F1. La storia del Gran Premio d’Italia nell’autodromo di Monza

Il Gran Premio d’Italia per le autovetture del 69mo Campionato Mondiale conduttori di F1 si correrà, coma da tradizione, all’Autodromo Nazionale di Monza, domenica 2 settembre 2018, alle ore 15.10. Sarà la 14ma competizione dell’attuale stagione. Monza, un tempio, un monumento, un sacrario, dove l’italianità, sia pure declinata in termini di agonismo sportivo, può ancora identificarsi, vibrare, emozionarsi, ritrovarsi. Radici mai rinnegate, appassionate e coltivate con pazienza ed entusiasmo, anno dopo anno.

Nel 1950 il Campionato di F1 si articolò su sole sei gare (più la 500 Miglia di Indianapolis). Negli anni sessanta comprendeva mediamente dieci gare. Negli anni ottanta si è giunti ad una media di sedici gare. Sotto spinta di Ecclestone, per ampliare il numero dei Paesi ospitanti, si è giunti nel 2012 a un calendario con venti gare. Nel 2016 i gran premi disputati sono stati ventuno, record della categoria che verrà nuovamente raggiunto nel 2018. Nel 2016 la compagnia statunitense Liberty Media ha acquistato, per 8 miliardi di dollari, i diritti sul Campionato dalla finanziaria britannica CVC Capital Partners. Così Bernie Ecclestone, dopo molti anni, ha consegnato il “circo della F1” al manager statunitense Chase Carey, nuovo proprietario commerciale dello stesso. 

Sotto la spinta delle esigenze di sicurezza, sono spariti o sono stati radicalmente trasformati i vecchi circuiti caratterizzati da lunghi rettilinei, come Hockenheim e Silverstone. Solo Monza, nonostante una serie di consistenti modifiche realizzate nel corso degli anni, mantiene le caratteristiche che l’hanno resa celebre, definita come “il tempio della velocità”. 

Il 2014 ha segnato una svolta epocale nella storia della Formula 1, col passaggio dai motori 

V8 aspirati ai V6 turbo-ibridi. Sulla spinta dei grandi costruttori e della FIA, al fine di mantenere la F1 massima espressione della tecnologia automobilistica, ed un laboratorio sperimentale, molta attenzione è stata rivolta all’introduzione di nuovi motori turbo da 1600 cc. Propulsori che hanno imposto una profonda rimodellazione di tutte le monoposto. La stagione 2014 e le seguenti sono state caratterizzate dal dominio della Mercedes, che ha interpretato al meglio la rivoluzione tecnologica in atto. Rivoluzione tesa ad economizzare l’uso di carburanti minerali, anche a seguito del Protocollo multilaterale di Kyoto (1997) in materia ambientale circa il surriscaldamento globale e l’impegno per la riduzione delle emissioni di elementi inquinanti.

La Formula 1, massima espressione dello sport motoristico, è nata nel 1948, diventando poi a carattere mondiale nella stagione 1950 con il primo Campionato, vinto dal torinese Nino Farina su Alfa Romeo. Oggi la Formula Uno è regolata dal Consiglio Mondiale degli Sport Motoristici (WMSC) della FIA. Il termine “formula”, presente nel nome, fa riferimento ad un insieme di regole alle quali tutti i partecipanti, le macchine e i piloti, devono adeguarsi; esse introducono una serie di specifiche e restrizioni nelle auto. La stessa ha avuto molti cambiamenti durante la sua storia. L’inizio dell’era turbo-ibrida, come accennato, è la più recente. 

Il Gran Premio d’Italia è una delle gare classiche del Campionato Mondiale. Ed era anche prima del 1950 una delle maggiori del mondo. Solo in 5 occasioni il Gran Premio si è disputato in altre città: Montichiari (1921), Livorno (1937), Milano (1947), Torino (1948), Imola (1980). Il primo Gran Premio d’Italia si disputò il 4 settembre 1921 a Montichiari, su un circuito ricavato da strade aperte al traffico. L’anno seguente fu costruito l’Autodromo Nazionale di Monza e da allora si è sempre corso sulla pista brianzola, fatta eccezione per quattro edizioni (‘37, ’47, ’48, ‘80). Nel 1928 si verificò durante la competizione un gravissimo incidente: Emilio Materassi perse il controllo dell’auto sul rettilineo d’arrivo e a 200 km/h piombò in mezzo al pubblico, assiepato a bordo pista, uccidendo 22 persone. A seguito di questo luttuoso evento nei due anni successivi il Gran Premio non si svolse, riprendendo solo nel 1931. Nel 1937 si corse a Livorno, per ritornare l’anno seguente a Monza. 

