Estat&racconti. Dai sanniti alle bombe del ’43, il treno arriva in Molise

(foto di Valentino Mastrella)
(foto di Valentino Mastrella)

Da Sulmona il treno d’epoca riprende il suo viaggio diretto a Castel di Sangro e in Molise. Finalmente, dopo tanto salire, la locomotiva scende agilmente verso la pianura, nella Valle del Sangro. I motori si raffreddano e i passeggeri trovano ristoro dopo il clima rigido montano.

Aufidena o dell’orgoglio sannita

Scendendo a valle le testimonianze del glorioso passato dei sanniti, il popolo italico che tenne per anni sotto scacco il nascente impero romano, si fanno sempre più numerose. Il paese di Alfedena, l’antica Aufidena, ha sempre preservato i suoi retaggi italici: né le dominazioni straniere né i bombardamenti degli Angloamericani hanno fiaccato l’identità dei suoi abitanti. Oggi i discendenti dei sanniti e dei normanni, che qui si stabilirono nel medioevo, sono rimasti in pochi, eppure continuano a mantenere vive le antiche tradizioni di Alfedena. Il turismo di massa, che imperversa negli ultimi anni in quei luoghi, è sì una risorsa per gli abitanti, ma anche un pericolo per l’identità paesana. Gli alfedenesi hanno però saputo conciliare tradizione con sviluppo, evitando la dispersione del proprio patrimonio culturale. Sono aperti all’accoglienza e questa si fa nei momenti di festa, mostrando il vitalismo della vita campestre. Non è raro vedere un turista cantare i canti tradizionali con la stessa gioia di un alfedenese. I bombardamenti angloamericani del 16 maggio 1944 distrussero l’antico castello di Alfedena e solo le foto d’epoca ci permettono purtroppo di ammirare lo splendido borgo. Come a Roccaraso, anche qui diverse famiglie nobili vi risiedevano nella stagione invernale o estiva. E’ il caso dei De Amicis, la famiglia dell’Edmondo autore del romanzo Cuore. Alfedena ha anche una serva di Dio, Santina Campana (1929 – 1950). E’ la patrona non ufficiale del paese e ancora oggi, chi la conobbe, la ricorda con gioia. La Chiesa Cattolica non l’ha ancora canonizzata, ma per gli alfedenesi è già una santa, cui rivolgersi nei momenti di difficoltà.

Il castello sul fiume Sangro

Il treno d’epoca procede adesso spedito verso Castel di Sangro. Ormai non deve più scalare le pendici montane e viaggia a velocità sostenuta. Dai finestrini dei vagoni si dispiega maestoso l’altopiano tra Alfedena e Castel di Sangro, su cui domina Monte Tre Confini e il paese di Scontrone, che si addensa su un suo costone roccioso. La corsa del treno termina per il momento nella stazione di Castel di Sangro. La cittadina abruzzese è, dopo Roccaraso, una meta ambita per quanti amano la montagna e lo sport invernale. La crescita esponenziale degli abitanti e del centro abitato sono le prove provate della vitalità del comune sangritano. Non è pretenzioso definirla una piccola Cortina d’Ampezzo ed è rivale per notorietà con la vicina Roccaraso. Anche a Castel di Sangro toccò la stessa sorte di Alfedena: il 7 novembre 1943 un violento bombardamento angloamericano distrusse l’antico borgo. In passato epidemie e carestie avevano mietuto la sua popolazione e ostinatamente la cittadina era rinata più vitale di prima. Anche nel secondo dopo guerra avvenne la stessa cosa e oggi, ciò che si è prodotto, è frutto della caparbietà dei sangritani.

Attraverso il ridente Molise: storia, tartufi e grano

Il treno d’epoca riprende la marcia verso il Molise. Non troviamo la neve, se non nei paesi più elevati, né rocce e pinete, ma un ambiente collinare e poche asperità rocciose. Da Castel di Sangro il treno si dirige verso i paesi dell’Alto Molise, caratteristici quanto quelli abruzzesi per tradizioni e costumi. La prima sosta è a San Pietro Avellana, paese rinomato in tutto il mondo per i suoi pregevoli tartufi. Segue Vastogirardi con la tradizione del Volo dell’Angelo. A partire dal 1911, in occasione delle ricorrenze della Madonna delle Grazie e di San Nicola di Bari (1 – 3 luglio), patrono del paese, una bambina  vestita da angelo viene agganciata a un cavo d’acciaio e compie un volo dal castello fino alla statua della Madonna, nei pressi della chiesa del santo protettore. Di antiche e gustose tradizioni è ricco anche Carovilli. I suoi abitanti di gusto se n’intendono: sono famosi i caciocavalli locali e la Isconda maritieta (fette di pane bagnate nell’uovo e fritte nello strutto). Ad agosto Carovilli si ritrova per celebrare la Tresca, un antico rito agrario che si svolgeva in passato durante la trebbiatura, quando si divideva la paglia dalla pula. I giovani carovillesi mettono in scena una rievocazione storica dei momenti salienti della lavorazione del grano. Il loro è un tentativo romantico e disperato di salvare una tradizione in dissoluzione nel generale crepuscolo del mondo contadino (o almeno dei suoi ultimi bagliori).

(foto di Emmepi Photo)

Vogliamo la ferrovia!

Lo abbiamo già scritto: il treno rappresentò una speranza per quanti desideravano una vita migliore e un’occasione di crescita per le lande aspre dell’Abruzzo. Anche il Molise non fu da meno. Quando si progettò la linea ferroviaria Sulmona – Carpinone, Agnone venne inclusa tra le località raggiunte dalla nuova ferrovia. All’epoca era una cittadina vivace, economicamente florida. Oltre alla Pontificia fonderia di campare Marinelli, attiva dall’anno mille, Agnone ospitava numerose attività artigianali. La ferrovia facilitava il trasporto di materie prime e delle merci. Tuttavia i progetti finali non prevedevano nessuna stazione ad Agnone. Il municipio non si dette per vinto: costruì con fondi privati una ferrovia a scartamento ridotto fino a Pescolanciano. Qui la linea ferroviaria si collegava con la Sulmona – Carpinone. Come ben racconta Fabrizio Minichetti in Una ferrovia di Montagna, l’Agnone – Pescolanciano fu inaugurata il 6 giugno 1915 e funzionò fino a settembre del 1943, quando i tedeschi la distrussero. I danni furono così ingenti da rendere difficile la ricostruzione.

Da Sulmona, tra i massicci montuosi abruzzesi, la Transiberiana d’Italia affronta le irti pendici montane, solcando i gelidi altopiani appenninici per scendere verso le dolci colline molisane. Isernia è sempre più vicina.

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Alfredo Incollingo

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