Estat&racconti. Da Stazio a San Benedetto, il Volturno è il dio dei fiumi

 

Nelle Silvae il poeta Stazio descriveva il dio Volturno come un re coronato disteso su un triclinio, mentre partecipava ad un lauto banchetto. Il sovrano si lamentava con gli ospiti delle zattere che grattavano fastidiosamente il suo corpo e del peso dei ponti che doveva continuamente sopportare. Stazio celebrava così il più grande fiume del Sud Italia, che impressionò gli antichi per l’impetuosa corrente e per la portata delle acque. Non è possibile ridurre il Volturno ad un prodigio della natura: è molto di più, è una teofania.

 

Quel fiume è un dio!

 

Il vigore delle acque volturnensi non sembrava rispondere alle semplici leggi fisiche. Un dio abitava i suoi flutti, dandole potenza e fertilità. Gli Etruschi di Capua ritenevano che lì vivesse il dio Volturno, protettore dei fiumi e propiziatore dei commerci. Gli scambi commerciali fluviali erano essenziali per la vita delle antiche comunità italiche, ben prima di quelli marittimi. Basta pensare all’importanza del Tevere nella storia di Roma. Era necessario accattivarsi il favore del dio e vi era un sacerdote, il Flamine Volturnale, che si occupava del culto, celebrato il 27 agosto durante i Volturnalia.

 

San Benedetto e le sorgenti del Volturno

 

Il Volturno emerge dalla profondità della terra in Molise, a Rocchetta a Volturno, alle pendici delle Mainarde. E’ all’inizio un piccolo e roccioso torrente di montagna e man mano si trasforma in un grande fiume, prima di sfociare a Castel Volturno, in Campania. Sulle sue sponde, nel 731, tre nobili longobardi beneventani, Paldo, Tato e Taso fondarono il monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno. In origine era un piccolo chiostro e in due secoli divenne uno dei più grandi centri spirituali d’Europa, acerrima rivale di Montecassino. Esercitava la sua influenza politica e religiosa su tutta la Valle del Volturno e nei territori limitrofi. Per tali ragioni, il duca di Napoli assoldò una banda di saraceni per radere al suolo il convento: nell’881 i mercenari saccheggiarono il monastero e massacrarono i monaci. Le sorgenti del Volturno offrivano una natura incontaminata e amena per chi andava alla ricerca di Dio: Paldo, Taso e Tato lo considerarono probabilmente un luogo benedetto dal Signore.

 

Alle foci del Volturno, la relatività della modernità

 

Il Volturno è un piccolo torrente all’inizio e, proseguendo verso il Mar Tirreno, assume l’ampiezza che tanto meravigliò gli antichi. Acquisisce potenza e velocità, ma la chiarezza delle sue acque si perde tra i fanghi del fondale e l’inquinamento. Il fiume è una perfetta metafora divina: questo lo sapevano bene gli Etruschi. Il concetto di divinità si stempera man mano che ci si allontana dal Centro, dalla Tradizione, e tutto si relativizza. La stessa vita umana è priva di sostegno e si infanga nei miasmi e nelle scorie di ideologie e del nichilismo. Il Volturno chiaro e puro si dissolve nel Mar Tirreno, nella salinità dell’esistenza sterile. Non è solo un viaggio discendente, ma anche ascendente. Da Castel Volturno, così martoriata dalla criminalità organizzata e dall’inquinamento, si risale verso le sorgenti montane. Come Dante, che dall’Infermo giunse al Paradiso contemplando finalmente Dio, anche noi, risalendo metaforicamente il Volturno, arriveremo al Principio, alle sorgenti dell’Essere.

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Alfredo Incollingo

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