Dopo la guerra il Gran Premio riprese nel 1947: la pista di Monza, tuttavia, era ancora inagibile a causa dei gravi danni causati dalle vicende belliche. Si corse perciò in quell’anno a Milano e l’anno successivo a Torino. Dal ‘49 si ritornò sul tracciato monzese. Nel 1950 fu istituito il Campionato Mondiale di Formula 1 e il Gran Premio d’Italia ne ha sempre fatto parte: nei primi anni era la gara conclusiva. Nel 1980, in seguito alle polemiche derivate dall’incidente nel quale era deceduto Ronnie Peterson, il G.P. d’Italia si disputò sulla pista dell’Autodromo di Imola.

L’Autodromo di Monza, circuito  situato all’interno del Parco Reale di Monza, è il terzo autodromo permanente più antico al mondo, dopo quello inglese di Brooklands  (del 1907, non più in uso) e quello nordamericano di Indianapolis, del 1909; è la sede storica del Gran Premio d’Italia, essendosi lì disputato 80 volte sulle 88 totali; dal 1991, con le modifiche al circuito britannico di Silverstone, il tracciato di Monza è il più veloce tra quelli iridati: il record assoluto della pista è di 1’19″525, con una media di 262,240 km/h stabilito nelle prove libere del Gran Premio d’Italia del 2004 dal colombiano Juan Pablo Montoya su Williams.

La costruzione dell’autodromo fu decisa nel gennaio del 1922 dal Reale Automobile Club d’Italia, sede di Milano. Fu costituita la società SIAS (Società incremento automobilismo e sport) a capitale privato, presieduta dal senatore Silvio Crespi. I lavori iniziarono il 15 maggio ed in soli 110 giorni fu completato. Il primo giro completo di pista fu percorso il 28 luglio da Pietro Bordino e Felice Nazzaro su FIAT 570, allora piloti famosissimi.  Il progetto preliminare prevedeva un tracciato a forma di “otto” della lunghezza di 14 km ma, a causa dell’impatto sul Parco, si decise invece di approvare un progetto che utilizzasse in parte le preesistenti strade del parco e limitasse l’abbattimento degli alberi. L’effettiva realizzazione del nuovo impianto fu coordinata dall’allora direttore dell’Automobile Club di Milano, Arturo Mercanti, ed esso fu progettato dall’architetto Alfredo Rosselli. Nei primi anni il Gran Premio d’Italia si svolse sul circuito completo di 10 km.         Nel 1933, durante una gara di contorno che seguiva il più importante Gran Premio d’Italia, Giuseppe Campari sbandò su una macchia d’olio all’ingresso della curva sopraelevata sud ed uscì di strada, rovesciandosi nel fossato che fiancheggiava la pista e morendo sul colpo. Sulla stessa macchia d’olio, alle sue spalle, uscirono di pista anche Borzacchini, Castelbarco e Barbieri: il primo, soccorso ancora vivo, morì poco dopo, mentre gli altri due ne uscirono quasi illesi. Nonostante le proteste degli spettatori la gara non venne interrotta e durante la finale, in un secondo incidente nello stesso punto della pista, perse la vita anche il pilota polacco conte Czaykowski su Bugatti T54. A seguito di questi gravissimi incidenti vennero effettuate variazioni al tracciato per ridurne la velocità. Una di  queste  è  il  circuito  Florio  nel  1935,  che  unisce  parti dell’anello di alta velocità e del tracciato stradale, interrotti da varie chicanes. 

Nel 1939 fu rifatta parzialmente la pista. Il primo anello di alta velocità fu demolito e la pista stradale modificata spostando più avanti la curva del Vialone, che adesso non immetteva più le vetture sul vialone centrale del parco, ma su di un nuovo rettilineo; che conduceva a due nuove curve a gomito prima del rettilineo d’arrivo, sostituendo l’originaria curva sud, le cosiddette “curve di Vedano” o “curve in porfido”, per via del fondo lastricato che le caratterizzava. La lunghezza del circuito diventò di 6.300 metri. (Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Gran_Premio_d%27Italia).

