Un errore, più che una gaffe. Perché, così facendo, Guido Crosetto legittima l’unico tema che è rimasto alla sinistra per tenere il centro sul ring del convulso dibattito politico nazionale, capace di tornare indietro di decenni mentre il Paese affronta una crisi di sistema non più ignorabile.
Così la pensa Pasquale Viespoli che da anni si batte affinché la destra torni a pensare lungo, da forza ricostituente di un Paese lacerato dalla superficialità della politica.
“Ho sentito le dichiarazioni di Crosetto come quelle di un parente lontano. Non si può assecondare una deriva pericolosa sul piano politico e culturale. C’è da fare una riflessione importante in questo momento e che non si può semplificare con una battuta”.
La situazione, per Viespoli, è molto più complessa di quanto possa apparire a primo acchitto. “Di fronte a un fallimento storico e a una crisi di identità e di attrattatività della sinistra è evidente che il recupero dell’antifascismo rappresenta un modo per recuperare, alla sinistra, identità e attrattività. Ma è un atteggiamento cinico ed irresponsabile perché l’antifascismo diventa strumento di speculazione elettoralistica con la conseguenza evidente della demonizzazione dell’altro. Ed è quello che sta accadendo in un Paese che invece ha il dovere di ricercare una lettura e una narrazione del Novecento per una storia comune”.
Le frasi pronunciate in tv dall’esponente Fdi, perciò, non sono da rubricare a una gaffe, dettata da un eccesso di zelo “pacificatorio”. Perché, negli effetti, comporta conseguenze politiche importanti.
“Da parte di Crosetto – afferma Viespoli -, un esercizio di politicamente corretto funzionale al cinismo della sinistra escludente. È un errore imbarazzante che dimostra subalternità al pensiero unico. Con il Novecento bisogna ancora fare i conti. C’è il nodo ancora irrisolto dell’otto settembre, quello della morte delle Patria. Ma se li dobbiamo fare noi, a maggior ragione deve farli la sinistra che non può cancellare le sue responsabilità, non possono pensare di cancellare la storia che racconta le atrocità del comunismo. A maggior ragione, quindi, non si può avallare il progetto di secessione della memoria che sogna di compiere questa sinistra che non ha più identità e ha esaurito da tempo la sua spinta propulsiva. L’aver rivendicato questa posizione da coordinatore nazionale del partito – conclude Viespoli – solleva un altro interrogativo: chi ha deciso, dove sono state discusse queste posizioni nella linea politica di Fratelli d’Italia? C’è una deriva lideristica o c’è ancora spazio per il dissenso in Fdi?”