Trovare una branda per tempo, ecco il mio scopo quotidiano, tanto ormai le gambe viaggiano da sole, sempre seguendo la freccia gialla. Prima arrivo alla meta quotidiana, più tempo mi rimane per visitare le bellezze del luogo senza il peso dello zaino. Mio Dio gli americani… non dovrei, ma proprio non riesco a sentirli, con quel loro inglese deforme che urta come una bestemmia all’orecchio; chiassosi, svuotano zaini sui letti a castello saturi di gadget inutili, pomate, gocce, auricolari, tablet, diavolerie urbane. Sembrano in vacanza, con quella simulazione del sacrificio che non dovrei giudicare. Si, mi concedo segrete insofferenze, cinismo da stanchezza, ben sapendo che una volta ritirata la Compostela (pergamena a suggello del pellegrinaggio), sarò assolto da tutti i peccati. Tanto vale esagerare, prima di arrivare alla meta. Raggiungo Viana, è domenica e la gente ben vestita esce da messa, donne bellissime che guardo ammirato. Al Café Bordon ci sono i suonatori di fisarmonica, ordino un gin tonic e mi portano una coppa ghiacciata con Mare, grani di pepe, liquerizia, arancio. Spettacolo. L’impianto della chiesa gotica, senza tetto, è l’ultima cosa che vedo, dalla finestra dell’ostello prima di dormire. Supero poi la prima grande città, Logrono, assaporando così l’ebbrezza di camminare nel traffico. Il centro urbano, all’uscita, si dissolve in un parco pubblico sterminato, quindi in una riserva ecologica. Salita estenuante per raggiungere il borgo successivo, di sera il deserto, c’è Italia – Spagna agli europei di calcio ed io mi trovo a Navarrete tra mille bandiere Rojigualda.
Senza intoppi guadagno Burgos, attraversando un’infinita periferia industriale. Grazie all’aiuto di una ragazza svedese, trovo alloggio in una piccola pensione gestita da suore. Il centro storico è meraviglioso, la cattedrale imponente uno dei massimi esempi di architettura gotica. Cedo facilmente ai piaceri del luogo, dapprima con un gin tonic (recidivo), poi intrufolandomi in strette vie, finendo quindi in una minuscola piazza chiusa. C’è una festa studentesca, un alcol party si direbbe. Mi aggrego, quindi accade un fatto che mi lascia di stucco: giungono tre musicisti di strada, con strumenti tradizionali tipo cornamuse, pifferi e tamburini. I ragazzi cacciano via il dj con le sue moderne canzoni tamarre su chiavetta, e si mettono a ballare come matti al ritmo della Jotas. Saluto Burgos con dispiacere e mi immergo di nuovo in campagna. Degni di nota i ruderi gotici dell’Hospital General de San Antón, l’atmosfera da far west di Boadilla del Camino (una colonna dei flagellanti con il nulla attorno), l’Ermita di San Nicolás di Puente Fitero dove sventola la bandiera italiana. La pieve romanica è infatti gestita dalla confraternita di San Jacopo (Perugia). I volontari mi offrono un caffè, dopo aver apposto il sigillo sulla mia credenziale. E’ una splendida mattina di Luglio e ho una gran voglia di camminare, di ridere, di conoscere. Sono felice, tra qualche giorno sarò a Leon e avrò quindi fatto più chilometri di quelli che me ne mancano.
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