PatriotiAlVoto. Viespoli: “Destra diffusa ma frantumata (col rischio di essere ininfluente)”

viespoliConclusi gli adempimenti formali e politici, i partiti italiani si lanciano nell’agone elettorale. Il 4 marzo sarà il giorno più lungo. E in vista delle elezioni avviamo un ciclo di interviste per capire priorità, errori, punti di forza e di debolezza, del voto e delle istanze patriote. Pasquale Viespoli, figura storica della destra meridionale, analizza il momento e soppesa le strategie della politica nazionale.

Liste presentate, schieramenti ai blocchi di partenza. Che campagna elettorale ci aspetta?

Vuota di idee e piena di propaganda. Del resto siamo nell’epoca del pensiero breve.

 

Su quali temi si giocherà la partita elettorale?

Le tasse per Berlusconi, l’immigrazione e la “svolta nazionale” per Salvini. Difficile individuare un tema che richiami immediatamente alla destra che ancora non coglie l’esigenza di farsi carico della nuova questione meridionale per una nuova unità nazionale.

Il manifesto della Meloni è un richiamo in tal senso ma è troppo poco per diventare una campagna. Sicché nell’immediato, a mio avviso, per rafforzare il messaggio avrebbe dovuto candidarsi al Sud.

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Questa legge elettorale, incomprensibile, quali effetti rischia di produrre?

Il Rosatellum rafforza la sovranità padronale, le elezioni servono per ratificare i pacchetti elettorali non per scegliere i candidati. L’eliminazione del voto disgiunto stabilisce il principio del vota uno e prendi due. Così la quota maggioritaria diventa una finzione, perché in realtà è tutto proporzionale e questo determina il prevalere della competizione rispetto alla coalizione. E renderà ancor più complicato il dopo elezioni. Non a caso il centrodestra guarda al turno elettorale come a una sorta di primarie per la premiership. Verrebbe da chiedersi per quale governo.

La verità è che il Paese avrebbe necessità di aprire una stagione costituente, per affrontare la crisi di sistema, per determinare il cambiamento. E la destra dovrebbe essere in prima linea nel prospettarlo. Altrimenti si rischia di banalizzare anche il richiamo al presidenzialismo, come una sorta di vuoto rituale.

Cosa dovrebbe, o avrebbe dovuto fare la destra?

La destra sembra ormai prigioniera della frantumazione e non riesce a trovare una forma organizzata per rispondere all’esigenza di una nuova offerta politica.

Fratelli d’Italia non riesce a superare la frammentazione, non riesce ancora ad essere attrattiva ed inclusiva. Il problema resta e dopo le elezioni bisogna trovare i luoghi del confronto, e capire se il partito personale consente spazi di dissenso e di critica.

La destra è fortemente presente nella società nella quale viviamo. Più che un problema di leadership è un problema di qualità della rappresentanza e dunque di qualità della proposta. Serve cultura di governo.

A proposito di ricerca del consenso, come va ponendosi la destra su questo aspetto fondamentale della politica?

I metodi di conquista del consenso fanno da spartiacque tra il vecchio e il nuovo. Ed è vecchio, profondamente vecchio, pensare all’aritmetica più che alla politica, alla sommatoria più che alle idee. Con i micro notabili e le loro micro clientele si rafforza il trasformismo e si dà spazio alle liste di scopo e ai professionisti del voto marginale.

@barbadilloit

 

Giovanni Vasso

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