Scenari. Alla destra italiana non basterà sognare la piazza parigina di “Manif pour tous”

parigi Ci sono due modi sbagliati per rapportarsi alle manifestazioni che hanno animato la piazza francese negli ultimi giorni. Due modi antitetici ma che hanno un punto in comune: il fatto di guardare agli altri con le categorie che già abbiamo in testa. È lo sguardo ideologico sulla realtà, eterno ostacolo a ogni sano realismo. Il primo sguardo ideologico è ovviamente quello della sinistra, che ha rispolverato la solita architettura linguistica orwelliana sulla «Francia dell’odio» (Barbara Spinelli), sulla «Restaurazione Francese» (Huffington Post) e via delirando. Ma questo non ci stupisce più, è la solita incomprensione progressista per il popolo in carne e ossa, per il paese profondo.

Più inedita e allarmante è invece la lettura che viene proposta in queste ore dall’opinione pubblica del centrodestra italiano, complici anche i risultati non esaltanti delle elezioni amministrative. «Facciamo come in Francia», si sente dire da più parti. Almeno nella base, perché paradossalmente  i vertici del Pdl proprio in queste ore stanno aprendo alle unioni gay. Il che – a prescindere dalla valutazione di merito – è davvero singolare dal punto di vista della strategia politica. Ma questo è un altro discorso. Dicevamo della base e dell’attrattiva suscitata dalle oceaniche manifestazioni francesi. Attrattiva ovvia e naturale, ma declinata spesso in maniera sbagliata. Come se bastasse domattina indire una manifestazione contro i matrimoni gay e a favore della “famiglia tradizionale” per risolvere come d’incanto tutti i problemi della destra italiana. Ovviamente non è così.

Il successo di “Manif pour tous” è infatti incomprensibile senza calarsi nel contesto della società francese. Quello che ha invaso Les Invalides è il popolo degli umiliati e offesi da decenni di folle sperimentazione mondialista. Da anni la Francia è in mano alla dittatura di centinaia di Boldrini più incazzate e più intolleranti, che hanno vilipeso e deriso ogni brandello di identità nazionale. La legge Taubira (che non è solo un testo che dà cornice legale alle unioni omosessuali, quello i francesi ce l’hanno da anni con i Pacs, è molto altro e molto peggio) è stata solo l’elemento scatenante di una rabbia covata in sordina da anni: chi è sceso in piazza stava gridando al Palazzo che il popolo francese esiste ancora. Ridurre tutto alla questione “nozze gay sì – nozze gay no” è riduttivo.

“Manif pour tous” ha inoltre segnato una evoluzione della piazza di destra. I cortei sono stati allo stesso tempo più radicali e più posati di quanto ci si potesse aspettare. Le photo gallery, persino quelle riportate dai media antipatizzanti, mostrano una piazza priva di quegli aspetti folcloristico-beceri che sarebbe stato scontato attendersi. Niente personaggi improbabili, niente battute facili (una cosa simile da noi si riempirebbe di striscioni casarecci con freddure sguaiate su Vendola). I manifestanti avevano i volti di persone normali, molti erano giovani, moltissime le ragazze. Intervistati, i partecipanti al corteo parlavano di crisi economica, di temi reali. Niente a che vedere con la marginalità numerica, politica e estetica dei gruppetti pro-life italiani. Ma anche niente a che vedere con il popolo un po’ attempato, simpatico ma innocuo, che affolla i vari Family day e simili.

Del resto la piazza francese ha mostrato anche una notevole capacità di sano spontaneismo e di giusta conflittualità, mettendo da parte la presunta leader del movimento Frigide Barjot, ormai incapace di tener testa alla manifestazione, e alzando le barricate quando ha ritenuto che fosse necessario farlo. E anche questa è una bella novità per la destra francese recente, dall’imprinting così legalitario.

“Manif pour tous” è peraltro un fenomeno destinato ad autoneutralizzarsi. La legge Taubira è già stata approvata, i partiti di sinistra, sulle prime spiazzati, invocano ora la repressione, la reazione poliziesca è stata tremenda (300 arresti, come in tutto il G8 di Genova, un numero superiore dalle sette alle quindici volte i fermi per i disordini della racaille dopo la vittoria in campionato del Psg, con vetrine saccheggiate e auto bruciate). Del resto la piazza, per definizione, non può durare all’infinito, quindi le velleità imitatorie del centrodestra italiano sono già in ritardo. Ai francesi spetta ora il compito di valutare se le manifestazioni di questi giorni abbiano svegliato forze sopite, tanto in termini di opinione pubblica piccolo borghese che di militanza tornata in azione. Gli italiani, invece, devono ancora risolvere le loro contraddizioni di sempre prima di sognare il loro joli mai. Anche perché ormai è già giugno.

Adriano Scianca

Adriano Scianca su Barbadillo.it

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