Dalla fine del 1945, e per oltre due anni, il circuito fu destinato allo stoccaggio dei residuati bellici. Nella primavera del  1948 furono iniziati i lavori per rimediare ai danni e tornare alle corse. Nel 1955 il sempre più frequente uso dell’autodromo per i tentativi di record della velocità e il raggiungimento di un (peraltro assai relativo) superiore grado di sicurezza, stimolarono la riprogettazione dell’anello di alta velocità, da costruirsi sulle ceneri del tracciato abbattuto nel 1938. Il progetto fu curato dagli ingegneri Antonino Berti e Aldo Di Rienzo e seguiva esattamente il vecchio tracciato nella parte Nord, mentre la curva Sud veniva arretrata di circa 300 metri per consentire il passaggio del pubblico sul nuovo Viale Mirabello. Il circuito completo ritornava ad avere la lunghezza di 10 km: 5.750 metri per la pista stradale e 4.250 metri per l’anello di alta velocità.

Venne realizzato un nuovo ovale e aggiunta la curva Parabolica. Lo studio portò alla realizzazione di un “catino” capace di mantenere una velocità costante delle auto sia nei rettilinei, sia sulle curve sopraelevate in cemento armato, a pendenza crescente verso l’esterno. L’ovale comprendeva due rettifili di 875 metri e due curve sopraelevate aventi sviluppi quasi simili intorno ai 1250 metri, con raggi differenti: a Nord con raggio 318 metri, mentre a Sud con raggio 312 metri. L’idea di affrontare in piena velocità le curva portò a dover ricorrere alla scelta di costruire una curva con un’elevata inclinazione trasversale, che arriva alla punta massima dell’80% nel settore centrale (corrispondente ad una inclinazione di 38°40′), calcolato sul piano orizzontale. Vennero realizzate 14 torrette di segnalazione ed osservazione. 

L’impianto, nella nuova conformazione, fu inaugurato l’11 settembre 1955 dal Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, in occasione del Gran Premio d’Italia su una distanza di 500 km. Le sollecitazioni centrifughe e di schiacciamento verticale contro il suolo nei due tratti sopraelevati, evidenziarono, tuttavia, problemi fisici ai piloti e vari guasti meccanici (la disconnessione del tracciato, non perfettamente liscio ed uniforme, metteva a dura prova specialmente la resistenza dello sterzo e delle sospensioni) riportati dalle vetture, che indussero i piloti ed i team a escludere l’anello nelle edizioni 1957, 1958 e 1959. Ritornò nel ’60 e ’61. Per qualche anno la struttura venne usata saltuariamente in altre corse.  L’ultima edizione della ‘1000 Km. di Monza’ – categoria Sport-Prototipi che si svolse sull’anello di alta velocità fu quella del 1969, vinta dalla Porsche.  Tutte le Ferrari furono allora costrette al ritiro a causa dei pneumatici che non sopportavano le sollecitazioni  cui venivano sottoposti sulla sopraelevata.

Giunsero l’abbandono, l’incuria. Dopo molte discussioni, nel 2014 è stato avviato il restauro conservativo delle curve (non dell’intera struttura) per la ripavimentazione dell’anello di alta velocità. Per consentire una serie di manifestazioni rievocative e pubblicitarie. I lavori per la ripavimentazione  sono stati affidati ad un’azienda specializzata in bitumi e nella stesura di particolari mastici per sigillare le numerose crepe che si erano schiuse per effetto delle intemperie e che avevano danneggiato il fondo. Però, ad un certo punto l’opera si è interrotta. Ed ora si riparla, purtroppo, di abbattere l’anello in nome dell’ecologia e dell’ambiente naturale da salvaguardare. Poco importa ai ‘talebani dell’ambientalismo’  la distruzione di una testimonianza non fortunatissima, ma assai rilevante della storia dei motori e dell’industria italiana, come è il caso della “mitica Sopraelevata di Monza”, appena la sinistra – con il suo ancestrale,  mai sopito odio verso l’automobile e la benzina – arriva al potere, di un Comune o di una Provincia.

(Cfr.https://www.formulapassion.it/motorsport/storia/la-mia-monza-lanello-di-alta-velocita-184462.html;https://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/monza; http://www.monzasport.it/storia_sopraelevata_monza_01.htm; http://nuovabrianza.it/sopraelevate-monza-autodromo; https://it.wikipedia.org/wiki/Anello_alta_velocita).

