L’analisi. Cinque Stelle “flop” alle amministrative in assenza di “nemico”

Beppe Grillo Holds Final Rally Before Election In RomeIl secondo turno di elezioni amministrative che hanno attraversato il Paese sembra aver messo in evidenza che la difficoltà di attivare il proprio elettorato in assenza dell’adagio manicheo “con noi o contro di noi” non abbia danneggiato soltanto i candidati dell’ex-premier Berlusconi. A farne le spese, infatti, c’è stato anche il Movimento 5 Stelle. Cartina di tornasole del crollo di consensi è la Sicilia, dove i candidati di Beppe Grillo hanno visto le percentuali dei loro voti scendere dalle due cifre delle scorse politiche a numeri che, in alcune città, non superano il 6%: a Catania, con la candidata Lidia Adorno, i grillini sono passati dal 31,8% di febbraio a uno sconfortante 3,2%, a Siracusa la flessione registrata è di quasi il 30% in meno, anche a Ragusa, dove il Movimento ha comunque mantenuto il 16%, i punti percentuali persi sono stati 24. Unici comuni conquistati quelli di Assemini, in provincia di Cagliari, dove nuovo sindaco è diventato Mario Puddu e Pomezia, in provincia di Roma, con Fabio Fucci.

Ma, probabilmente, né la forte astensione, che può aver penalizzato un partito che si basa sul voto di protesta, né la debolezza dei candidati penta stellati, in delle elezioni come quelle amministrative che per antonomasia premiano i candidati locali più noti a scapito del dato ideologico, motivano in pieno un’emorragia di voti così estesa. Da sommare alle cause del risultato deludente, infatti, ci sono anche un clima mediatico sfavorevole e forti tensioni interne al partito che sono culminate nella sconfessione pubblica da parte del leader di Stefano Rodotà. La sconfessione stessa, a dire il vero, più che come paura di Grillo di vedere parte degli eletti scippati da ipotetiche intese con il Partito Democratico, è apparsa come uno scoramento del capo del Movimento con una base, quella virtuale che Rodotà lo aveva votato come proprio candidato alla presidenza della Repubblica, diventata tanto difficile da assecondare quanto quella che oramai siede in Parlamento e preme per uscire dall’anonimato.

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Federico Callegaro

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