nipoti non conoscono più il volto e la storia dei loro bisnonni.

L’operazione di rinascita della destra italiana dovrebbe essere qualcosa di più. Dovrebbe partire da una profonda riflessione storica, culturale e politica per culminare nella nascita di un nuovo movimento che racchiuda in sé i frutti di questa riflessione. Un movimento che deve dare speranza in un futuro diverso da quello che oggi le forze politiche della sinistra dei diritti senza doveri, l’allucinazione del grillismo, il fideismo cortigiano del Pdl e il tecnocratismo centrista lasciano intravedere.

La Nuova Destra deve confrontarsi con i temi etici che caratterizzano questa fase dell’esistenza umana e in cui si scorge l’ologramma di una società atomizzata e chiusa nel particolarismo, fatta di diritti civili individuali che non tengono conto della difesa della vita. Una società in cui si sancisce definitivamente il primato della scienza sull’uomo.

La Nuova Destra dovrà confrontarsi con i temi economici, sempre più invadenti, fatti di modelli ultraliberisti e neokeynesiani attraverso cui si osservano, come in un prisma, le prospettive del mondialismo dominato da Paesi come la Cina e l’India. Un’economia che trasforma, in numeri e in algoritmi, le vite delle persone, che le stritola sull’altare della purezza accademica di teorie tutte ancora da dimostrare e che trasforma per questo le società in cavie da laboratorio.

La Nuova Destra dovrà confrontarsi anche con il pericolo del fanatismo religioso che, quando si sarà posata la coltre di polvere sollevata dai movimenti della cosiddetta primavera araba, potrebbe mostrare il suo volto sempre più minaccioso a poche miglia marine dalle coste italiane che sono ormai territorio europeo. Già, l’Europa. Per molti Patria futura, per altri solo accozzaglia di banche e di affari, una società per azioni controllata dalla Germania e dai suoi satelliti. Bisognerebbe riuscire ad andare al di là dei banali slogan sull’unione politica e del concetto di Stati Uniti d’Europa per cercare di immaginare una sintesi che valorizzi le tre diverse identità culturali e religiose del continente: latina-cattolica, nord-protestante e ortodossa-orientale.

E bisognerà ripensare il rapporto del mondo della destra con la cultura, non solo quella ideologicamente contigua. Confrontarsi con il gramscismo che ha permesso alla sinistra di diventare egemone nella creazione e nella diffusione delle idee attraverso il controllo capillare delle scuole, delle università, dell’editoria.

E’ dalla risposta ideale a questi temi che la Nuova Destra sarà capace o incapace di rivivere, di riacquistare spazio e cittadinanza politica, di attrarre e affascinare le nuove generazioni. La Politica è passione ideale, è cultura, è realismo, è capacità di interpretare il mondo e di immaginarne il futuro. An è solo un frammento, peraltro neanche quello più glorioso, della storia della destra italiana.

Per questo non si può ripartire da lì. Ci dev’essere il coraggio di osare, di affrontare le insidie del mare, avendo nel cuore la nostalgia di Itaca, la Patria ideale, ma con la certezza che tornare indietro vorrebbe dire morire agonizzanti. In fin dei conti era questo che forse si chiedeva ad An, di essere un’arca che doveva traghettare nel futuro una comunità politica che si era spogliata di un’identità e che si affidava ai suoi leader per trovarne una nuova nel segno della continuità. Forse per questo i suoi ufficiali hanno ceduto presto al canto delle sirene del potere e si sono tuffati in mare per inseguirle, incuranti della nave, abbandonando al destino il suo carico umano e ideale e lasciandolo in preda alle onde e ai pirati. Ora di quell’arca rimangono solo rottami e naufraghi traditi. Non c’è futuro in quella storia, c’è solo una lezione da imparare.

* Giornalista, da Matera

Rossano Cervellera

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