Libri. “I padroni del Caos” di Cristin, ultima chiamata per l’identità europea

i padroni del caosRenato Cristin, docente di Ermeneutica filosofica presso l’Università di Trieste, ha di recente dato alle stampe un volume ascrivibile al “pensiero forte”. Nelle sue pagine l’autore viene ai ferri corti con la realtà presente dell’Europa. Ne analizza la crisi sotto il profilo culturale, esistenziale e storico-politico. Ci riferiamo a, I padroni del caos, da poco edito da Liberilibri (euro 20,00). Per ammissione dello stesso autore il testo avrebbe potuto avere quale esplicativo sottotitolo, l’Europa tra identità e sostituzione. Il nostro continente, da millenni connotato da un significativa identità culturale e spirituale, è sottoposto, e la cosa è sotto gli occhi di tutti, ad un processo di alterazione profonda delle proprie radici, cui concorrono più fattori. Non ultimo tra essi, l’immigrazione di massa, che mette a rischio  la stessa identità etnica.

    Il processo parte da lontano: più precisamente, a dire di Cristin, da quel pensiero filosofico di ascendenza francese originatosi negli anni Sessanta del secolo scorso e responsabile del disastro del Sessantotto. Per questa ragione il volume fornisce un importante contributo, in tema di filosofia della contemporaneità, al dibattito delle idee. Lo fa in modo esplicito, non paludato, come di solito accade nel circuito accademico, muovendo dalla convinzione che il filosofare debba tornare ad assumersi responsabilità rispetto allo stato presente delle cose. Non più rinviabile, nella fase attuale, è, infatti, l’azione culturale mirata a cambiare registro intellettuale alla nostra epoca, per “restituire al discorso dell’identità tutta la dignità e la rilevanza che l’interminabile stagione culturale e politica iniziata negli anni Sessanta gli ha sottratto e negato” (p. 12). Posizione assolutamente condivisa da chi scrive. La filosofia, in primis politica, deve promuovere il superamento del complesso d’Europa, costruito sull’autocensura e sull’autonegazione della nostra storia, scientemente impostaci dal politicamente corretto.

     Cristin presenta, pertanto, un’interpretazione critica dell’attuale fase: la sua tesi è una sorta di euro-identitarismo che “sfocia in una teoria di riappropriazione ontologica e di conservazione dinamica dell’identità europea” (p. 13). E’ necessario che il pensiero torni a riflettere sui tratti davvero peculiari della storia continentale, nella realistica convinzione che tanto i potentati finanziari, quanto quelli accademico-intellettuali, operano congiuntamente per veicolare lo sradicamento attraverso il multiculturalismo, il genderismo ed il terzomondismo. Volti multipli del “piagnisteo” buonista che, fin dalle sue origini, ha accompagnato la marcia trionfale della religione   dei “diritti dell’uomo”. Si distingue, per reiterata insistenza mediatica, in tale processo di progressivo sradicamento, la retorica europeista. Attraverso questa “buona novella” viene imposta ai popoli d’Europa la cogenza dei provvedimenti finanziari ed economici, a vantaggio esclusivo delle oligarchie capitaliste, la perdita della sovranità politica e l’esigenza di vivere nel rispetto sacrale di principi etico-universalisti. A ciò va aggiunto il fenomeno del terrorismo islamico, che sta contribuendo non poco alla disgregazione del tessuto socio-culturale continentale.

     La casta al potere rappresenta, sotto il profilo antropologico, la sintesi delle pulsioni apparentemente divergenti del tipo “rivoluzionario” e del “burocrate”, come con acume sottolinea l’autore.  Lo aveva annunciato in tempi non sospetti Albert Camus: “I nichilisti sono sui troni” (p. 20). Per questo, al di là della retorica antieuropeista, sarebbe opportuno “pensare una compagine continentale senza gli apparti burocratici […]con cui è stata imbrigliata e mortificata, quell’Europa […]dei popoli e delle nazioni” (p. 16). Le nazioni, come comprese Herder, sono organismi viventi, la loro voce non può essere tacitata dall’universalismo astratto di matrice kantiana. Per noi il senso dell’Europa  (su questo aspetto la lezione di Evola è attualissima), sta nell’ Imperium, l’Uno che fa vivere i molti, riassumendone qualità e specificità. Al contrario, le istituzioni europee hanno agito in modo epi-demico (in senso greco), si sono “accomodate” sui popoli, imponendo forme di controllo intollerabile e pertanto incapace di produrre ordine. L’ospite inquietante del nostro quotidiano è il caos. Non si tratta di semplice disordine ma “di mancanza di orientamento, perdita del senso e della capacità di riconoscere finalità contingenti e telos trascendente, inerzia nel decidere e fallacia nel ragionare” (p. 19). Il “rivoluzionario” post-sessantottesco è oggi il padrone del pensiero, mentre il burocrate dirige la macchina istituzionale: i padroni del caos, contro i quali Cristin ci invita a reagire. In che modo? Attraverso quali riferimenti intellettuali e valoriali? Ora, mentre condividiamo appieno la pars destruens messa in campo dall’autore, vale a dire la sua fenomenologia dell’epoca presente, riteniamo quantomeno debole o parziale, la proposta costruttiva. Vediamo perché.

     Il reazionarismo presentato in queste pagine trae linfa vitale dalla medesima cultura che ha prodotto la crisi e il caos. Si sostiene che l’euroidentitarismo si colloca pienamente e di diritto nell’alveo politico liberal-democratico, rappresentando una forma rigenerata di liberal-conservatorismo. Ciò induce l’attento esegeta della contemporaneità, a servirsi dei paradigmi intellettuali prodotti dai nuovi filosofi francesi, quali Glucksmann e Lévy, guarda caso filiazione diretta, sia pur per certi tratti critica, del pensiero francese degli anni Sessanta al centro della post-modernità. Meglio sarebbe stato, guardando al paese transalpino, richiamarsi alle posizioni di Alain de Benoist, la cui proposta politica, centrata sul recupero di una democrazia organica, individua nel germe patogeno del liberalismo, la causa principale della crisi. Per il recupero effettivo dell’identità europea è alla Tradizione come meta sempre possibile che bisogna guardare, oltre ogni necessitarismo storico. Per la qual cosa, non è sufficiente reagire, riproporre sic et simpliciter modelli politici pregressi, tantomeno se espressione del “passato” liberale, quanto mobilitarsi per un Nuovo Inizio. Il libro di Cristin invita, comunque, i dissenzienti a pensare la possibilità di agire per un mondo diverso. Non è cosa da poco.

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Giovanni Sessa

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