Libri. Lo straordinario “Viaggio con Ezra Pound” di Piero Chiara

Ezra Pound
Ezra Pound

Interno giorno: “Due solenni vecchi stranamente abbigliati giocano a scacchi”. Sono Ezra Poud e l’amico Dadone. Questa scena vedono Piero Chiara e l’amico editore Vanni Scheiwiller arrivati nel rifugio di Brunnenburg, vicino Merano, per accompagnare il poeta a un concerto a Milano. Un viaggio breve in auto da Merano a Milano diventa un racconto di severa delicatezza. L’autore è un Piero Chiara, ancora poco conosciuto che in questi appunti mostra non l’ironia ma l’amarezza e il disincanto dei romanzi borghesi. A pubblicare il racconto Viaggio con Ezra Pound è la casa editrice De Piante che ne fa un volumetto (il terzo delle sue uscite per questo 2017) prezioso e raffinato come nello stile del progetto editoriale, con echi manuziani, dei suoi curatori Cristina Toffolo De Piante, Luigi Mascheroni e Angelo Crespi. Solo 300 copie con carta Century Cotton per le pagine, legatura a mano, carattere Bodoni, la foto della prima pagina del manoscritto di Chiara e una copertina d’autore “Earthbeat” firmata da Michele Ciacciofera (tra i pochi artisti italiani presenti alla Biennale d’Arte 2017): colori sfumati della terra, l’evocazione dell’arcaico.

Come è Ezra Pound disegnato dalla penna di Piero Chiara, richiamato dal ricordo del passato. E’ il gennaio 1960: da due anni Pound è uscito dal St. Elizabeths Hospital di Washington e Piero Chiara lo trova abbagliato dalla luce della libertà, stanco tanto da doverlo rimettere in movimento, inquieto per l’interminabile traduzione degli ideogrammi cinesi di Ernest Fenollosa. Dall’incivile stanchezza –l’aggettivo è di Pound- lo scrittore ricava un viaggio di paesaggi interrotto dalle poche parole del fabbro poeta che assorbivano i discorsi dei compagni “nei suoi oscuri silenzi”. Laddove risiede la memoria, quella di Piazza del Duomo a Milano, ultimo luogo di questo nostos.

Ieratico appare Ezra Pound nel brevissimo racconto di Piero Chiara. Potente nel suo status di reduce dalla follia, indotta da quelle distorsioni della Storia che nessun revisionismo potrà mai sanare, “sconsolato e triste, come un re shakesperiano colpito dal destino”. Federico Roncoroni che ha curato la postfazione del libro ricorda che Chiara non aveva parlato con nessuno di quell’incontro. Ed è il filo di una trama, il silenzio. Che intesse testo e extratesto: il silenzio dell’autore, il silenzio del personaggio. Ma il silenzio è pure un segno, segni sono le parole ritrovate: le parole di Chiara appuntate su un quaderno di scuola lasciato tra le sue carte, le parole di Pound “da incidere lentamente nelle ultime strofe di un canto finale” ma ancora racchiuse nella passeggiata milanese.

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Daniela Sessa

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