Musica. Filippo Destrieri: “Quando Franco Battiato si esibì per Papa Giovanni Paolo II”

Franco Battiato e Papa Wojtila

Ricordi e aneddoti si intersecano con la musica e la vita fino a lasciare tante e svariate emozioni, difficili da sintetizzare“Nei giorni precedenti il mitico e mistico concerto in Vaticano, senza dubbio il più emozionante della mia vita, Battiato se la tirava un pochino, essendo stato il Cantautore prescelto per esibirsi alla presenza del Papa. “Che ci vuole?” diceva Franco, “andiamo lì, suoniamo e torniamo a casa”. Invece lui per primo si è emozionato tantissimo, perché a volte si ricorda di essere umano. Wojtyla era indubbiamente un uomo di grande energia, sprigiona un’energia molto intensa”. Sono queste le parole con cui, a distanza di quasi trent’anni, Filippo Destrieri, storico tastierista di Franco Battiato (dal 1978 al 1997 circa), ricorda l’esibizione in Vaticano, concerto che ha visto per la prima volta un artista sicuramente sperimentale per il panorama italiano, esibirsi davanti ad un Pontefice. Lo raggiungo con una telefonata di sabato pomeriggio. Oggi Filippo ripropone i brani dell’artista catanese (compresi quelli del periodo elettronico) in un progetto dal titolo Equipaggio Sperimentale, insieme a don Marco Rapelli, la cui voce ben si adatta alle musiche e ai testi di Franco Battiato.

https://www.youtube.com/watch?v=IcQAmyJ8UH8

 

FREQUENZE INTERIORI

Un incontro umano – quello tra Destrieri e Battiato – che inizia ufficialmente nel 1978, durante la registrazione dell’album epico L’Era del Cinghiale Bianco, ma che in realtà fermenta un po’ prima negli anni di Fetus, i primi anni settanta, anni in cui Battiato, in preda ad una furia caustica ed iconoclastica e ad una frenetica e famelica voglia di sperimentare, regala al panorama musicale album come Fetus, Pollution e Sulle Corde di Aries. Ricorda lo stesso Battiato:

“(…) Facevo musica leggera, ero a un festival estivo, la Gondola d’Oro, 20 milioni di spettatori sulla Rai. Il direttore d’orchestra fece uno sbaglio pazzesco, la sezione ritmica suonava in Sol e l’orchestra in La. Non sapevo chi seguire. Ho sentito questa voce che diceva: devi fare musica elettronica. Ma non sapevo cos’era”.

I destini di Franco e Filippo si incrociano così, sulle frequenze di un sintetizzatore

Nel 1969, secondo quanto narra la leggenda, Franco Battiato, nel pieno di una crisi esistenziale e artistica, vola in Inghilterra e compra un sintetizzatore VCS3 progettato da Peter Zinovieff, lo stesso che i Pink Floyd utilizzeranno per I Wish You Were Here. Si tratta del primo sintetizzatore portatile la cui prodigiosa capacità sperimentale verrà convogliata dal musicista siciliano in quello che verrà ricordato come il suo periodo elettronico, inaugurato appunto dall’album Fetus.

Sono anni, i primi settanta, di esperimenti al confine tra la realtà e il sogno ed il terreno dell’arte diviene uno strumento per analizzare questo confine ed in un qualche modo abbatterlo. Gli strumenti elettronici consentono questa esplorazione. Nel mondo dei sintetizzatori nascono poi altri strumenti con funzioni analoghe, come l’Oberheim OBX e l’ARP 2600. Proprio quest’ultimo era una merce piuttosto rara nei primi anni settanta, soprattutto in Italia. Uno dei primi ad entrare in contatto con un Arp 2600 e con i mondi che esso consentiva di creare è però Destrieri, divenuto successivamente anche arrangiatore e collaboratore di altri musicisti/artisti del calibro di Juri Camisasca, Milva, Giuni Russo ed Eugenio Finardi. Mai egocentrico o presuntuoso nel talento, Destrieri affianca principalmente il musicista di Milo, in ogni momento artisticamente ed umanamente significativo. “Franco è una persona stupenda. Una persona meravigliosa – ricorda Filippo – Ho lavorato con lui più di vent’anni. L’ho conosciuto negli anni settanta, nei primi anni settanta. Gli anni della musica sperimentale. Eravamo tutti degli sperimentatori e lui era un po’ un innovatore. Era avanti cinquant’anni, realizzava canzoni ancora attuali. Mi piace riproporre la sua musica perché è meravigliosa, la sento dentro come se fosse mia. Lui usava un vcs3 io invece avevo il primo Arp2006, sono stato il primo ad averlo in Europa. Nella tournee dell’era del cinghiale bianco facevamo il repertorio del cinghiale bianco nella prima mezz’ora e nella seconda parte del concerto i suoi magici brani degli anni settanta. Necessitavano quindi strumenti elettronici. Da qui iniziò una collaborazione che diventò sempre più viva. Il mio sogno è fare un happening, un raduno di “abbattiati”, partendo dagli anni settanta, un po’ di Fetus, un po’ di Pollution, un po’ di tutto”.

TRA MUSICA E SOLIDARIETA’

Oltre alla sperimentazione, nella vita di un artista, c’è spazio anche per la solidarietà, e si sa, la solidarietà ciascuno la esprime come può e nella misura in cui la ritiene lecita. E così, nel 1992, Franco Battiato, Filippo Destrieri, Antonio Ballista e Giusto Pio, accompagnati dall’orchestra de I Virtuosi Italiani e dall’Orchestra sinfonica nazionale d’Iraq, si esibiscono nel celebre concerto a Baghdad presso il Teatro Nazionale Iracheno. La spinta umanitaria si realizza qui nella dimensione musicale, attraverso cui un’ora di concerto, fatto anche di canzoni appositamente tradotte in lingua araba, può fare da cassa di risonanza per fornire un po’ di pace (non solo nello spirito) ad un popolo bombardato. Grazie a quel concerto e all’aiuto della Onlus Un Ponte per Baghdad, sono stati portati in Italia dieci bambini, sottratti all’embargo. Il concerto di Baghdad è uno dei concerti più intensi di Battiato, anche in virtù della sua componente sociale. Celebre è la versione araba di pezzi docili e intensi come preghiere quali L’Ombra della Luce.

I ricordi di Filippo sono indelebili. “Si è rivelato un viaggio intenso. Per via dell’embargo. Siamo atterrati in Giordania e abbiamo proseguito con le Jeep fino a Baghdad, con l’orchestra che ci seguiva in pullman. Il viaggio è durato una notte. Abbiamo poi visto l’alba a Baghdad, un vero spettacolare miraggio come può essere un paesaggio arabo.  Dall’altro lato quell’esperienza mi ha fatto capire quanto la guerra e i bombardamenti possano essere disumani. L’embargo poi ti fa capire come le cose per noi fondamentali possano esaurirsi da un giorno all’altro. Non c’era posto neanche per i medicinali”.

L’umanità ed il talento di Filippo Destrieri si denotano dalla riservatezza con cui vive il suo ruolo di musicista e di artista, supportati dalla definizione, energica e vibrante, con cui descrive il fare musica.  La musica la si sente da dentro, come se una serie di vibrazioni ti guidassero nella composizione dei brani. Non c’è metodo che possa insegnare a creare un’armonia, la musica è libertà. “Si nasce per fare musica. C’è una forte spinta interiore che ti fa suonare, che ti fa entrare dentro i suoni”. 

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Stefano Sacchetti

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