                    

                  (Monza, anello. Le curve sopraelevate permettevano elevate velocità. 1955)

L’Automobil Club Italiano nel 1957 e ‘58, organizzò la ‘500 Miglia di Monza’, abbinata alla ‘500 Miglia di Indianapolis’, in collaborazione con l’United States Auto Club e l’Indianapolis Speedway Corporation, gara articolata su tre manches, per un totale di 189 giri.  Nel 1961 si svolse l’ultimo Gran Premio d’Italia nella configurazione di 10 km. ed a seguito dell’incidente mortale in cui perse la vita il pilota della Ferrari, il conte Wolfgang von Trips, urtato dall’auto di Jim Clark, insieme a 15 spettatori sul rettilineo prima della Parabolica  – il più grave mai avvenuto in una gara valida per il Campionato Mondiale di Formula 1 – vennero emanate nuove regole sulla sicurezza dei circuiti. Von Trips era partito in pole e capeggiava la classifica.

Dall’anno successivo si è sempre corso sulla sola pista stradale di 5.750 metri circa. Un 

altro incidente purtroppo noto è quello in cui nel 1970 morì (durante le qualifiche) il pilota austriaco Jochen Rindt. Rindt era in quel momento in testa alla classifica mondiale generale e non fu più raggiunto da nessuno nelle gare successive, diventando così l’unico Campione del Mondo postumo nella storia della Formula 1. Il 25 aprile 1965, si corse la prima ‘1000 Km. Di Monza’ e venne posizionata una chicane prima dell’imbocco della Sopraelevata Sud per rallentare la velocità in entrata delle auto in curva. L’ultima gara ufficiale sulle sopraelevate fu, come detto, la 1.000 km del 25 aprile 1969. Da allora si sono disputate solo alcune rievocazioni storiche. 

Negli anni ‘70, crescendo sempre più la velocità (nel Gran Premio del 1971 fu superata la media dei 240 km/h), e con essa la pericolosità del tracciato, si resero necessari nuovi interventi per rallentare la pista stradale: dapprima furono realizzate delle chicane provvisorie, quindi nel ‘76 si costruirono tre varianti permanenti in altrettanti punti del tracciato (sul rettilineo dei box, alla curva della Roggia e alla curva Ascari). Ulteriori interventi per migliorare la sicurezza furono effettuati nel ’94, ’95, 2000: con essi vennero rifatte la variante Goodyear (quella posta sul rettilineo dei box), quella della Roggia, la curva Grande e le due curve di Lesmo. Negli stessi anni furono anche costruiti nuovi box, più grandi e moderni. Nel 2009 vennero modificati i cordoli alle varianti Goodyear e della Roggia, con lo scopo di evitare tagli nelle “esse” da parte delle monoposto. Dopo le ultime modifiche, la lunghezza del tracciato è oggi di 5.793 metri. Come tutte le piste che hanno scritto la storia dell’automobilismo, anche quella di Monza ha reclamato il suo tributo di vittime. Oltre ai già citati Materassi, Campari, Borzacchini, von Trips e Rindt, tra i piloti d’auto vi hanno perso la vita Arcangeli,  Ascari, Sivocci, Peterson. Quando le pericolosissime monoposto da Gran Premio (rosse per gli italiani, blu per i francesi, verdi per gli inglesi, bianche e poi argentee per i tedeschi), in corse lunghissime, erano l’esaltazione della velocità ad ogni costo, dello sprezzo del rischio, della infinita capacità di osare dell’uomo.

Il tracciato di Monza è veloce ed estremamente tecnico, dove è fondamentale un ottimo setup meccanico e dove l’abilità del pilota in frenata è determinante dal momento che nei 5.793 m. del tracciato brianzolo si contano quattro lunghi rettilinei dove le vetture di Formula 1 superano abbondantemente i 340 km/h. Per questo motivo esso deve essere affrontato con una macchina particolarmente “scarica”. Ciò obbliga le scuderie a sviluppare soluzioni apposite: vengono progettate delle soluzioni aerodinamiche esclusivamente per questo tracciato, unico nel suo genere. 

L’ultima vittoria di un pilota italiano, Ludovico Scarfiotti, risale al lontano anno 1966. L’Albo d’Oro di Monza inizia il 10 settembre 1922 con la vittoria di Pietro Bordino su FIAT 804 e si chiude, per ora, con il trionfo del 3 settembre 2017 con Lewis Hamilton al volante della  Mercedes AMG F1 W09 EQ Power+ .

