Restando in Sicilia, la finalissima (si fa per dire) vede impegnati il centrodestra versus l’onda grillina. Una partita aperta ad ogni risultato, appunto perché i due interpreti sono rappresentanti di due Sicilie che a pari diritto rivendicano un cambio di passo rispetto al quinquennio Crocetta. E se Cancelleri incarna la protesta; Nello Musumeci può sfoggiare un curriculum amministrativo sine macula. Entrambi devono fare i conti però con due fardelli pesantissimi: quello a Cinque stelle fa il paio con il primo scorcio dell’esperienza Raggi a Roma, impantanata in fin troppe gaffe e nella sensazione assai condivisa di una mancata autonomia decisionale rispetto ai vertici del Movimento; Musumeci si trascina dietro invece una coalizione che ha in seno fin troppi personaggi contigui alle stagioni a guida Cuffaro e Lombardo. C’è però che nei dieci anni al vertice della Provincia di Catania, l’esponente cresciuto nell’Msi ha saputo assembrare il piglio decisionista alla capacità di mediazione con l’ala centrista della coalizione e con i berlusconiani della prima ora. Ma la Regione è ben altra cosa.
Tuttavia, il limite di aver a che fare con dei partner – per quanto ingombranti – vale pur sempre come un vantaggio di partenza: il sostegno di cinque liste (Forza Italia, Udc, Fdi-Ncs, Diventerà Bellissima, Popolari e Autonomisti) può innescare il trascinamento di un numero di candidati nettamente superiore a quello di Cancelleri, che in perfetto stile Cinque stelle, non ha accettato apparentamenti con nessuna formazione esterna. Un’intransigenza che può inibire inoltre l’ala più moderata del centrosinistra, tentata di azzardare il voto disgiunto in favore di Musumeci in vista di un più facile dialogo parlamentare all’indomani del voto.
Al di là dei tatticismi, c’è da fare i conti con una legge elettorale che non ammette secondo turno, consegnando la palma della vittoria al candidato presidente che domenica raccoglierà anche un solo voto in più rispetto al secondo arrivato. Un meccanismo difettoso che sicuramente stona con la quadripolarizzazione in corso, ma che da qui al 5 novembre non sarà di certo mutato.