Il caso Stx. Se la Farnesina (per stolto europeismo) dimentica la difesa dell’interesse nazionale

Gentiloni Alfano e i diplomatici italiani alla Farnesina, insieme ai ministri degli esteri di Spagna e Francia
Gentiloni Alfano e i diplomatici italiani alla Farnesina, insieme ai ministri degli esteri di Spagna e Francia

Povera Italia. Mentre la Francia stoppa l’acquisti da parte di Fincantieri della Stx, con un moto di orgoglio patriottico incarnato a sorpresa da Emmanuel Macron, l’Italia celebra la sua irrilevanza, figlia di una utopistica interpretazione del legame continentale. Nella foto qui sopra sono immortalati i diplomati italiani alla Farnesina per la riunione tradizionale tra Ministri e dirigenti degli Esteri e rappresentanti italiani nelle ambasciate in giro per il mondo. Accanto a Paolo Gentiloni e Angelino Alfano sono intervenuti anche i ministri degli Esteri di Spagna e Francia. Avete letto bene, anche il ministro degli Esteri transalpino, proprio dopo lo schiaffo per Stx e l’umiliazione dell’esclusione dal tavolo con le varie fazioni in lotta nella Libia a Parigi. Roba da “Scherzi a parte”, o meglio, da “schiavi” che non vogliono essere liberati, per parafrasare Ezra Pound. Ernesto Galli della Loggia, sul Corsera, ha dedicato un editoriale alla dissennata gestione della politica estera italiana, titolato così: “Un paese senza alleati che rischia l’irrilevanza”.

Scrive Galli della Loggia:

“Troppo spesso in un mondo popolato di lupi confessi e di lupi travestiti da agnelli abbiamo pensato che fare la parte degli agnelli autentici equivalesse ad avere una politica. D’altronde come si fa ad essere spregiudicati e cattivi se non si hanno le idee chiare su ciò che si vuole? Da troppo tempo alla nostra diplomazia nessuno sa dire a che cosa debba, possa o voglia servire l’Italia. (…)

C’è poi l’irrimediabile instabilità dei nostri governi sempre di coalizione e quindi destinati a essere dominati da continue rivalità e litigi interni. Si aggiunga, infine, la permanente inadeguatezza del nostro strumento militare (del resto gli agnelli armati non sono una specie molto diffusa). Un’inadeguatezza di risorse e di attrezzature aggravata da una sorta di curiosa distorsione psicologica dei nostri vertici politico-militari i quali, pur avendo pochi mezzi a disposizione, li usano come il prezzemolo facendosi prendere dalla smania di mandarne un po’ dappertutto (sono attualmente almeno una ventina, credo, i teatri dove è presente la nostra bandiera, spesso con non più di quaranta-cinquanta elementi). Con l’ovvio risultato che contiamo poco o niente dappertutto, e che da nessuna presenza militare siamo mai in grado di riscuotere un vero dividendo politico. (…)

Per capire quali siano le speranze che in generale le cose cambino basta un particolare: nei giorni scorsi si è tenuta alla Farnesina la periodica riunione di tutti i nostri rappresentanti all’estero. Si sarebbe potuto pensare che era un’ottima occasione per parlare con la dovuta schiettezza di qualcuno dei mille problemi accennati in queste righe e di discutere qualche possibile linea d’azione. Ebbene, volete sapere chi presenziava alla riunione? Il nostro ministro degli Esteri, naturalmente, e con lui il nostro capo dello Stato, ma accanto a loro, invitati d’onore, anche i ministri degli Esteri di Francia e Spagna. C’è qualcuno che riesce a immaginare qualcosa di simile a Parigi o a Madrid in una circostanza analoga?”.

L’interesse nazionale come bussola

La difesa dell’interessa nazionale non è alternativa ad una leale partecipazione alla vita dell’Unione europea (pacta sunt servanda, vale anche per chi si riconosce in posizione sovraniste o patriottiche), ma presuppone una classe dirigente politica in grado di dare indicazioni patriottiche alla propria diplomazia, delle linee di indirizzo che abbiamo come bussola la difesa del lavoro e dell’eccellenza italiana, non solo dal punto di vista umanistico, ma soprattutto sul piano economico.

In Europa si sta combattendo una guerra tra stati fondatori, con l’asse franco-tedesco sempre più forte e un’Italia isolata e debole. Della progressiva marginalità della nostra patria, prima o poi, il popolo dovrà chiedere conto ad una classe dirigente tra le più inadeguate ad affrontare le sfide continentali e globali. Chi siede sulla poltrona della Farnesina, alla ricerca adesso di una misera alchimia per tornare in parlamento, è il simbolo di un’Italia senza identità, senza orizzonte e senza futuro.

@barbadilloit

Berto Ricci

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