Tale vettura riprende e perfeziona concetti già utilizzati dalla sua progenitrice, la W08, con alcune sostanziali modifiche. La Mercedes ha poi deciso di riprogettare completamente la propria power unit di potenza per il campionato 2018 per garantire uno sviluppo continuo fino alla prossima generazione di motori, in programma per il debutto nel 2021. Le fiancate della vettura sono strette e filanti, il che fa capire come la Power Unit della stella a tre punte sia allo stesso tempo potente e poco ingombrante. Il passo della vettura è rimasto invariato. Come su tutte le monoposto è stato introdotto l’Halo protettivo.

                                     Meccanica Mercedes  AMG F1 W09 EQ Power+ (2018).   

           Telaio: Fibra di carbonio con struttura a nido d’ape 

            Motore: Mercedes-AMG F1 M09 EQ Power+ V6 turbo 1600 cc             Trasmissione: cambio sequenziale a 8 rapporti + RM, trazione posteriore 

 Passo: 3823 mm 

 Peso: 733 kg             Carburante: Petronas 

La Scuderia Ferrari è la più laureata della storia della Formula 1 e l’unica che ha disputato tutti i Campionati del Mondo dal 1950. La Ferrari SF71H nel 2018 sostituisce la Ferrari SF70H del 2017. Anche quest’anno la rivale da battere, vincitrice degli ultimi 4 campionati, con Nico Rosberg ed Hamilton, appare la tedesca Mercedes, con i piloti Lewis Hamilton (REGNO UNITO), vincitore di 4 Mondiali come Vettel, e Valtteri Bottas (FINLANDIA). Sebastian Vettel (GERMANIA) e Kimi-Matias Räikkönen (FINLANDIA) sono le due prime guide della Ferrari. Dieci le scuderie in campo, cinque  i fornitori di motori (Ferrari, Mercedes, Honda, Renault, Aston Martin). Con la Red Bull quale terzo incomodo. Concettualmente ed esteticamente le auto sono molto simili. I dettagli, le aerodinamiche, le messe a punto fanno la differenza. Solo la Pirelli somministra i pneumatici, in 9 diverse tipologie. 

La SF71H è la sessantaquattresima monoposto realizzata da Ferrari per il mondiale di Formula 1. Il 2018 è il secondo anno all’insegna dei regolamenti che, nella stagione scorsa, avevano introdotto importanti modifiche aerodinamiche e pneumatici più larghi, tutto in funzione dell’incremento prestazionale. Rispetto alla SF70H del 2017, l’interasse è stato modificato, rivedendo sia gli ingombri laterali che il sistema di raffreddamento. Le sospensioni mantengono lo schema collaudato che vede il puntone (push-rod) all’anteriore e il tirante (pull-rod) al posteriore, ma sono state aggiornate sfruttando l’esperienza della stagione con gomme più larghe.  (cfr. http://sf71h.ferrari.com/it/)

                                              Meccanica Ferrari SF71H (2018) 

Telaio: Materiale composito a nido d’ape con fibra di carbonio 

Motore: Ferrari 062 EVO 1.6 V6 turbo ibrido 

Trasmissione: Cambio longitudinale Ferrari 8 marce + RM con comando semiautomatico    sequenziale a controllo elettronico con cambiata veloce

Passo: 3714 mm 

Peso: 733 kg.

Carburante: Shell V-power 

(Di Artes Max from Spain – Ferrari SF71H / Kimi Räikkönen / FIN / Scuderia Ferrari, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=66929247).

Dopo un inizio di stagione entusiasmante, con due vittorie di Vettel, nuovamente le Rosse di Maranello hanno manifestato qualche problema, per poi riprendersi alla grande in Canada ed Inghilterra. Le Mercedes apparivano sempre forti, con l’eterno Hamilton, messe a punto con la teutonica precisione  di  uno  Stato  Maggiore prussiano, alle quali la Red Bull pareva avvicinatsi, con Ricciardo e Verstappen.  La F1 vive oggi sulla rivalità delle tre scuderie. 

Ma a Spa-Francorchamps, in Belgio, Ferrari in vetta, ed è stato straordinario! Vittoria nettissima di Sebastian Vettel (con la solita sfortuna del finlanese) che ha comandato dal primo all’ultimo giro e messo in carniere un successo incontrovertibile, pesante, che gli consente di portarsi in classifica piloti a -17 da Lewis Hamilton, che ha chiuso in seconda posizione.

Sarà la volta  buona  per  rivedere  una  Ferrari aggiudicarsi il Mondiale, ipotecandolo proprio da casa, dalla magica Monza, tempio massimo della velocità di F1?

(Cfr. Paolo Montagna, Monza.Una grande storia – A glorious history, Bergamo, Nada Editore, 2005)

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Gianni Marocco

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