StorieDiCalcio. Come e perché Rino Gaetano ha salvato il Crotone

(Tuttosport)
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Non ci credeva nessuno. O forse, sotto sotto, ci credevano tutti. Il Crotone si è salvato, ha agguantato l’impossibile. Il viso incredulo di Nicola e dei suoi, attimi da cardiopalmo prima del baccano festaiolo, un popolo riunito sulle gradinate rossoblù chiamato ad essere anima dell’impresa. Il tutto sulle note dello spirito libero crotonese di Rino Gaetano. Quali sono i passi del cantautore ribelle che meglio descrivono – e di più hanno salvato – l’annata dei Pitagorici?

“Ma dammi la mano e torna vicino / può nascere un fiore nel nostro giardino / che neanche l’inverno potrà mai gelare…” (A mano a mano)

E’ vero, qui c’è lo zampino di Cocciante. Ma la versione di Rino non ha eguali. Il Crotone non ha smesso mai di provarci, neanche dopo il girone invernale disastroso (solo 9 punti) e l’addio del passionale amore Palladino. Anche quando sembrava già decisa, Nicola ripeteva il mantra in ogni conferenza stampa: “Dobbiamo crederci”. E miracolo fu: gli undici romantici hanno deciso che si poteva, e si doveva, affrontare le Colonne d’Ercole della Serie A. Fino al novantesimo.

“Beati i premiati con le medaglie d’oro / beati i professori, beati gli arrivisti…” (Le beatitudini)

Alla faccia di bacchettoni&primidellaclasse. Degli arrivisti (anonimi e non) e dei palinsesti. Il Crotone, pasoliniano, ha smentito i borghesi e la loro superficialità, le loro condanne. Con una grossa risata, i rossoblù sono salvi grazie anche alla sufficienza empolese e, di contro, all’onestà del Palermo, altro ultimo della classe disprezzato dai vertici e accusato, ancor prima di giocare, di essersi venduto l’incontro.

Rino Gaetano e Scida (Il pettino)

“E lei scopriva ogni giorno il valore del denaro e le conseguenze / toccava il cielo con un dito e sanava le ferite con la rivoluzione…” (I miei sogni d’anarchia)

L’ha scritto Falcinelli – trascinatore della squadra e bomber instancabile – nella sua lettera d’addio, l’ha scritto pure Nicola nella struggente lettera al figlio che non c’è più (“avrei voluto gioire con te, guardare i tuoi occhi e il tuo sorriso, prenderti per mano e insieme correre e festeggiare…”). La poesia del Crotone sta nell’umiltà dell’essere sognatori senza una lira, uniti da spiriti coraggiosi che nulla hanno a che fare con il materialismo della pecunia. E spesso, perché spesso serve, senza una vera disciplina. Romanticismo e anarchia hanno salvato questa favola.

“Poi mi piace scoprire lontano / il mare se il cielo è all’imbrunire / seguire la luce di alcune lampare e raggiunta la spiaggia mi piace dormire” (Ad esempio a me piace il sud)

Crotone è anche questo. Selvaggia e rurale, affondata nei guai. Per questo la Serie A può essere la palingenesi. La rivalsa di Strapaese, della provincia dell’Impero, contro le macchine e il progresso di chi pensa sempre di avere la vittoria in tasca.

Nalini (skysport)

“Hai finito il tuo lavoro / hai tolto trucioli dalla scocca / è il tuo lavoro di catena che curva a poco a poco la tua schiena” (L’operaio della Fiat)

La storia di Andrea Nalini non poteva non colpirci. Prima di decidere un’intera stagione con due gol alla Lazio stra-europea, Nalini ne ha passate di tutti i colori, tra sua madre preoccupata per il suo futuro e una vita in fabbrica con turni da otto ore, würstel da insaccare e scarpe infortunistiche. E il pallone in ogni attimo libero, senza dormire. Fino a quando, finalmente, la Salernitana l’ha notato e se l’è portato con sé. E il resto è noto a tutti: il Vardy italiano è il simbolo del Crotone operaio e della sua manovalanza idealista.

“Na na na na na na na na na / Ma il cielo è sempre più blu…” (Ma il cielo è sempre più blu)

Il pezzo più importante, l’inno di tutti. Ogni parola sarebbe superflua per l’estasi, per la celebrazione, per la Curva Sud che canta il suo aedo e per il cielo, finalmente, sereno. Solo qui sarebbe potuto accadere. Chi prende assai poco, chi gioca col fuoco, chi vive in Calabria, chi vive d’amore…

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Francesco Petrocelli

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