Estat&racconti. La cipolla di Celestino V, il treno arriva a Isernia, dai Dioscuri e Ponzio Pilato

(foto di Primo Piano Molise)
(foto di Primo Piano Molise)

Il treno d’epoca sosta a Carpinone. Lo avevamo lasciato a Pescolanciano, ma nel frattempo ha ripreso la marcia verso Isernia. Il viaggio si sta per concludere e il turista ha conosciuto in poche ore e comodamente seduto ambienti, tradizioni e borghi differenti. Carpinone è stato per decenni un nodo ferroviario di primaria importanza: qui convergevano le direttrici per Campobasso, Benevento, Isernia e Sulmona. Nonostante abbia ormai perso la sua centralità logistica, rimane un paese caratteristico, con il suo castello medievale, perfettamente conservato, e una sentita devozione a San Rocco.

 

‘Sernia meja, sci come na’ carezza d’ na mamma

 

Il treno d’epoca è finalmente giunto a Isernia. Il musicista isernino Pier Giuseppe Baccaro le dedicò una serenata in dialetto, ‘Sernia meja. Pochi la comprenderanno, eccetto i vicini campani, con i quali Isernia condivide la stessa lingua vernacolare (al di là delle diverse sfumature). È l’inno nazionale di una città orgogliosa, alle volte fin troppo presuntuosa, ma anche romantica e accogliente. Un isernino potrà sembrare scanzonato, come i trasteverini, ma sa anche essere generoso.  Anche se è lontano da Isernia, il suo amore per la città è sempre vivo. Baccaro canta ‘Sernia meja sci come nà carezza d’ na mamma (Isernia mia sei come una carezza di una mamma) che nessuno potrà dimenticare.

 

Celestino V, la cipolla e i Santi Cosma e Damiano

Un filo rosso lega Isernia a Sulmona e non è solo la Transiberiana d’Italia. Tra il 1209 e il 1215 nell’antico castello isernino nacque il santo patrono, San Pietro Celestino (papa Celestino V). La tradizione attesta le origini dell’eremita e poi Santo Padre a Isernia e non sono poche le testimonianze che lo confermano, anche se la sua rivale, Sant’Angelo Limosano, in provincia di Campobasso, ostinatamente ne rivendica i natali. Un caposaldo della tradizione isernina è la fiera delle Cipolle, che si svolge in occasione della festa di San Pietro e San Paolo (24 giugno). Fino a pochi anni fa gli agricoltori vendevano nelle strade la succosa cipolla bianca di Isernia, una qualità autoctona. Oggi è difficile trovarla in commercio e la fiera si è ridotta a banale mercanzia di vestiti e di cipolle d’importazione. Gli effetti del libero mercato sono evidenti anche in provincia! Dopo San Pietro Celestino, Isernia è devota ai Santi Cosma e Damiano (26 settembre). Anticamente le novelle spose si recavano all’eremo dedicato ai due santi dottori, a poca distanza dal centro abitato, per chiedere il dono della maternità. Il fallo dorato in cima alla cupola della chiesa suggerisce un origine ancestrale di questo culto della fertilità (della terra e della donna), probabilmente legato alla devozione al dio Priapo e ai Dioscuri (Castore e Polluce).

 

(foto di Pino Manocchio)

Gli antenati, la Fraterna e Ponzio Pilato

 

Isernia è ricca di storia. Indubbiamente può vantare interessanti vestigia del passato. Fu una città  dei Sanniti Pentri (capitale della Lega Italica nella guerra contro Roma), una colonia romana e un castello longobardo. Non c’è solo storia, ma anche preistoria. In località La Pineta si può visitare uno dei più grandi siti paleontologici d’Europa, scoperto nel 1979 durante i lavori per la costruzione della strada statale Napoli – Vasto. Sono stati rinvenuti i resti dei primi abitanti del territorio pentro, affettuosamente ribattezzati Homini Aeserniensis. Nella scala evolutiva c’è posto anche per l’isernino! Il simbolo indiscusso di Isernia, insieme a San Pietro Celestino e alla cipolla locale, è sicuramente la Fontana Fraterna, con i suoi caratteristici archi a tutto sesto. Su questa fonte si addensano leggende e racconti popolari: in particolare la strana scritta Ae pont, incisa sul basamento, ha fatto supporre un riferimento a Ponzio Pilato, nato, si afferma, proprio a Isernia.

 

Il 10 Settembre e gli Jadopi

 

Due drammatici eventi hanno segnato la storia di Isernia, più dei sanniti e di papa Celestino V. Il 10 settembre 1943 un terribile bombardamento angloamericano rase a suolo l’intera città di Isernia. I danni furono ingenti e i morti migliaia (per una popolazione che non superava le 10.000 unità). Un’intera comunità rimase sotto shock per decenni. Si parlo all’inizio di un errore umano, ma recentemente la verità è emersa: non si trattò di uno sbaglio. Isernia era una città strategica, molto vicina alla linea Gustav: andava distrutta per indebolire la resistenza tedesca. Nel 1860, nei mesi successivi la conquista piemontese del Meridione, un distaccamento di garibaldini fu inviato a Isernia per sedare una rivolta contadina. Contro ogni aspettativa i soldati furono sopraffatti e si rifugiarono nel palazzo Jadopi. I rivoltosi, senza perdere tempo, appiccarono il fuoco all’edificio e gli occupanti morirono bruciati o soffocati dal fumo. Fu un evento cruento che indignò il Paese e, oggi, di quei fatti rimane un palazzo vuoto e ancora in via di ristrutturazione.

 

Per 128 km il treno d’epoca ci ha condotti alla scoperta di Sulmona, dei borghi abruzzesi e molisani, potendo ammirare il suggestivo paesaggio di queste regioni. Arrivati a Isernia non saremo delusi dalla città che, nonostante abbia risentito pesantemente della crisi attuale, ancora ha una sua identità. Allo stesso modo, viaggiando in treno, riscopriremo il sapore della tradizione e delle tante identità italiane che rendono autentico il Bel Paese.

@barbadilloit

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Alfredo Incollingo

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