L’intervento. Perché la Meloni ha fatto bene a contestare il neoregionalismo autonomista

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Il referendum, il Rosatellum, il nuovo simbolo elettorale; iniziative, provvedimenti e scelte che hanno posto e pongono la Lega di lotta e di governo al centro dello scenario politico.

Il neo regionalismo autonomista ha permeato destra e sinistra e persino chi è cresciuto a Stato e Nazione. Trasbordo ideologico inavvertito o in alcuni casi,  più prosaicamente, l’appeal della “seggiocrazia”. In ogni caso, si è determinato un clima da pensiero unico, che ha ridotto drasticamente lo spazio per una riflessione critica, rispetto a un paradosso politico.

Il centrodestra ha legittimato la Riforma scellerata del 2001. Nel 2001 il centrosinistra, per finalità prevalentemente elettoralistiche, manipolò la Costituzione per approvare una riforma-manifesto, per “parlare” direttamente all’elettorato del Nord, dopo il fallimento, nonostante i dalemiani ammiccamenti “biblici”, del tentativo di alleanza con la Lega di Bossi.

Un’operazione spregiudicata e con una carica dirompente per gli equilibri istituzionali e la coesione nazionale.  Basta combinare la lettura del 116 con il 114 e il 119.  L’articolo 114 segna il superamento della verticalità e della gerarchia delle istituzioni per affermare una visione orizzontale che va dal Comune allo Stato, posti sullo stesso piano. Con il 119 si cancella il Sud dalla Costituzione; il riequilibrio Nord-Sud non è più un elemento fondante della Repubblica, una missione nazionale.

Dopo 15 anni, il centrodestra determina l’avvio del percorso del federalismo differenziato, uno dei punti più complessi e controversi della Riforma, potenzialmente secessionista.

L’accelerazione referendaria, svincolata da un contesto di riforma organica delle istituzioni, in un Paese a bassa statualità, non poteva non produrre effetti divisivi. Il giorno dopo, infatti, il Governatore veneto è andato oltre il federalismo differenziato (il trasferimento di poteri e competenze alle Regioni, a finanza invariata) con la richiesta di autonomia speciale e più “sghei”.

Contemporaneamente, sul piano politico e dell’informazione, sono ritornati i professionisti dell’antimeridionalismo, per riproporre l’antagonismo territoriale e la contrapposizione Nord-Sud. Il “residuo fiscale” è diventato la motivazione per riproporre una narrazione manichea, fuorviante e luogocomunista. Il Nord buono e produttivo, il Sud cattivo e sprecone, la locomotiva e la zavorra, l’ordine della Mitteleuropa e il caos del Mediterraneo.

Il referendum ha sommato sindacalismo territoriale e mobilitazione popolare, determinando un esito  istituzionale e politico, di grande valenza simbolica: la sovrapposizione-identificazione tra Nord e Lega. La modifica del simbolo elettorale è una logica conseguenza. L’eliminazione della specificazione geografica non indebolisce la caratterizzazione identitaria e, contemporaneamente, rafforza l’attrattività della Lega di lotta per ulteriori spazi di consenso, anche al Sud.

La Lega “nazionale” risponde anche ad un’esigenza tattica nella competizione per la leadership, nel  bipolarismo interno al centrodestra e rafforza l’effetto-tenaglia nei confronti della Destra. La legge elettorale è funzionale al rafforzamento dell’asse del Nord. Non a caso, ha trovato Forza Italia e Lega convergenti e determinanti per l’approvazione. In tale contesto, è evidente il rischio della doppia marginalità, politica e territoriale, della Destra e del Mezzogiorno.

La posizione assunta dalla Meloni sul referendum è stata giusta e opportuna per ribadire autonomia e diversità politico-culturale. Il realismo non coincide con l’assenza di un profilo, di un’identità. Si è isolazionisti quando non si ha ruolo, quando si è privi di senso. Guardare a un’alleanza, significa rafforzare proposta e radicamento. Il Sud merita un nuovo racconto e una diversa rappresentazione e di una forza politica consapevole che lo sviluppo del Sud coincide con l’interesse nazionale. C’è bisogno di una forza di visione e cultura nazionale, capace di prospettare tra Nord e Sud un nuovo Patto che indichi l’unità come traguardo in un Paese disunito e diseguale. Nell’epoca della globalizzazione, chi pensa di poter competere nella “ridotta” regionalista, finisce per consegnare Milan e Inter nelle mani dei cinesi.

*Associazione MezzogiornoNazionale

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Pasquale Viespoli Mario Landolfi

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