Il caso letterario. D’Orrico ci spiega perché “L’estate degli inganni” di Perrone è un noir da non perdere

L'estate degli inganni, romanzo di Roberto Perrone, già firma del Corsera, commentatore per il Giornale e la Gazzetta di parma, scrittore noto ai lettori di Barbadillo
L’estate degli inganni, romanzo di Roberto Perrone, già firma del Corsera, commentatore per il Giornale e la Gazzetta di parma, scrittore noto ai lettori di Barbadillo

Eccoci alla seconda volta di Annibale Canessa, ex colonnello dei carabinieri (il modello è un po’, dal punto di vista operativo, il generale Dalla Chiesa e un po’, per l’uso delle maniere più spicce, il ranger Tex Willer), il super investigatore inventato da Roberto Perrone per rifare la storia più misteriosa e sanguinosa dell’Italia del Dopoguerra. Come sta Canessa rispetto alla sua prima apparizione? Direi bene. Ha trovato un lavoro come agente segreto part time alle dipendenze del prefetto Calandra, uomo di gran classe e fine umorismo. Sta sempre con Carla Trovati, la giornalista del Corriere, professionista impeccabile e amatrice indefessa. All’inizio della nuova avventura, Canessa se la spassa in vacanza a Gerusalemme insieme alla cognata Sara, la vedova di suo fratello, e alla giovane nipote Giovanna. Ovviamente, lo impongono le regole del genere, a Gerusalemme si fa vivo un funzionario del Mossad (vecchio contatto dell’investigatore) e parte una complessa vicenda che riporta Canessa in un passato pieno d’ombre, nella stagione in cui in Italia non fiorivano i limoni, ma si mettevano bombe sui treni e nelle stazioni.

Di quello che scoprirà il nostro agente speciale non dirò nulla, posso solo anticiparvi che si tratterà di un grande intrigo nazionale e internazionale, un giallo fantapolitico e fantadiplomatico. Per esplicita e reiterata ammissione dello stesso autore, il modello che Perrone ha avuto per il suo protagonista e per l’organizzazione generale dei suoi noir è Gérard de Villiers, lo scrittore che da solo teneva in vita una intera collana (i Segretissimo di Mondadori). E, al suo modello, Perrone obbedisce con devozione: già a pagina 26 c’è la prima, vorace, scena di sesso, e da quel momento in poi l’appuntamento si ripeterà a scadenze precise. Questa è una delle prime regole di de Villiers, quelle regole che gli consentirono di vendere centinaia di milioni di copie dei suoi libri. La vedette indiscussa dal punto di vista sessuale (e la valorosa collega Carla Trovati non se ne abbia a male) è Anneke, una assassina a pagamento, spietata ed efficiente, la quale tra una esecuzione e l’altra ama rilassarsi nelle maniere più disinibite e promiscue. Lasciamo la parola all’autore: «Anneke nella sua vita aveva ammazzato ogni genere di essere umano e praticato il sesso in tutti i modi». Questo è il suo epitaffio e de Villiers, io presumo, lo avrebbe sottoscritto con entusiasmo: l’allievo ha fatto tesoro degli insegnamenti del maestro. Siamo solo al secondo romanzo di quella che, penso, sarà una lunga serie e il format inventato da Perrone è già rodatissimo. I suoi personaggi sono diventati subito familiari, come se li conoscessimo da sempre, e mi riferisco alla compagnia di giro che attornia il protagonista: il fido braccio destro ed ex maresciallo dell’Arma Ivan Repetto; i già citati Carla e Calandra; l’impagabile Vampa, l’amico factotum (sembra il Wolf di Pulp Fiction). E ne sono arrivati anche di nuovi ed azzeccati ad arricchire il cast.

Come è lecito aspettarsi da Perrone (bon vivant ed esploratore alla Mario Soldati, lo scrittore su cui fece la tesi di laurea, dei sapori italiani), in L’estate degli inganni (bel titolo), si mangia e si beve bene (anche in una semplice merenda a base di provolone del Monaco accompagnato da un bicchiere di rosso, La Querciola di Massa Vecchia), si dorme in alberghi di lusso, si gira il mondo, si conversa con classe. Appunti negativi? Non avrei mai usato l’espressione «come se non ci fosse un domani» per significare la torrida temperatura di un incontro sessuale. Domanda finale: è giusto giudicare la Storia davanti al tribunale del thriller? Non lo so, però, io mi sono divertito. Così spero di voi. Roberto Perrone è un noirista nato, ne ha il touch. (da 7 del Corriere della Sera, 18 gennaio 2018)

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Antonio D'Orrico

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