L’anno scorso, a questo proposito, è uscito un film che si propone di superare e scardinare tutta una serie di pregiudizi buonisti. Si intitola Brutti e Cattivi, per la regia di Cosimo Gomez.
Il titolo è volutamente caustico, mentre il film è eccessivo, volutamente eccessivo, in alcune angolazioni volutamente, sentitamente e, perché no, orgogliosamente, trash. Per questo geniale. Un film che travalica i limiti, i limiti imposti dalle paure del così detto linguaggio politicamente corretto, della decenza, dello stereotipo, del pregiudizio. Paure? Ma quali paure? Paura della diversità, sintetizzata nell’eterna lotta tra il sentirsi diversi e l’esserlo per davvero.
Il Papero (Claudio Santamaria, magistrale, in uno dei suoi ruoli più incisivi) figlio di circensi, nato senza gambe, struttura la sua vita su espedienti vari ed elemosina, assembla una banda sgangherata per compiere una rapina con un duplice scopo: arricchirsi per arricchirsi e arricchirsi per installarsi due protesi al titanio ed acquisire una totale mobilità. Si circonda di complici con diverse disabilità come La ballerina, sua compagna senza braccia; Ciro Carbone in arte Plissè, rapper scassinatore affetto da nanismo e Giorgio Armani detto IlMerda (Marco D’Amore, il Ciro di Gomorra) affetto da disturbi psichici. Degna di nota anche la parte del celebre musicista/attore/artista Fabiano Lioi, nel ruolo di informatore.
Anziché risultare un patetico carosello che rappresenta i dannati della terra, Brutti e cattivi smonta pezzo per pezzo l’impalcatura della rappresentazione conformistica della disabilità al cinema, sporcandola al punto giusto, rendendola però molto più umana e molto più veritiera.