Estat&racconti. Da Sulmona a Roccaraso, attraverso i boschi della speranza

(foto di Alessandro Santoro)
(foto di Alessandro Santoro)

Lasciandosi alle spalle la città di Sulmona, il treno d’epoca si inerpica sulle montagne che circondano la Conca Peligna alla volta di Carpinone, in Molise. Inizia così la scalata verso le alte cime dei monti abruzzesi, il tratto più duro della Transiberiana d’Italia. Il paesaggio umano e ambientale non è meno accattivante di quello sulmonese e costituisce la sua naturale prosecuzione.

 

Quando il treno era una speranza

 

L’11 dicembre del 2011 la linea ferroviaria Sulmona – Carpinone venne chiusa definitivamente dopo anni di progressiva dismissione dei servizi. Nell’epoca dell’automobili e dei treni ad Alta Velocità è difficile comprendere il disarmo simbolico di questa decisione. La ferrovia era la speranza per le comunità montane abruzzesi, isolate e escluse dal progresso sociale: per decenni il treno permise di emigrare e di cercare fortuna altrove. La Sulmona – Carpinone collegò l’Appenino abruzzese, aumento la mobilità sociale e economica e consentiva di raggiungere facilmente Pescara, Napoli e Roma. Queste osservazioni potrebbero oggi risultare banali, ma ritornando agli inizi del novecento, al 1897, quando fu inaugurata la linea ferroviaria, la sua apertura fu una rivoluzione sensazionale. Naturalmente si pagò lo scotto di far entrare il progresso rapace nelle valli e nei borghi abruzzesi, snaturandone l’identità.

 

La memoria ferrata

 

I racconti popolari sono la migliori fonti per comprendere l’alto valore culturale della Sulmona – Carpinone. Nei borghi lungo la ferrovia gli anziani ricordano ancora quando la linea ferroviaria era pienamente attiva ed era la speranza di quanti aspiravano ad una vita migliore. Anche per raggiungere la fiera più vicina al proprio paese la ferrovia facilitava gli spostamenti! Rivoluzionò la vita quotidiana degli abitanti di quei luoghi. Nella memoria collettiva riemerge spesso il dramma della seconda guerra mondiale. I tedeschi erano consci dell’importanza strategica della Sulmona – Carpinone: attraversava la linea Gustav. Quando nel 1943 i nazifascisti si ritiranono verso il Nord Italia fecero saltare in aria i viadotti e i ponti: in questo modo sperarono di rallentare la marcia degli Alleati. I testimoni di quei fatidici giorni ricordano ancora i rombi dell’esplosivo, il bagliore rossastro delle esplosioni e qualcuno osò osservare i tedeschi mentre minavano i ponti e le locomotive.

 

Borghi, boschi e storia

 

Salendo dalla Conca Peligna, il primo paese che il treno raggiunge è il castello normanno di Pettorano sul Gizio, facente parte del club dei Borghi più belli d’Italia. La foresta appenninica del Parco nazionale della Majella domina il paesaggio e dalle torri del fortilizio si ammira la verdeggiante valle del fiume Gizio. Il treno d’epoca, proseguendo la sua corsa, sosta a Canzano. E’ un borgo medievale, fondato sulle rovine di un antico municipio romano, Ocriticum, i cui resti sono visitabili nel locale parco archeologico. In pochi minuti da Canzano si arriva nella nota località sciistica di Campo di Giove. Era un antico castello longobardo, che offriva protezione ai pastori e alle greggi diretti in Puglia. Prima di convertirsi al turismo invernale e di massa, la sua economia era pastorale e legata esclusivamente alla transumanza. Proseguendo, il treno storico arriva a Palena, nello splendido altopiano del Quarto Santa Chiara e delle Cinque Miglia. Lo spettacolo che si offre al turista è immenso e la bellezza del luogo attira fotografi e appassionati di escursionismo da tutto il mondo. Anche Palena è un borgo longobardo, che possiede una storia ricchissima. Gli Orsini, i D’Aquino (il casato di San Tommaso!) e i Gualtieri sono stati i signori del castello e per secoli ha offerto rifugio ai pastori nella transumanza e agli eserciti che di lì passavano: Palena ha conosciuto tutti i dominatori dell’Italia Meridionale. L’eremita Pietro del Morrone (papa Celestino V) sostò per diversi anni nei pressi del paese: nei dintorni della sua spelonca il re napoletano Carlo II d’Angiò, protettore dell’anacoreta, edificò un eremo. Prima di arrivare a Roccaraso, il treno d’epoca sosta a  Rivisondoli – Pescocostanzo. Sono borghi affascinanti e medievaleggianti, ma la stazione ferroviaria è nota per essere la seconda più alta d’Italia, dopo quella del Brennero: si trova a 1268 metri sul livello del mare. Per tale ragione la Sulmona – Carpinone è stata ribattezzata la Transiberiana d’Italia.

 

(foto di Alessandro Santoro)

Sci, i Savoia e turismo a Roccaraso

 

Roccaraso è probabilmente una delle località sciistiche più amate dell’Italia centrale. Dagli inizi del novecento è diventata la meta turistica prediletta per la borghesia partenopea. Grazie alla ferrovia, da Napoli, faccendieri e professionisti, nobili e commercianti avevano modo di raggiungere agilmente le montagne abruzzesi. Già nel 1910 si tennero le prime gare sciistiche che tuttora costituiscono un’attrattiva di Roccaraso. Alberghi, ristoranti e locali notturni costellano il paese montano, che d’inverno diviene un centro attivissimo. Eppure Roccaraso è circondato da un ambiente magnifico, tipico della valle dell’Alto Sangro. La casa reale dei Savoia e, successivamente, le altri nobili famiglia del Regno d’Italia la scelsero non a caso per le loro vacanze invernali. Il re Umberto amava sciare a Roccaraso, circondandosi di amici, di ammiratori e di semplici curiosi.

Da Roccaraso il treno d’epoca si getta nella valle dell’Alto Sangro, verso gli ultimi paesi abruzzesi prima del confine molisano. La natura cambia aspetto e le tradizioni e le storie assumono tratti diversi. La ferrovia permette di scoprire le nostre diversità.

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Alfredo Incollingo

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