Il libro vanta la prefazione di Pablo T, scrittore affermato, noto al grande pubblico per il suo romanzo “Verrà qualcuno a salvarti” (secondo nell’ottobre 2016 al premio letterario “Un libro per il cinema” di Roma, chiudendo davanti a “La casa delle signore buie” di Pupi Avati) e attualmente in libreria con la trilogia “Bloody Comedy”.
Un romanzo che racconta la storia di un uomo costretto a fare i conti con se stesso e con la sua fede a causa della morte improvvisa del figlio. Con uno stile psichedelico e claustrofobico, il racconto si snoda anche attraverso articoli di giornale e inserti pubblicitari, previsioni meteo e oroscopi. Ne esce un quadro fosco e stracolmo di interrogativi, gli stessi che il lettore alla fine sarà costretto a porsi. “Credo – spiega Massimo Colonna – che la scrittura debba il più possibile andare verso una rappresentazione della realtà. Ma non una realtà intesa in senso generale, ma intesa come realtà di tutti i giorni. Quindi non lineare. Quante informazioni ci arrivano durante una giornata? Quanti temi e problemi siamo costretti ad affrontare uno dopo l’altro nel corso delle ore? La realtà di una nostra singola giornata non è lineare. E con questo lo stile cerco di andare in questa direzione. Un po’ quello che sosteneva David Foster Wallace, lo scrittore statunitense morto suicida, che io apprezzo molto”. “Ognuno di noi – prosegue l’autore – un giorno deve affrontare il proprio rapporto con suo padre, sia celeste che terreno, o con suo figlio. Ma il racconto in realtà rappresenta solo un mezzo per arrivare ad altro: qui non c’è la storia di Massimo, di questo o di quest’altro, qui c’è la storia di nessuno e quindi la storia di tutti. Una storia che parla ad ognuno di noi, che vuole mettere il lettore davanti allo specchio per chiedersi: ‘Sto facendo tutto quello che posso?’. E’ una resa dei conti con se stessi”. “Colonna – spiega Pablo T – ordisce una storia introspettiva e psicologica dallo stile psichedelico che punta i riflettori sul legame viscerale e complesso tra padre e figlio, creando nel lettore un senso claustrofobico che lo porterà al termine dell’epilogo a interrogarsi sui grandi quesiti dell’esistenza”.