Cultura. Ritornare alla Bellezza, facciamo un convegno sul poeta Gottfried Benn

Un'opera di Mario Sironi
Un’opera di Mario Sironi

Ad una cultura senza punti di riferimenti, vorremmo opporre la ricerca della forma o un retour à l’ordre che tenga insieme simboli e storie distanti dal caos individualistico del gusto. Per questa sensibilità critica, ci ispira l’opera di Gottfried Benn (1896/1956), l’artista della forma, il poeta della dignità del silenzio. Medico dermatologo e delle malattie veneree. Poeta incisore di parole. Un aristocratico dell’emigrazione – diceva lui – in quanto ufficiale dell’esercito. Tedesco del primo nazionalsocialismo. Poi aspro critico della politica del Terzo Reich. Saggista raffinato. Intellettuale polemico con chi pensava di scrivere libri insieme agli operai. Nichilista che colloquiava idealmente con Nietzsche. E odiato dai pensatori della distruzione della ragione ma imbavagliato dai vincitori nel 1945.  Ora lo rimette al centro dell’attenzione Amelia Valtolina, intelligente germanista, che cura “La nuova stagione letteraria” (Adelphi, 2017) del Benn saggista, tutta prosa lucente e affilata.

Con una conferenza alla radio, Benn anticipava le sue idee: rimproverava chi pensò di cambiare il mondo con un libro. Pungeva la cultura engagé che pretendeva di parlare in nome di tutti. Ritroviamo così una storica disapprovazione delle culture di moda del XX secolo, nell’opera curata dalla Valtolina, la quale è da sempre traduttrice eccezionale delle poesie benniane.

L’occasione ci spinge a riaprire il dibattito su Benn. Così ritorna la memoria di alcune liriche. Come ‘Aprèslude’ che appartiene al periodo 1949/1955. È poesia questa dell’ultima essenza.  È parola che trasforma il fiato in consiglio. È soluzione gnomica che ben sussurra, “Devi saperti immergere, devi imparare / un giorno è gioia e un altro obbrobrio, / non desistere, andartene non puoi… Nessuno sa dove si nutrono le gemme, / nessuno sa se mai la corolla fiorisca – / durare, aspettare, concedersi, / oscurarsi, invecchiare, aprèlude.”

Questi versi di una speranza insolita sarebbero la giusta apertura per un convegno sul poeta di ‘Poesie statiche’. Chi scrive ebbe la fortuna, in un lontano 1984, di partecipare ad un seminario romano del Goethe Institut in cui fu collocato il poeta al centro della cultura occidentale. C’erano Ferrucio Masini e Paolo Chiarini. Ma, nella sede del Goethe Institut, prima di tutto, erano presenti intellettuali, non di Destra, coinvolti da una prima istanza post-ideologica. A tale esperienza è opportuno ispirarsi per ritrovare un nicciano che si domandava “da dove venga la dolcezza e il bene” senza saper darsi una risposta.

Nelle scuole le poesie di Benn non sono mai entrate. Proviamo a pensare ad un’esperienza di ricerca che vada oltre il cliché del poeta di ‘Morgue’ notaio gotico della fine. Per un aggiornamento critico, leggiamo sì il recente libro di Andrea Colombo, ‘I maledetti. Dalla parte sbagliata della storia’ (Lindau, 2017). Ecco il Benn nominato come l’espressionista da Colombo. Però non condividiamo più la categoria della maledizione per un’intellighenzia che fu travolta dalle passioni tragiche del secolo. Invece, negli anni Novanta, un libero Pietro Citati scrisse un articolo meraviglioso, “Gottfried nera cicala’, una voce implacabile e vera. E quel Citati, famoso e laico, descrisse il sepolcro di Benn, ossia una tomba immeritata, “polverosa, abbandonata, coperta di erbe e ragnatele.”

Un convegno per Benn. Lo lanciamo adesso da queste pagine. Sicuri del collegamento ideale con il tormento del poeta medico che scriveva “La nostra Europa invece! / fondamento originario dell’animo forse…” A questi versi rimaniamo metaforicamente attaccati.  Per sentire, con l’artista, che  l’occidente europeo è un vecchio pugile; ne ha prese tante; e su di lui stanchezza e lividi. Ma grazie a queste parole di Benn, accarezzeremo le antiche statue mozze in cui dorme la bellezza europea e osserveremo la natura che “vuol fare le sue ciliegie / anche con pochi bocci in aprile”.

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Renato de Robertis

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