Libri. “Il piacere di raccontare”: Pavese (dentro il fantastico) visto da Franco Zangrilli

9788857906546_0_0_1459_80In uscita per Dario Flaccovio Editore il nuovo libro di Franco Zangrilli il noto critico e docente universitario statunitense dedicato a Cesare Pavese. Un saggio come tanti altri sull’autore de “La luna e i falò” (Einaudi,1950), dirà qualcuno. Tuttavia questo volume si presenta come rivoluzionario nell’approccio alla scrittura pavesiana. Rivoluzionario nel senso più autentico del termine, poiché la lettura di Zangrilli sovverte, o meglio rovescia, la prospettiva ormai consunta con cui la critica ortodossa ha da sempre inquadrato l’autore piemontese. In effetti la critica nostrana, spesso influenzata da fattori contingenti, storici e non di rado ideologici, ha inteso inserire, a partire dal dopoguerra, Pavese nella categoria, o se si preferisce nel filone, del neorealismo. Ciò è ancor più vero se si vanno a considerare le svariate pubblicazioni e interventi critici prodotti nel corso degli anni e che hanno avuto come oggetto la sua figura. Pavese come esempio d’autore neorealista, dunque, al pari di Pratolini e Cassola. Ora Zangrilli, che dalla posizione privilegiata e imparziale di studioso italiano vissuto e formatosi negli USA, si chiede e ci chiede, se ciò sia ancora oggi accettabile, ovvero se sia d’una qualche attualità, e diremmo pure utilità, perseverare in questa visione unidimensionale dell’opera pavesiana. Partendo da questo assunto il critico statunitense, effettuando una lunga analisi di tutto l’edificio narratologico, anzi diegetico, di Pavese, con piglio scientifico e analisi condotte con i crismi degli strumenti più sofisticati della critica letteraria (non ultimi quelli della New Criticism americana), perviene a conclusioni inedite. In altri termini Zangrilli, compiendo un notevole cambio di prospettiva, vede Cesare Pavese non solo come uno scrittore postmoderno nel solco neorealista al pari di Fenoglio, Pratolini, Moravia e Sciascia; ma anche (e questa è la grande novità) come un autore fantastico. Per dimostrare quanto da lui sostenuto, Zangrilli passa in rassegna i vari elementi dell’opera dell’autore de “Feria d’agosto”: poesia e prosa, scoprendone tutto l’afflato immaginifico.
Ci si imbatte, in tal modo, in un Pavese oscillante tra il surrealismo e il fantastico perturbante alla Kafka o, rimanendo in Italia, alla Landolfi: una personalità artistica dalla forte e fin qui poco esplorata vena fantastica. Una vena, la sua, legata – e valgano ad esempio- , tanto al tema orrorifico, quanto al realismo magico di marca bontempelliana. Quelli di Pavese sono luoghi onirici in cui ci si intrattiene sulla soglia dell’altrove cosmico e naturalistico, in una ridefinizione del reale secondo canoni che sembrano alludere alla dimensione magica della fiaba. Si tratta d’una scoperta, o meglio di una riscoperta, quella presentata da Zangrilli nelle pagine di questo volume dedicato a uno dei più influenti e talentuosi scrittori del Novecento italiano, con cui lo studioso italoamericano, dopo oltre sessant’anni di usurati luoghi comuni, e tesi appiattite su d’un unico piano di lettura (spesso prono all’ideologia corrente e preponderante), introduce importanti elementi di novità. “Il piacere di raccontare” libro che pone Pavere all’interno del fantastico postmoderno, o per dirla con l’autore, nel neofantastico, costituisce pertanto un cruciale punto di svolta nell’interpretazione critica della sua opera dal respiro fantastico; un punto di vista dal quale d’ora in avanti non si potrà più prescindere.

“Il piacere di raccontare, Pavese dentro il fantastico postmoderno”, Franco Zangrilli, Flaccovio Dario Editore (2017), pagg.285

Max Gobbo

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